Nella sentenza viene sottolineata la componente mafiosa che ha animato le violenze perpetrate ai danni della ragazzina
REGGIO CALABRIA – “What Women Want – si legge in una nota dell’associazione cosentina che si occupa di tutelare i diritti delle donne – prende atto della condanna inflitta dal Tribunale di Reggio Calabria ai giovani di Melito Porto Salvo inquisiti nel procedimento denominato Ricatto. Pur consapevole che nessuna condanna e nessun risarcimento potranno restituire alla giovane donna la spensieratezza dell’adolescenza, la sentenza acclara la storicità e l’odiosità dei delitti commessi dal branco, senza sottovalutare la componente mafiosa che ha animato le condotte nella mercificazione del corpo femminile. Intendiamo, però, rispettare la sentenza e non commentare senza aver letto le motivazioni.
Non possiamo, tuttavia, non salutare positivamente due aspetti: il primo è che l’impianto accusatorio ha tenuto soprattutto perché il Tribunale ha creduto alla ragazza malgrado la strategia difensiva volta a sminuire e normalizzare i comportamenti oggetto del processo e, in seconda battuta, il riconoscimento dell’importanza e del ruolo degli enti locali e delle agenzie sociali sotteso al risarcimento quali parti civili della Regione Calabria, il Garante Regionale per l’Infanzia e l’Adolescenza e il Comune di Melito Porto Salvo. Il Tribunale di Reggio Calabria ha invertito rotta rispetto al precedente orientamento di non riconoscere l’ammissibilità di parte civile degli enti locali ed è andato oltre, condannando gli imputati al risarcimento dei danni e il ristoro delle spese legali.
Auspichiamo che questa interpretazione possa estendersi anche alle associazioni come WWW, fortemente coinvolte e motivate nella lotta alla violenza contro le donne. Esprimiamo solidarietà e grande rispetto alla nostra conterranea, lodando il suo coraggio e la forza che hanno contraddistinto il suo comportamento, augurandole di ripartire da questa vicenda ancora più forte per un futuro migliore, e ringraziondola per la lezione di vita che ha dato a tutti noi”. Il processo si è concluso con sei condanne e due assoluzioni per la violenza di gruppo ai danni di una ragazzina di Melito Porto Salvo, che all’epoca dei fatti aveva solo 13 anni. Assolti Pasquale Principato e Daniele Benedetto sono stati condannati Davide Schimizzi a 9 anni e 6 mesi e 8 giorni; Giovanni Iamonte a 8 anni e 2 mesi e 8 giorni; Michele Nucera a 6 anni e 2 mesi; Lorenzo Tripodi a 6 anni; Antonio Verduci a 7 anni e il poliziotto Mario Pitasi (accusato del solo reato di favoreggiamento personale) a 10 mesi di recluzione.
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