E’ stato estradato dal Marocco in Italia Angelo Filippini, 74 anni, coinvolto nell’operazione “Smirne” e uomo di fiducia della cosca “Spinella-Ottinà” della ‘ndrangheta, attiva in Calabria e Lombardia.
ROMA – Deve scontare oltre 11 anni di reclusione per traffico internazionale di droga. Angelo Filippini, 74 anni, è giunto in Italia, nella tarda serata di ieri, scortato da personale dello Scip (Servizio per la cooperazione internazionale di polizia del Dipartimento della Pubblica sicurezza). Arrestato nell’aprile scorso dopo una latitanza di ben 22 anni, Filippini era stato rintracciato a Temara, una cittadina della costa marocchina a pochi chilometri dalla capitale Rabat, dai Carabinieri del Reparto Operativo – Nucleo Investigativo di Como dopo una lunga attività d’indagine.
Viveva in Marocco da almeno dieci anni, dirigeva un’impresa edile a Temara, sulla costa atlantica, spacciandosi per cittadino bulgaro, e manteneva delle strette precauzioni per evitare di essere identificato. Angelo Filippini, 72 anni, originario di Seminara (Reggio Calabria), ultimo domicilio italiano a Rovellasca (Como), dove vivono moglie e familiari, è stato estradato la notte scorsa a Roma dopo 22 anni di latitanza. Filippini deve infatti scontare una condanna definitiva ad 11 anni e 7 mesi di reclusione per traffico internazionale di stupefacenti: era coinvolto nell’operazione Smirne, che nel 1996 aveva portato a 170 arresti tra Calabria e Lombardia per le infiltrazioni al Nord di varie cosche della ‘ndrangheta.
In particolare, il latitante arrestato era accusato di essere il responsabile dello stoccaggio di ingenti quantità di eroina e cocaina (circa 200 chili al mese) importate dalla Turchia, che custodiva in un suo capannone di Rovellasca, dietro compenso di 30 milioni di lire a carico, per conto del clan Spinella-Ottinà, che imperversava nella zona della provincia di Como. Filippini risultava essere amico di Diego Spinella, il capoclan assassinato nel 1993 a Turate per una faida interna ai gruppi calabresi. I carabinieri di Como sono riusciti a tracciare gli ultimi dieci anni del latitante in Marocco seguendo varie tracce, da quelle dei familiari a quelle del denaro a lui riconducibile, fino a quando, nell’aprile scorso, era stato riconosciuto grazie alla mutilazione del dito medio della mano destra ed arrestato dalla Gendarmeria Reale marocchina. Al momento è stato trasferito nel carcere di Rebibbia.