Le indagini sono state coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro che si è avvalsa delle attività investigative condotte dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato e dai poliziotti delle Squadre Mobili di Catanzaro e Foggia.
CATANZARO – E’ scattata all’alba l’operazione, denominata “Keleos“, che ha portato all’arresto dei componenti della banda, assalto’ nel 2016 a Catanzaro, il caveau dell‘istituto di vigilanza Sicurtransport portando via circa 8 milioni di euro. Un assalto messo in atto con metodi paramilitari e l’uso di mitra e sofisticate apparecchiature elettroniche, che suscitò particolare allarme in quanto gli esecutori sfondarono i muri corazzati del caveau con un potente mezzo cingolato, bloccando le strade di accesso incendiando 11 auto poste a sbarramento. Alle persone arrestate questa mattina è stata contestata anche l’aggravante della metodologia mafiosa in quanto, secondo le indagini, una parte dei proventi è stata corrisposta alle famiglie di ‘ndrangheta che hanno influenza nella zona.
Il basista locale e la collaboratrice di giustizia
Le indagini che hanno portato all’arresto degli autori dell’assalto al caveau situato in località Germaneto di Catanzaro, hanno accertato uno stretto collegamento tra soggetti pugliesi della zona del cerignolano “specializzati nel settore” e basisti locali che hanno reso possibile l’evento delittuoso. I calabresi coinvolti nella rapina infatti, si sarebbero occupati in particolare di reperire le informazioni dal basista e di procurare le autovetture ed il mezzo cingolato utilizzati rispettivamente per il blocco delle strade e per la demolizione del muro di accesso al caveau oltre che della logistica finalizzata alla permanenza clandestina a Catanzaro del commando assaltatore composto dai malviventi pugliesi. Le attività della Squadra Mobile e coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro, si sono avvalse anche del contributo dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e della Squadra Mobile di Foggia.
VIDEO – Operazione e intercettazioni: “Aiuto siamo sotto attacco, vedo gente con i mitra”
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GLI ARRESTATI
MANCINO Mario di anni 41, pregiudicato di Cerignola
MANNOLO Dante di anni 42, imprenditore di Cutro (KR)
URSO Nilo di anni 41, imprenditore di Rossano (CS)
PASSALACQUA Giovanni alias “’U Gigliotti” di anni 52, pregiudicato di Catanzaro
PASSALACQUA Leonardo alias “Nanà” di anni 44, pregiudicato di Catanzaro
AMMIRATO Cesare di anni 69, imprenditore di Catanzaro
TASSONE Massimiliano di anni 49, dipendente della Sicurtransport, di Catanzaro.
La rapina alla società di trasporto valori Sicurtransport avvenuto nel quartiere San Floro in località Maricello nella zona tra Martelletto e Caraffa alle porte del capoluogo, fu consumata secondo un pianificato studio delle zone circostanti l’area dell’istituto di portavalori e con la complicità di un dipendente, responsabile proprio della sicurezza del caveau, che fornì le informazioni preventive sull’esatto posto dove spaccare il muro in maniera da consentire ai banditi di realizzare il “colpo” nei tempi da loro contingentati. Importanti per lo sviluppo dell’operazione “Keleos” sono state le dichiarazioni di una collaboratrice di giustizia, legata sentimentalmente ad uno degli organizzatori del colpo, che ha fornito agli investigatori della Polizia di Stato riscontri su fatti e circostanze relativi al suo compagno ed al ruolo primario che ha svolto nella vicenda. I calabresi coinvolti nella rapina (ai quali è stato destinata una parte del bottino) si sarebbero occupati in particolare di reperire le informazioni dal basista e di procurare le autovetture utilizzate per i blocchi stradali ed il mezzo cingolato utilizzati con il quale è stato demolito il muro di accesso al caveau, oltre che della logistica finalizzata alla permanenza clandestina a Catanzaro del commando assaltatore composto dai malviventi pugliesi.
Inoltre, le attività investigative di intercettazione a carico dei soggetti pugliesi, permettevano di ottenere elementi in ordine alla presenza di una parte del bottino presso l’abitazione di un soggetto contiguo al gruppo criminale indagato. La perquisizione, effettuata nell’ottobre del 2017, permetteva il rinvenimento di una somma di denaro pari a 119.000 euro e, in tale somma, di una banconota riportante il contrassegno della “Sicurtransport”, circostanza che avvalora la riconducibilità della intera somma di denaro alla rapina.
L’allarme lanciato dalla squadra mobile di Foggia
Avevano allertato le Questure calabresi, segnalando la presenza di elementi vicini alla criminalità di Cerignola nella zona compresa tra Cosenza e Lamezia Terme. Per questo, le indagini hanno subito permesso di stringere il cerchio intorno ai possibili componenti della banda. Immediate sono state le intercettazioni telefoniche e i riscontri con le celle agganciate dai telefoni cellulari. Le persone sospettate sono state controllate e pedinate in Calabria, aggiungendo elementi utili alle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Vincenzo Luberto. Nel corso delle indagini, durante una perquisizione a Cerignola, e’ anche stata rinvenuta una pistola con matricola abrasa, provento di una rapina compiuta ai danni di una guardia giurata. Altro tassello fondamentale, la scoperta di una parte del bottino, circa 119mila euro, rinvenuti a casa di un altro pugliese. Su una delle banconote il timbro della Sicutransport, a conferma della provenienza dei soldi. I tasselli finali e le conferme per gli inquirenti, sono arrivate dalla collaborazione della ex compagna di Passalacqua, che ha svelato la presenza del basista, il piano di fuga dei malviventi e diversi elementi utili. Compreso il fatto che lo stesso basista avrebbe fornito un video del caveau e le indicazioni su dove intervenire per aprire il varco di accesso.
Contestato l’aggravante del metodo mafioso
La banda e’ accusata, a vario titolo, di rapina aggravata, possesso e detenzione di armi e munizioni da guerra, furto e ricettazione dei veicoli utilizzati per la rapina con l’aggravante del metodo mafioso, proprio perche’ parte dei soldi frutto dell’assalto sarebbero finiti nelle mani delle cosche del Catanzarese e del Crotonese. La rapina milionaria infatti “è stata autorizzata da tutte le cosche crotonesi, che dimostrano di avere il controllo sul territorio del capoluogo calabrese – ha dichiarato il procuratore aggiunto, Vincenzo Luberto, nel corso della conferenza stampa – e dalle indagini e’ emerso che le cosche cutresi, isolitane, mesorachesi e petiline si sono avvalse del gruppo di specialisti foggiani e del supporto di esponenti della criminalita’ rom. Questa inchiesta conferma poi come sia da smentire una volta per tutte l’idea per cui i rom siano dediti solo ad attivita’ criminali di piccolo spessore, mentre invece sono sempre più’ integrati nei sodalizi criminali. Inoltre – ha concluso Luberto – questa operazione conferma che le rapine dei portavolari continuano a essere uno dei ‘salvadanai’ della criminalita’ organizzata, che poi reimpiega il bottino nelle altre attività’ criminali a partire dal traffico di droga”.
Luberto ha sottolineato come le auto fossero state rubate a Cosenza, la cosiddetta “Ariete” utilizzata per sfondare il caveau a Rossano. E il fatto che la denuncia del furto sia stata così tardiva ha fatto pensare al coinvolgimento dell’imprenditore rossanere Nilo Urso.