Fondo sanitario nazionale, in Calabria aumenta di 24 milioni

La Calabria ha avuto circa 130 milioni all’anno in meno per un totale di circa 2,4 mld, il che ha compromesso il diritto fondamentale alla salute dei calabresi in quanto la Regione non ha neanche garantito i Livelli Essenziali di assistenza

 

LAMEZIA TERME (CZ) – “Riguardo alla notizia della ripartizione del fondo sanitario nazionale, dove viene annunciato per la Calabria un aumento di 24 milioni in più rispetto allo scorso anno e per una somma complessiva di 3 mld e mezzo di euro su di un totale di 113 mld da spalmare a livello nazionale, non viene raccontata tutta una verità che insiste sulla nostra regione da anni e che è causa anche di un debito sanitario che ci costringe ormai da otto anni a sottostare ad un odioso Piano di Rientro ed una fase di commissariamento del settore.” Questo ciò che afferma Igor Colombo, coordinatore regionale di Azione Identitaria Calabria.  “La ripartizione – continua – del Fondo sanitario regionale, infatti, continua ad essere attuata con criteri scellerati che non tengono conto dei reali bisogni del territorio, dell’effettivo numero degli ammalati e della sempre maggiore percentuale di emigrazione sanitaria, bensì viene fatta in base al numero degli abitanti delle regioni e con tale criterio la Calabria ha perso negli anni fiumi di denaro. Fin dal 1999 la Calabria con questi calcoli e ripartizioni di fondo sanitario ha avuto circa 130 milioni all’anno in meno per un totale di circa 2,4 mld, il che ha seriamente compromesso quel diritto fondamentale alla salute dei calabresi in quanto la Regione non ha neanche garantito i Livelli Essenziali di assistenza, figurando tra le regioni con maggiori inadempienze sanitarie.

La verità che non viene detta è che lo Stato non ha mai corrisposto negli ultimi vent’anni ormai gli oltre due miliardi di euro che la Calabria ha speso per i suoi malati cronici ed il disavanzo, che era di 2,2 mld di euro, è stato coperto con 900 milioni circa di mutuo trentennale e 1,1 mld con fondi Fas, mentre i restanti 200 milioni non sono mai stati coperti come si è voluto far credere con la riorganizzazione operata con DPGR 18/2010 che, al contrario ha ridotto il numero di ospedali, depotenziato i reparti e diminuito i servizi, bensi il disavanzo è sceso per i pensionamenti del personale sanitario non più rimpiazzato (come primari, medici ed infermieri) ed il disavanzo, che nel 2014 era di 30 milioni secondo il Ministro Lorenzin, oggi sfiora i 99 milioni di euro. Noi di Azione Identitaria negli ultimi due anni a tal proposito abbiamo potuto toccare con mano le difficoltà degli ospedali calabresi specialmente di quelli che, in base alla riorganizzazione sanitaria operata nel 2010 dopo la soppressione delle vecchie Asl, ha diviso i nosocomi in Hub e Spoke e tutte le carenze organiche pesano sulle spalle di questi ultimi  con bacini d’utenza rilevanti, come per esempio Lamezia Terme e Locri.

Al delegato alla sanità regionale Franco Pacenza consiglio di esternare queste verità ai cittadini, cioè di tutto un apparato di settore che ha l’origine dei propri mali in un sistema di emissione di moneta debito che obbliga le regioni a contrarre e rincorrere debiti nella sanità e non solo, in cui la politica regionale ha ormai abdicato ad assumersi le responsabilità in questo settore ed anche quando, lo stesso governatore Oliverio, avrebbe potuto riscrivere un nuovo Piano di Rientro e porre fine al commissariamento, ha preferito non prendersi questa sorta di “patata bollente” anche se all’esterno ha fatto e continua a fare finta di polemizzare con Scura che rappresenta la politica di Roma e del maggiore partito di governo (ilPd). Fin quando le regole del gioco saranno queste la Calabria non avrà mai una giusta quota di ripartizione del fondo sanitario e continuerà a ricevere poco più che briciole rispetto ai suoi reali bisogni ed alle cure che servono ai cittadini, gli ospedali continueranno ad essere ridimensionati  con il rischio che nel futuro prossimo la politica cominci a guardare sempre più insistentemente alla privatizzazione quando invece questo settore, ultimo baluardo sociale rimasto in piedi seppur tra mille difficoltà ,dovrebbe tornare ad essere sotto il controllo diretto dello Stato e quindi nazionalizzato.”

 

 

 

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