PERUGIA – La ‘ndrangheta calabrese, dopo i casi del Piemonte e della Lombardia, ha messo le mani anche sull’Umbria.
Da questa mattina i carabinieri del Ros stanno eseguendo 61 arresti e il sequestro di beni per un valore che supera i trenta milioni di euro. Ancora una volta, nel mirino degli investigatori un sodalizio radicato nella regione Umbria, con “diffuse infiltrazioni nel tessuto economico locale” e “saldi collegamenti” con le cosche calabresi di origine. Diversi i reati contestati nelle misure cautelari, richieste dalla Procura distrettuale antimafia di Perugia: associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, danneggiamento, bancarotta fraudolenta, truffa, trasferimento fraudolento di valori, traffico di stupefacenti e sfruttamento della prostituzione. I carabinieri del Ros stanno eseguendo gli arresti nella provincia di Perugia e in varie città italiane, contestualmente al sequestro di beni mobili ed immobili riconducibili agli indagati e ritenuti provento dei reati.
L’inchiesta, spiegano gli investigatori, “ha documentato le modalità tipicamente mafiose di acquisizione e condizionamento di attività imprenditoriali, in particolare nel settore edile, anche mediante incendi e intimidazioni con finalità estorsive”.
Organizzazione capeggiata da un esponente del clan di Cirò
Era Natalino Paletta a capo del sodalizio operante a Perugia e provincia dal 2008, l’organizzazione ‘ndranghetista, collegata alla cosca Farao-Marincola di Cirò (Crotone) nei confronti della quale i carabinieri del Ros e dei comandi provinciali interessati hanno eseguito stamani 61 ordinanze di custodia. Gli arresti – riferisce l’Arma – sono stati eseguiti nelle province di Perugia, Roma, Crotone, Cosenza, Arezzo, Siena, Ancona, Macerata, Viterbo, Caserta, Bologna e Varese, nonché in Germania. Le persone coinvolte nell’operazione secondo l’accusa, avevano messo in atto truffe in danno di fornitori di materiali edili, che venivano rivenduti a ricettatori calabresi titolari di imprese che li reimpiegavano per costruire edifici e fabbricati in Umbria, Toscana e Calabria: c’era anche questo nell’attività degli affiliati alla cosca di’ndrangheta che operava in Umbria, secondo l’inchiesta dei Ros. Un’altra componente del sodalizio, facente capo a Francesco Pellegrino, rubava materiale edile e macchine operatrici nelle Marche, per rivenderle sul mercato legale o a ditte calabresi. I “considerevoli proventi illeciti” dell’organizzazione criminale affiliata a una cosca calabrese, operante a Perugia da 6 anni “sono stati reimpiegati per acquistare beni immobili ed attività commerciali nel settore dell’intrattenimento e del fotovoltaico, anche intestati a prestanome”, per “dissimulare la reale riconducibilità dei beni alla cosca”, spiegano i Ros. Il tribunale ha posto sotto sequestro beni immobili, mobili, conti correnti e società nelle disponibilità degli indagati, per oltre 30 milioni di euro.
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