REGGIO CALABRIA – Il leader dei Radicali ha visitato stamane la casa circondariale di Reggio Calabria.
“La putrefazione ha tempi lunghi, ma se supera un certo grado, si rischia l’irreparabile”. Con questa frase Marco Pannella, ha lasciato il penitenziario di Arghillà, dove ha incontrato i detenuti insieme a Rita Bernardini e ad una delegazione composta dal deputato Brunello Censore, dall’avvocato Giampaolo Catanzariti. “Continuiamo dunque a lottare – ha proseguito Pannella – e a sollecitare la nostra umanità a trarre le sue energie migliori per interrompere questo processo di putrefazione del diritto, come sta accadendo, o si finirà per ammazzare la democrazia. Vogliano arrestare – ha continuato il leader radicale – questo disastro antropologico perché dove c’è strage di legalità, lì c’è strage di persone“. Pannella, inoltre, con riferimento alla Calabria, ha detto che “qui, più che altrove, occorre essere speranza piuttosto che averne. Gli averi, e papa Francesco se ne rende conto, si corrompono e corrompono, mentre essere speranza vuol dire costruire l’avvenire proprio e degli altri”.
“E’ la mancanza della legalità, di certezza del diritto che porta l’Italia tra i Paesi con cattiva giustizia. E la politica sembra sorda a risolvere questo problema, nonostante le reiterate condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo – ha detto Rita Bernardini al termine della visita – per quel che riguarda l’amministrazione della giustizia siamo al 144/mo posto al mondo. Oggi siamo venuti ad Arghillà, un carcere nuovo, la cui realizzazione è durata circa trent’anni e non si sa quanti soldi spesi. Voglio sottolineare che qui c’è una direttrice, la dottoressa Longo, veramente capace. Qui è molto carente l’assistenza sanitaria. Un detenuto oggi ci ha fatto vedere una grossa escrescenza al braccio, una probabile ciste, e da sei mesi, attende ancora di sapere di cosa si tratti. Voglio inoltre ricordare che sui 99 morti in carcere quest’anno, ventinove sono stati i suicidi. Nelle carceri calabresi il problema sanitario è molto serio e l’Asp di Reggio non ha ancora preso in carico questo nuovo istituto. L’altro problema sottopostoci dalla dottoressa Longo è la bassa utilizzazione lavorativa dei detenuti di Arghillà”.
“Il lavoro – ha proseguito Bernardini – è una delle caratteristiche, una delle poche attività che può recuperare il detenuto e reinserirlo nel mondo del lavoro. Recuperare per molti di loro trecento euro al mese significa poter dare un minimo di assistenza. Molte persone detenute ad Arghillà appartengono alle fasce sociali più deboli, tossicodipendenti, ma che vivono comunque condizioni molte disagiate che possono spingere all’errore. Molte di loro sono riconosciute innocenti all’esito del processo e spesso capita anche alle persone più deboli che scontano lunghi tempi di custodia cautelare, anni di galera ingiustamente”.