SAN PROCOPIO (RC) – Questione d’inchini. Al primo cittadino di San Procopio quella notizia non era per niente piaciuta.
Arrivano i primi risvolti giudiziari dopo le polemiche scaturite per la notizia pubblicata dal Quotidiano del Sud circa la fermata della processione del santo patrono di San Procopio, nel reggino, davanti all’abitazione di un presunto esponente della ‘ndrangheta. Il sindaco di San Procopio, Eduardo Lamberti Castronuovo, è stato indagato dalla Dda di Reggio Calabria per calunnia aggravata dalle modalità mafiose nei confronti del giornalista Michele Inserra, che aveva pubblicato la notizia. Stamane Castronuovo, che è anche assessore alla legalità della Provincia di Reggio Calabria, è stato interrogato dal sostituto procuratore della Dda, Alessandra Cerreti. L’interrogatorio, al quale hanno partecipato i legali di Castronuovo, gli avvocati Nico D’Ascola e Marco Panella, è durato circa un’ora e mezza. L’otto luglio scorso il Quotidiano del Sud aveva pubblicato la notizia della fermata della processione davanti all’abitazione del presunto esponente della ‘ndrangheta a San Procopio. La notizia aveva provocato la reazione del sindaco il quale aveva sostenuto che si trattava di ‘baggianate e che era tutto una montatura” aggiungendo che non c’era stata nessuna fermata. Sulla vicenda era stato convocato anche un apposito consiglio comunale al termine del quale era stato deciso che Inserra aveva tre giorni di tempo per formalizzare le sue pubbliche scuse onde evitare nei suoi confronti una denuncia collettiva da parte di tutta la comunità di San Procopio. Il giornalista nonostante la decisione del consiglio comunale non ha chiesto mai scusa e non ha smentito la notizia. In serata Castronuovo, attraverso un comunicato, ha reso noto che “ho chiarito ogni circostanza ed ho la personale ma netta sensazione che tutto sia frutto di un equivoco che potrà essere facilmente chiarito. La ridda di notizie concernenti la provvisoria imputazione formulata a mio carico, mi impone – nel rispetto del segreto investigativo ma costretto dalla necessità di difendere la mia reputazione e quella della parte sana dei cittadini di San Procopio – talune precisazioni mi sono presentato davanti al Pubblico Ministero e non mi sono avvalso della facoltà di non rispondere”. “Non conosco – ha aggiunto – né ho mai avuto alcun rapporto con alcuna cosca mafiosa né di San Procopio né di altri luoghi, come è noto a chiunque. Sul punto non mi è stata mossa alcuna contestazione”.