I clan del Crotonese e il monopolio del mercato di uva e castagne. 19 fermi (I NOMI)

CROTONE – A chi non si adeguava al racket venivano bruciati i camion e tagliati gli alberi di castagna e le viti.

Diciannove provvedimenti di fermo sono stati emessi dalla Dda di Catanzaro ed eseguiti dai carabinieri del Comando provinciale di Crotone, a Petilia Policastro ed in altri centri della provincia crotonese nei confronti di presunti capi e gregari delle cosche della ‘ndrangheta della zona. Gli indagati sono accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, spaccio di droga, violazione in materia d’armi, estorsioni ad imprenditori e commercianti. Con l’operazione di oggi, gli inquirenti ritengono di aver colpito gli interessi illegali e le ramificazioni nel settore economico, produttivo e sociale dei clan del Crotonese. Scoperte una serie di estorsioni ad imprenditori edili, agricoli e turistico alberghieri.

 

Gli indagati, che disponevano anche di numerose armi, attraverso minacce, intimidazioni e violenze erano riusciti anche ad imporre il monopolio nelle costruzioni, anche in ambito privato, nonché un vero e proprio racket delle castagne e dell’uva, di cui le cosche decidevano i prezzi all’ingrosso ed al dettaglio, con guadagni di centinaia di migliaia di euro, imponendo anche la manodopera. A chi non si adeguava al racket venivano bruciati i camion e tagliati gli alberi e le viti. Scoperta anche una rete di favoreggiatori di latitanti e disarticolata un’articolata attività di spaccio di stupefacenti. La cocaina veniva venduta al dettaglio a giovani della provincia di Crotone. I carabinieri hanno anche individuato gli autori di due rapine a uffici postali ed una in abitazione, nel corso della quale un anziano era stato legato, imbavagliato e picchiato. All’esecuzione dei fermi hanno preso parte circa cento militari.

 

Il quadro delle indagini

A Petilia Policastro la ‘ndrangheta aveva il monopolio assoluto del mercato dell’uva e delle castagne. Dalle indagini è stata ricostruita l’evoluzione criminale di Vincenzo Manfreda, il presunto boss di Petilia Policastro ucciso in un agguato il 24 marzo 2012. Manfreda avrebbe preso il comando sostituito della locale cosca della ‘ndrangheta che precedentemente era diretta dai Comberiati. Secondo la Dda di Catanzaro Manfreda avrebbe controllato il mercato dell’uva e delle castagne. Tutti coloro che volevano acquistare l’uva oppure il mostro dovevano rivolgersi presso l’azienda di Manfreda e chi non lo faceva subiva intimidazioni e danneggiamenti. La cosca, inoltre, aveva imposto anche il prezzo che doveva essere pagato. Sul fronte delle castagne è emerso che la cosca acquistava dagli agricoltori ad un prezzo tra i 50 ed i 75 centesimi, inferiore a quello di mercato, e poi rivedeva ai commercianti al costo tra 80 centesimi e un euro. Gli agricoltori che si rifiutavano di vendere il loro prodotto venivano minacciati e subivano intimidazioni.

 

La statua di San Francesco di Paola nel frantoio del boss

Inquientante anche il dettaglio legato alla statua di San Francesco di Paola che, in occasione della festa, si fermava nel frantoio di Vincenzo Manfreda, il presunto boss di Petilia Policastro ucciso in un agguato il 24 marzo 2012. Quando la statua era nel frantoio veniva organizzato un banchetto per onorare il Santo. Gli inquirenti ritengono che il tutto avveniva per indicare che Manfreda era il capo della cosca. La sosta della statua di San Francesco di Paola nel frantoio del presunto boss Vincenzo Manfreda, secondo gli inquirenti della Dda di Catanzaro, era fatta allo scopo di “ottenere la benedizione del luogo simbolo della cosca della ‘ndrangheta”. I magistrati hanno acquisito il programma della processione dalla quale è emerso che non era prevista la sosta davanti al frantoio di Manfreda. Dalle indagini è poi emerso, secondo i magistrati, che il presunto boss avrebbe costretto ad effettuare la sosta davanti alla sua attività per dimostrare il “potere egemone” della cosca. Il frantoio di Manfreda, inoltre, è ritenuto dagli investigatori il luogo dove gli uomini della cosca si incontravano per decidere gli ‘affari’ tra cui anche la gestione assoluta del mercato dell’uva e delle castagne. La sosta nel frantoio di Manfreda provocò l’arrivo in ritardo della statua di San Francesco di Paola nella chiesa dove c’erano centinaia di devoti che attendevano l’inizio della funzione religiosa per la festa del santo.

 

I nomi delle persone arrestate

Sono accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsioni, danneggiamenti e rapina le 19 persone fermate dai carabinieri di Crotone a Petilia Policastro nell’ambito dell’operazione “Tabula Rasa“. Si tratta di Pasquale Manfreda, 48 anni, di Mesoraca; Francesco Garofalo (38), Massimo Carvelli (39), Diego Garofalo (34), Emilio Lazzaro (44), Giuseppe Garofalo (28), Giuseppe Vona (28), Vincenzo Teti (50), di Cotronei, Domenico Manfreda (43), di Mesoraca, Vincenzo Manfreda (38), di Mesoraca, Gianni Gumari, (26), di Petilia, Francesco Astorino (46), Giuseppe Ceraudo (31) di Mesoraca, Giuliano Mannolo (41) di San Leonardo di Cutro, Marco Astorino (19) di Petilia, Salvatore Astorino (27), di Petilia, Carmelo Astorino (50) di Petilia, Rosa Pace (45) di Petilia e Leonello Astorino (36) di Petilia.

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