BUSTO ARSIZIO – La madre del boss evaso dopo un assalto armato al cellulare della penitenziario sfoga il proprio dolore.
“Volevano fare solo un’azione dimostrativa per far parlare dell’ingiustizia che ha subito Mimmo condannato all’ergastolo (per l’uccisione di un giovane che avrebbe fatto apprezzamenti poco graditi alla donna di Cutrì ndr), quando invece e’ innocente. Non volevano fare del male”. In cuor suo vorrebbe sentire il figlio, ma si augura che non “lo faccia e non voglio sapere nemmeno dove e’, e non si deve nemmeno costituire, deve scappare, in memoria del fratello morto per liberarlo. Sono contenta che ora sia libero, mi auguro che ora non faccia sciocchezze”. E lancia il suo appello: “Mimmo non ti costituire. Tuo fratello si è sacrificato per te, altrimenti è morto per niente”. La mamma di Domenico Cutri’, Antonella, questa mattina e’ andata in procura a Busto Arsizio per chiedere di poter vedere il figlio, Antonino, morto durante il blitz che ha consentito a Cutri’ di evadere. Il permesso, tuttavia, le e’ stato negato perche’ gli inquirenti devono ancora disporre l’autopsia. “Scappa, scappa Mimmo” ripete ossessivamente mamma Antonella. “Nemmeno mi fanno vedere il cadavere – dice commosso Mario Cutrì, il padre arrivato a Milano di corsa dalla Calabria – gli hanno piantato un proiettile alle spalle, a tradimento, ne sono sicuro. Lui – ricostruisce l’uomo – ha usato lo spray. Nino non ha sparato. Avesse voluto li avrebbe ammazzati tutti quanti”. D’altronde Nino era davvero pronto a tutto pur di liberare suo fratello Mimmo. “Era pazzo di lui – racconta Antonella – erano come gemelli. Aveva frequentato addirittura un corso da elicotterista”. Tutto per far scappare suo fratello, in carcere – secondo il padre – quasi ingiustamente. “L’hanno accusato d’essere il mandante dell’omicidio di un tizio che faceva apprezzamenti a una sua amica – ricorda il signor Mario – Ora, chi ha sparato è fuori, libero. Comunque l’obiettivo non era uccidere ma inviare un avvertimento. Ho chiesto al giudice se avesse figli. L’ergastolo è uguale alla sedia elettrica. Ventidue, ventisei anni di galera li accetti. Hai la prospettiva che uscirai, e combatti, come contro una malattia grave che forse si può curare”. Una “malattia” che ora, dopo l’evasione e la morte di un fratello, è molto più difficile curare.