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Bimbo morto dopo l’impianto di un pacemaker: a processo cinque medici del Bambino Gesù

Calabria

Bimbo morto dopo l’impianto di un pacemaker: a processo cinque medici del Bambino Gesù

Accusati di omicidio colposo per la morte del piccolo Giacomo, 2 anni, originario di Rosarno. Il processo si aprirà il 19 novembre a Roma

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ROSARNO (RC) – Cinque medici dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma andranno a processo con l’accusa di omicidio colposo in relazione alla morte di Giacomo Saccomanno, un bambino di due anni originario di Rosarno, deceduto il 3 gennaio 2019. A disporre il rinvio a giudizio è stato il gup del Tribunale di Roma, accogliendo la richiesta dei familiari, rappresentati dagli avvocati Domenico Naccari e Jacopo Macrì, che si sono costituiti parte civile.

Secondo la ricostruzione della Procura di Roma, la vicenda ruota attorno all’impianto errato di un pacemaker, effettuato inizialmente presso il Centro cardiologico pediatrico Mediterraneo dell’ospedale Bambino Gesù di Taormina. Il piccolo, affetto dalla nascita da una grave patologia cardiaca, dopo l’intervento non mostrò miglioramenti e venne trasferito a Roma il 31 dicembre 2018, dove morì pochi giorni dopo.

Già aperta e archiviata una prima inchiesta, il caso è stato riaperto in seguito a nuovi elementi emersi, che hanno portato alla riapertura del fascicolo e all’attuale rinvio a giudizio. Secondo l’accusa, i medici romani intervennero con macroscopico ritardo e avrebbero anche posizionato in modo scorretto le cannule arteriosa e venosa, contribuendo al rapido peggioramento delle condizioni del piccolo, entrato in coma prima del decesso. Il processo inizierà il 19 novembre davanti alla nona sezione penale del Tribunale di Roma.

La difesa dei medici “decisione incomprensibile”

“Una decisione che ha dell’incomprensibile anche a fronte delle richieste della procura che aveva insistito per l’espletamento di una perizia e comunque per il proscioglimento degli indagati. La circostanza che le posizioni siano state tutte accomunate, senza alcuna differenziazione, dimostra un approccio superficiale alle questioni prospettate nel corso dell’udienza e che avremo comunque modo di fare apprezzare in dibattimento. Si tratta di una vicenda certamente triste nella valutazione della quale ha prevalso la componente umana”. Sono le parole dell’avvocato Gaetano Scalise difensore dei medici rinviati a giudizio per omicidio colposo in relazione alla morte di un bambino di due anni.

La famiglia del bimbo “Giacomo è stato ucciso”

“Non posso che essere felice della decisione del gup. Dopo anni di lotte, perizie fasulle per le quali c’è anche un avviso di conclusione delle indagini contro i primi periti: è stata una battaglia enorme e oggi finalmente posso dire che si vede un po’ di luce”. Lo afferma Giacomo Saccomanno, nonno del bimbo di due anni morto a Roma nel 2019 commentando la notizia.

“Il processo – aggiunge – probabilmente finirà in prescrizione perché i tempi sono stretti e questo è il fallimento della giustizia, ma il bambino si poteva salvare, e lo diciamo in tutti i modi. Per me Giacomo è stato ucciso, non mi fermerò davanti a nulla ma andrò avanti fino in fondo, la giustizia non può permettere che accadano fatti come questo“. Il nonno della giovanissima vittima aggiunge che “la professione del medico è una missione e va portata avanti con disponibilità, amore e il rispetto di quelli che sono gli oneri del professionista. Nella nostra storia non c’è stato alcun rispetto. Era il 32 dicembre e il bambino che arrivava a Roma con un aereo militare per l’urgenza non è stato operato. Il primario dell’ospedale di Polistena aveva già comunicato che il bambino sarebbe morto se non fosse stato sottoposto immediatamente ad un intervento. E’ questo quello che fa male, perché il bambino si sarebbe potuto salvare”.

In merito alla richiesta di non luogo a procedere nei confronti dei medici fatta dal pm nella scorsa udienza, annuncia che sta “valutando di fare un esposto al Csm e una segnalazione al procuratore capo: non può un pm arrivare in udienza senza conoscere il processo, il magistrato titolare aveva chiesto il rinvio a giudizio e poi un pm in aula arriva in udienza e chiede il non luogo a procedere”.

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