COSENZA – Dopo quelli effettuati in carcere venerdì scorso, davanti al Gip letizia Benigno, si sono conclusi questa mattina anche gli interrogatori di garanzia delle persone attinte dalla misura degli arresti domiciliari e con divieto di dimora. Si tratta degli indagati finiti nell‘operazione “pressing” effettuata dalla polizia di Cosenza su ordine della Procura di Cosenza, che ha permesso di smantellare diverse piazze di spaccio in città, tra via Popilia, centro storico e autostazione. Sequestrati durante il blitz anche 8 chilogrammi di marijuana, 200 grammi di cocaina, 1.5 chili di hashish e diversa eroina.
Tra il pool di difensori presenti questa mattina, anche gli avvocati Amalia Falcone, Aurelio Sicilia e Maurizio Nucci. Adesso si attendono le disposizioni del giudice sulla conferma delle misure disposte ed un eventuale ricorso al Tribunale del Riesame.
L’operazione della scorsa settimana ha portato in totale a venti ordinanze di custodia cautelare richieste dal pm Maria Luigia D’Andrea nei confronti di altrettanti indagati, ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di detenzione ai fini di spaccio, estorsione come conseguenza dell’attività di spaccio e detenzione abusiva di armi. Molte delle persone finite nell’inchiesta sono tossicodipendenti.
Lo spaccio di droga e la rete di contatti
Le indagini hanno consentito, inoltre, di stabilire che gli indagati erano organizzati in rete e pronti, alla bisogna, di rifornirsi di droga reciprocamente al fine di soddisfare le richieste della propria “clientela” ampiamente diversificata e di diversa estrazione sociale. Lo spaccio di droga dalla Presila si era ramificato in alcune zone della città di Cosenza. Dall’inchiesta è emerso che, nonostante l’applicazione degli arresti domiciliari e di altre misure cautelari sempre per droga, alcuni degli indagati continuassero con “costanza nelle attività di spaccio “. E sempre più spesso i pusher utilizzavano parole in codice, frasi criptiche e conversazioni di brevissima durata (a volte anche senza un senso logico) dove l’assuntore, e chi cedeva la droga, concordavano l’incontro.