Rende, Sparatoria a Santa Chiara: nominati consulenti per accertare la verità

Entrambi indagati Pastorella e Albanito prima “amici” adesso “nemici”, per i due si apre un lungo percorso giudiziario. Albanito non è in pericolo di vita ma rimane ancora in prognosi riservata

 

RENDE (CS) – Il 27 giugno scorso un colpo d’arma da fuoco risvegliò il pomeriggio caldo e statico di contrada Santa Chiara, una frazione del comune rendese. In pochi minuti una piccola porzione di città venne squarciata dalle sirene di ambulanze, carabinieri e dal rumore assordante di un elicottero, poi rivelato essere l’eliambulanza che con un paio di manovre, proprio come fosse un’autovettura in piena inversione di marcia, sorvolò l’area cercando di atterrare nel primo campo utile.

All’arrivo sul posto, la gente del vicinato era tutta riversa in strada. Brusio, mormorio, ognuno puntava lo sguardo alla fine di un piccolo viale dove già erano in azione i sanitari del 118 che si muovevano tra l’ambulanza e qualcosa che giaceva immobile a terra, in un angolo di una piccola abitazione. A sbarrare la strada era ferma una pattuglia dei carabinieri. Più si giungeva alla fine del viale e più si delineava la situazione. Quel qualcosa in realtà era un qualcuno, uno dei feriti steso a terra. Accanto a questo corpo, inerme, si notavano scie di sangue sul pianerottolo dell’abitazione, e a terra intorno al corpo. Quello che nei primi attimi di messa a fuoco attirava l’attenzione era uno straccio, probabilmente una maglia o una asciugamano completamente intriso di sangue, “zuppo” di liquido rossastro mischiato con la polvere del viale, quasi a delimitare lo scenario delittuoso dalla vita reale.

Si potevano osservare chiaramente soccorritori, parenti e amici, accorsi sul posto dopo avere udito lo sparo, avere le gambe e le braccia completamente coperte da schizzi di sangue quasi come se fossero loro i feriti. A vederli sembrava fosse accaduta una carneficina. Le facce incredule, i vestiti sporchi, la disperazione “che fosse accaduto un guaio” per come si suol dire da queste parti, era tutto ciò che rimaneva di un fatto di sangue appena consumato tra due presunti amici ormai divenuti nemici. Riecheggiavano nell’aria solo le parole dei sanitari, che prestavano soccorso e attendevano l’arrivo dell’equipe medica dell’elisoccorso, e quelle del tenente Giovanni De Tommaso del nucleo operativo Norm della compagnia dell’Arma del posto: “trovate il fucile, trovate il fucile”.

In ambulanza si trovava steso sulla barella Emilio Pastorella, 40 anni, con più di una ferita causata da un’arma da taglio, presumibilmente un coltello. Ai carabinieri, infatti, successivamente i familiari consegnarono ben tre coltelli che trovarono a terra vicino ai due feriti, tutti intrisi di sangue. Pastorella non è in pericolo di vita e verrà trasferito in ospedale a bordo dell’ambulanza. La gente lì presente racconta che fosse rientrato da poco a casa. Lo avrebbero visto a bordo della sua autovettura imboccare il viale che porta all’abitazione.

L’altro ferito, l’amico – nemico, Alfredo Albanito, 47 anni, era steso a terra in un angolo esterno dell’abitazione. Accanto a lui c’era un uomo che gli teneva compagnia e una donna, sembra una suora e comunque con indosso un abito bianco, un bianco ormai macchiato di rosso che, con stracci in mano prestava soccorso. Piccola, minuta ma forte, aveva le braccia disegnate dai rivoli di sangue e sarà proprio lei, insieme ai sanitari, a trasportare Albanito in barella fino all’elisoccorso. Albanito aveva le gambe piegate, come se stesse per iniziare un esercizio su una panca in palestra, e completamente sporche di sangue. Il volto non si vedeva ma gesticolava con le braccia e rispondeva alle domande dei sanitari. Raccontano che avesse un “bel buco” al fianco destro e che si vedeva fuoriuscire l’intestino.

Ma Albanito è stato cosciente, lucido, per tutto il tempo. Addirittura mentre veniva trasportato in barella verso l’elisoccorso, ripeteva ad alta voce, agitandosi, “Te lo faccio vedere io il fucile, fammi riprendere, che poi ti faccio vedere”. Pochi minuti di strada, un minuto dal viale al campo ed un altro di percorrenza fino all’elicottero per poi puntare dritto in ospedale dove i sanitari erano già allertati. L’elicottero atterrerà sulla piazzola e da lì la stessa equipe medica trasferirà il ferito direttamente in sala operatoria dove il personale è già pronto per iniziare ad operare. L’operazione durerà più di un’ora, con successo. Il chirurgo parlerà poi con i familiari comunicando che si dovranno attendere le 48 ore per dichiararlo fuori pericolo di vita.

Nel frattempo Pastorella è piantonato in ospedale, anche lui ricoverato e in cura. Quest’ultimo è difeso dall’avvocato Ugo Ledonne mentre Albanito dall’avvocato Paolo Pisani. Sono due vecchie conoscenze delle forze dell’ordine, anche per fatti di droga. La scena del crimine ormai è delimitata dal nastro, non più accessibile agli estranei anche se abbastanza “inquinata” dal via vai di gente che aveva prestato soccorso ai feriti. I carabinieri sono all’opera, alla ricerca dell’arma e soprattutto intenti a repertare ogni elemento utile alle indagini. La gente del luogo racconta ancora che Albanito sembra si trovasse sull’uscio di casa di Pastorella da diverso tempo, in attesa del rientro dell’amico – nemico. Poi, quest’ultimo, appena sceso dalla macchina, avrebbe ricevuto le coltellate e la storia finirebbe con la comparsa di un fucile e l’esplosione di un colpo.

Entrambi indagati, Pastorella finisce in manette, in stato di fermo per detenzione illegale di arma. Il fucile da caccia sarebbe stato modificato “a canne mozze” con tanto di matricola abrasa. L’indagato davanti al legale Ledonne riferirà al Gip durante l’interrogatorio di garanzia di avere trovato quel fucile qualche giorno prima e di averlo tenuto. Per lui il giudice per le indagini preliminari, su richiesta della difesa, applicherà gli arresti domiciliari. L’uomo è provato fa sapere il legale, non solo per le ferite riportate ma anche psicologicamente, e non appena sarà in grado di farlo, racconterà l’accaduto.

Attualmente Albanito è ancora ricoverato in rianimazione. Le sue condizioni sono stabili ed è fuori pericolo di vita. Ha riportato qualche lesione al fegato e ad un rene e per questi motivi ancora non è stata sciolta la prognosi: i sanitari vogliono essere sicuri che non si vada incontro ad alcuna infezione che potrebbe complicare il quadro medico.

Ieri mattina la Procura ha disposto accertamenti tecnici irripetibili, ossia rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici e ad ogni altra operazione tecnica per cui sono necessarie specifiche competenze. Il pubblico ministero ha nominato quale consulente medico legale il dottore Cavalcanti mentre la difesa ha scelto il dottore Stefano Ottavio. I due periti dovranno accertare non solo l’entità delle lesioni ma la modalità delle rispettive aggressioni. Per entrambi gli indagati l’ipotesi di reato configurato è di tentato omicidio. Il movente? Forse debiti, ma non si sa per cosa. Ma sembrerebbe si tratti di una questione di soldi. Un percorso giudiziario ancora allo stato embrionale e tutto da raccontare.

 

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