Rende, ex Legnochimica: “I rifiuti liquidi non sono pericolosi”

Il primo dei due funzionari escussi è stato Borzillo: «Sono addetto al servizio rifiuti dell’Arpacal e ho seguito la vicenda a partire dall’anno 2009: ho partecipato alla conferenza dei servizi. Ho partecipato alla procedura prevista quando c’è stata la segnalazione di una contaminazione. Questa procedura prevede la caratterizzazione dell’area ritenuta inquinata; la caratterizzazione eseguita nel 2012 previo approvazione del piano da parte della conferenza dei servizio. Le conferenze sono partite dal 2009 e con tante sedute abbiamo convinto il Comune che la proposta di bonifica avanzata da Legnochimica non poteva essere eseguita. Prima bisognava fare un piano di caratterizzazione: i risultati poi, dovevano essere valutati.. in seguito e con parere positivo  si sarebbe proceduto.

Dal 24 maggio 2012 la sesta conferenza dei servizi approva il piano di caratterizzazione. Ho esaminato il progetto di bonifica. Il sito è risultato contaminato e si passa alla bonifica. Era contaminato da verifica: mentre i suoli di quest’area non sono risultati contaminati, lo sono le acque sotterranee. Noi stiamo parlando di un’area in cui sono presenti i laghi. Su questi laghi è stata fatta confusione anche in sede di perizia affidata all’università. Sono bacini artificiali che venivano utilizzati per il trattamento di acque di processo. Non certo di laghi o acque superficiali. Acque di processo decantano il loro contenuto che si stratifica in fondo al lago e abbiamo acque di processo derivanti dalla lavorazione di pannelli in fibra di legno e le acque in cui il legno cedeva le sostanze vengono chiamate acque nere.

Io sono intervenuto ben 7 anni dopo la chiusura dello stabilimento. Una volta che il sito viene dichiarato contaminato non basta solo il dettaglio della caratterizzazione ma anche l’analisi di rischio in cui di definisce se è contaminato. Il passaggio successivo è la bonifica. La conferenza dei servizi ha ritenuto non validi questi progetti di bonifica. Ci fu anche l’ipotesi di lasciare in sito tutto questo materiale. Ma facemmo presente che erano rifiuti e lasciandoli in sito, si sarebbe formata una discarica. Ammesso che questi rifiuti non producano la contaminazione delle falde il terreno era vincolato.

Noi Arpacal abbiamo sempre bocciato i progetti perché ritenuti non risolutivi della problematica. O si procede al trattamento dei rifiuti o nulla. Il progetto viene rigettato. Poi la cosa si è fermata. Venne dissequestrato il terreno per permettere alla Legnochimica di eseguire la sperimentazione del trattamento dei rifiuti liquidi, acque di processo potevano poi essere scaricate in fognatura ossia raggiungevano i parametri chimici per essere assimilate alle acque reflue. I risultati non furono esaminati dalla Conferenza di servizi. Noi come Arpacal non l’abbiamo monitorata. E’ stata eseguita dai tecnici della Legnochimica. Non so l’esito della sperimentazione.

LE ACQUE DEI LAGHI

Le acque contenute nei laghi non devono superare nessuna soglia, sono rifiuti liquidi, acque di processo che provengono dall’attività industriale; noi li abbiamo qualificati rifiuti liquidi non pericolose perché non contengono contaminanti che superano la soglia consentita dalla legge. Le analisi condotte nelle acque di falde risultarono contaminate e quindi la necessità di bonifica

Rispondendo alle domande della difesa dell’imputato sottolinea come il contenuto dei laghi sia stato classificato non pericoloso e che il suolo non è contaminato: il rifiuto sedimentale sta sotto e quello liquido sta sopra. Ancora chiarisce che nelle acque sotterranee sono state trovate delle falde. La conferenza dei servizi ha ritenuto che si poteva ipotizzare il passaggio di questi metalli dal rifiuto liquido alla falda. Al momento della conferenza dei servizi, nel 2012, le acque sotterranee erano contaminate e l’asportazione dei rifiuti poteva accertare se la contaminazione era da ritenere alla presenza dei rifiuti. I rifiuti dovevano essere tolti. Non c’era un’autorizzazione a tenere quei rifiuti lì.  I metalli contenuti nei rifiuti liquidi e solidi erano dappertutto: mercurio, ferro manganese superamenti di piombo. La fermentazione e la decantazione cedeva questi metalli che possono essere riconducibili ma la certezza non si ha. Al contempo il comune di Rende promosse lo studio per verificare i valori delle acque circostanti la Legnochimica e quindi risultanti anche in aree circostanti. E questo lavoro è in corso.

Per questi rifiuti non c’è una autorizzazione allo stoccaggio. Questi rifiuti andavano rimossi. Successivamente si sarebbero controllati i livelli di contaminazione. C’era la presenza di sostanze organiche anche cancerogini che nel 2015 furono trovate molto attenuate. Nel 2012 c’era il piano di caratterizzazione e i dati erano diversi da quelli precedenti e da quelli successivi: l’acqua di falda corre quindi saranno sempre nuovi risultati.

Il secondo funzionario discute sui monitoraggi eseguiti nel 2015 e nel 2017 in seguito ad incendi verificatisi nella zona. «Nel 2017 siamo andati anche intorno al laghetto, sui bordi e abbiamo preso come base operativa un concessionario di auto. L’aria era abbastanza pesante ed io ero munita di mascherina. Sono stata allertata di sabato mattina. Sono andata al comune di Rende dove c’è stata una riunione. Il pomeriggio siamo andati sul luogo e posizionata la strumentazione a ridosso dei laghi che avevano preso fuoco. Pomeriggio abbiamo preso i campioni e portati in laboratorio, per poi ritornare la sera dove ancora non era stato spento il fuoco. Nel 2017 era giugno, quindi le scuole erano già chiuse. Il sindaco fece l’ordinanza di tenere i balconi chiusi. C’erano i fumi, era impregnata di fumi l’aria: i certificati dimostrano un fumo carico di inquinamento, una forte concentrazione di idrocarburi policiclici aromatici che noi utilizziamo come tracciante per vedere nel tempo come diminuisce la concentrazione. Noi vediamo in che quantità ci sono. E abbiamo riscontrato anche valori di altri di metalli come arsenico, piombo, ecc., così detti normati. Noi facciamo i monitoraggi per capire se il fumo è carico di inquinamento. Nel 2017 abbiamo fatto un campionamento sabato notte e i primi risultati erano alti. Poi dopo il mezzo Canadair i nuovi campioni si sono abbassati e sono rientrati. Una volta che i limiti rientrano le misurazioni dei campioni non si ripetono più».

In ultimo sono stati escusse le persone offese, un residente e il presidente dell’associazione Crocevia. Il primo dichiara che è residente della zona da 44 anni: «Abito lì da quando sono nato a 200 metri dalla Legnochimica. Sono uno dei proprietari oggetto del sequestro. Ho presentato denuncia per tutte le problematiche, fumi maleodori e la problematica dell’acqua, innanzitutto. L’acqua era fonte di sostentamento; sia io che mio padre essendo agricoltori la utilizzavamo per irrigamento gli ortaggi e il giardino e abbeverare gli animali. Lo abbiamo utilizzato fino al 2001. Poi si è proceduto a sequestro del pozzo per via della Legnochimica

Dalle analisi fatte dalla Procura si è evinto nell’acqua la presenza di Alluminio in quantità elevata consentita dalla legge. Io mi sono avvelenato da solo. Oltre gli ortaggi abbiamo abbeverato anche agli animali. Poi abbiamo dismesso tutto perché mio padre è andato in pensione. Io ne facevo consumo di questi alimenti. Se avessi saputo non avrei mai mangiato i prodotti. Poi ho presentato querela per il sequestro che mi ha penalizzato inerente l’attività che ho un piccolo giardino fatto con molti sacrifici».

 

LA LEGNOCHIMICA E GLI INCENDI

«L’aria non è respirabile: fumo e cattivo odore di cui io sono assuefatto e ormai lo percepisco meno rispetto ad uno che viene dall’esterno, ho una sopportazione superiore. La situazione è tragica perché se andiamo a considerare il periodo estivo, oltre al caldo, sentendo la puzza non puoi aprire neanche le finestre di casa. La puzza si verifica durante i periodi di autocombustione. L’anno scorso si sono verificati uno – due fenomeni di autocombustione: temperature calde, siccità con erbacce e sterpaglie. Nel 2017 le temperature si aggiravano intorno ai 35° a salire e le autocombustioni si verificavano nel pomeriggio. Si accende il pozzo e inizia a prendere fuoco. Non ha una durata ben precisa anzi a testimonianza i vigili del fuoco che spegnevano focolai e se ne accendevano altri perché le temperature sono molto elevate. Non sono fiamme vere e proprie ma fumi. Spento l’incendio la puzza rimane sempre, magari non si vede l’ondata di fumo che può durare anche più giorni: sono delle cappe. In inverno succede anche quando c’era la neve. I vigili del fuoco intervengono sempre per domare il fuoco»

Il residente della zona industriale su cui sorge la Legnochimica (a 200 metri dall’abitazione) è un fiume in piena: «Il valore economico delle abitazioni è crollato. Nessuno costruisce anzi stanno scappando. Le attività ne hanno risentito come i lavoratori». Poi risponde alle domande del legale dell’imputato, Perugini tornando sulla questione del pozzo sequestrato. «Ho una proprietà adiacente alla Legnochimica e il pozzo si trova parallelo al fiume Crati. I pozzi ci sono sempre stati: sono stati creati dalla seconda guerra mondiale. In zona ogni abitazione ha un pozzo. Il pozzo non l’ho realizzato io ed è collegato a delle sorgenti ed è profondo sette metri». A questo punto la difesa di Bilotta solleva la questione se prima del caso Legnochimica fossero mai state analizzate le acque del pozzo per capire la qualità delle acque: “Ha verificato se questo pozzo risulta autorizzato presso l’attività comunale? ha mai fatto esami sull’acqua di sorgente? Conosciamo la qualità di quest’acqua?” e il teste: «Il pozzo fu acquistato dal nonno negli anni 70 e risulta autorizzato dal Comune ma non ho mai fatto analisi alla sorgente: l’ho utilizzato in fiducia».

Ultimo teste della giornata il presidente dell’associazione Crocevia che ha lamentato cattivi odori e il mancato impegno a prevenire queste cose da parte delle autorità competenti. «Da metà maggio in poi si avvistano i focolai nelle vasche e chiediamo gli interventi della municipale perché il Comune è responsabile del sito e poi dei vigili del fuoco. Spesso nessuno interveniva e i focolai sfociavano negli incendi come nel 2018 che ha interessato l’aera, il 2013 un altro grosso incendio e intervennero i pompieri così come nel 2015  e 2017: il fenomeno dura per giorni»

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