“Carcere e tortura – dalla salute alla libertà negata”: dibattito del Cpoa Rialzo

COSENZA – Per la gente, con la gente, tra la gente. Il Cpoa, centro popolare okkupato autogestito di Cosenza, da sempre vicino alle tematiche sociali ha organizzato per venerdì, con inizio alle 17.30, in piazza dei Pesci, nel cuore del centro storico cittadino, l’ennesimo appuntamento solidale.

Questa volta al centro dell’iniziativa, moderata dal gionalista Claudio Dionesalvi, interverranno Laura Corradi – docente di genere, salute e ambiente. Dip. Sociologia e Scienze politiche – UniCal Sandra Berardi – CPOA Rialzo Italo Di sabato – Osservatorio sulla repressione,  ci sarà un dibattito aperto su: “Carcere e tortura – dalla salute alla libertà negata”. Il momento di confronto e dialogo – spiegano gli organizzatori – «vuole essere un momento di confronto pubblico su alcuni degli aspetti più inquietanti legati all’istituzione carceraria. Quello che emerge dai numeri, a cominciare dagli oltre 66.000 detenuti a finire ai morti dall’inizio dell’anno fino ad oggi, ben 109 di cui 42 suicidi, è allarmante non tanto per una mera questione di sovraffollamento quanto per l’ipertrofia penale dello stato italiano che risponde con il carcere alle ingiustizie sociali. Il ricorso massivo alla reclusione di fasce sociali sempre più larghe, l’allargamento dei comportamenti che vengono classificati e perseguiti come crimini, la mancanza di politiche riabilitative reali e la mancata applicazione delle misure alternative sono tra le cause principali della drammatica situazione carceraria. Migranti, tossicodipendenti ed esclusi che vivono ai margini della “legalità”, costituiscono la percentuale più alta dei reclusi. Reclusione fine a se stessa che ha come unico scopo quello di punire e privare decine di migliaia di uomini, donne e accidentalmente bambini, della libertà in uno Stato che considera la carcerazione quale unico sistema di risarcimento delle “vittime” per i danni subiti e quale unico deterrente per evitare la recidiva. Il carcere-discarica è il non luogo che meglio rappresenta l’iniquità di uno Stato forte con i deboli e debole con i forti. Alcune vicende, in particolare, danno la misura di una Giustizia Ingiusta e di uno Stato che si autoassolve e che diventa complice di violenze, abusi ed efferati omicidi commessi da chi, invece, dovrebbe tutelare l’inolumità pubblica e garantire pari diritti e dignità a tutti i cittadini. Almeno sulla carta. Da Carlo Giuliani a Gregorio Durante, passando per Marcello Lonzi, Stefano Chucchi, Gabriele Sandri, Federico Aldovrandi, Giuseppe Uva, Mastrogiovanni, giusto per fare qualche esempio, ci siamo trovati, impotenti di fronte torture ed omicidi di Stato rimasti impuniti, prescritti, archiviati o al massimo lievi condanne per “eccesso di difesa”. Le situazioni sono differenti: dalle piazze alle carceri, dai fermi di polizia alle caserme dei carabinieri, ma hanno in comune l’essersi ritrovati in mano allo Stato e da questi torturati e uccisi. Ed in Italia il reato di tortura non esiste creando un vulnus giuridico a danno dei cittadini che per qualsiasi motivo si possano trovare nelle mani delle forze dell’ordine. L’appello lanciato dai familiari delle vittime di Stato per l’introduzione del reato di tortura è finalizzato a fornire almeno uno strumento di difesa contro la licenza di uccidere che tacitamente viene garantita ai vari corpi di polizia. È tortura lasciare un detenuto gravemente ammalato in carcere o, peggio ancora, in 41 bis che di per se è un regime di tortura che colpisce non solo il condannato ma viene esteso anche ai familiari. È tortura lasciare un uomo a marcire in galera fino alla morte con una condanna all’ergastolo. I condannati alla pena della morte viva, condannati che non hanno nessuna possibilità di uscire dal carcere se non da morti oppure mettendo un altro al posto loro collaborando. L’ergastolo è una condanna perpetua che viola il principio costituzionale della rieducazione considerando il condannato colpevole per sempre con fine pena mai. Se non è tortura questa! La campagna per l’abolizione dell’ergastolo, lanciata da Carmelo Musumeci e sostenuta da diversi soggetti della cultura, dell’associazionismo, della politica e da tantissimi cittadini comuni, mette un tassello importante verso un processo generale di depenalizzazione e di cancellazione dello Stato penale vigente che, dall’epoca fascista ad oggi, si è andato configurando grazie alle modifiche apportate da vari governi al Codice Rocco. Modifiche che, anziché liberarci dal codice fascista, hanno avuto la capacità di comprimere ulteriormente le libertà e di inasprire il regime carcerario.

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