Frank Morris,dal suicidio alla caduta: indagati sette sanitari

Chiuse le indagini sulla morte di Francesco Morrone: indagati due medici e cinque infermieri che non vigilarono sul paziente

 

 

COSENZA – Usava il nome d’arte Frank Morris e per un gioco del destino è lo stesso nome di Clint Estwood nel film Fuga da Alcatraz! Ma Ciccio Morrone voleva veramente raggiungere la libertà come Clint Eastwood? Il suo caso fu trattato come suicidio “stanco di una vita di sofferenze”, anche perchè più volte aveva paventato di togliersi la vita. In suo ricordo da due anni a questa parte in città viene celebrato il Memorial “Remembering Frank Morris”. Ma i suoi familiari non hanno mai pensato che Ciccio volesse suicidarsi. Il fratello era stato in ospedale fino a tarda sera e Ciccio era tranquillo e sereno. Ed oggi, a distanza di due anni spunta l’ipotesi  alternativa: potrebbe non essere suicidio ma una caduta accidentale a causa di presidi di contenzione non regolamentari delle aree aperte al pubblico del Pronto Soccorso. Il pubblico ministero della Procura della Repubblica di Cosenza Domenico Frascino, titolare dell’inchiesta sul decesso di Francesco Morrone, di 50 anni, ha chiuso le indagini nelle quali sono indagati sette sanitari dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza. Francesco Morrone, morì il 10 giugno 2017, i sanitari non avrebbero vigilato su un paziente giunto al Pronto Soccorso per pregresso tentativo di suicidio per precipitazione.

In realtà potrebbe esserci dell’altro. Il team di esperti guidato dall’avvocato Massimiliano Coppa che rappresenta i familiari della vittima, va oltre il “presunto” suicidio: potrebbe essere morte violenta per caduta accidentale. Una morte che si sarebbe potuta evitare mediante semplici cautele non applicate. Paziente detenuto, Ciccio Morrone era perfettamente cosciente e avrebbe dovuto ricevere una vigilanza diversa da quella adottata, per altro sguarnita di tutela penitenziaria. Sembra che Morrone si fosse recato più volte sul piazzale, senza essere mai accompagnato dal personale vigilante. Morrone sarebbe dovuto essere ricoverato nel reparto di Psichiatria, ma non c’erano posti letto.

 

L’intercapedine con altezza di 15 mt del piazzale Pronto Soccorso dell’Ospedale civile Annunziata

 

Un presunto suicidio o una caduta dal piazzale del Pronto soccorso dell’Ospedale di Cosenza? Considerato che più volte il paziente era uscito fuori sul piazzale, intorno alle 5 del mattino ha pensato davvero di suicidarsi oppure ha avuto un malore, è inciampato ed è precipitato dal parapetto perchè inidonea la sicurezza del presidio ospedaliero? Su queste ipotesi si sono espressi i consulenti mediante perizia consegnata al legale Coppa e finita sul tavolo dell’ufficio di Procura

I FATTI

Francesco Morrone, in arte Frank Morris noto chitarrista cosentino, era sottoposto a misura di sicurezza alternativa alla detenzione e si trovava domiciliato presso la comunità terapeutica “Regina Pacis” in Torano Castello, in provincia di Cosenza quando, in seguito ad una crisi, venne trasportato d’urgenza al Pronto Soccorso dell’Ospedale Civile “Annunziata” di Cosenza. Qui venne preso in carico dal personale sanitario operante.

Morrone fu sottoposto ad una prima sommaria valutazione di natura specialista e, vista l’assenza di posti letto per il suo trasferimento presso l’Unità Operativa più idonea per la cura e il trattamento di quanto riscontrato e la gestione appropriata del paziente, fu temporaneamente e forse impropriamente accettato, preso in carico e “ricoverato” presso l’Unità Operativa di Medicina d’Urgenza del nosocomio cosentino. Qui, in assenza di qualsivoglia presidio specialistico e di vigilanza imposta soprattutto in un paziente afflitto da particolari patologie con molto probabili episodi autolesionistici che lo condussero mediante il 118 al Pronto Soccorso, intorno alle 5.30 del mattino seguente – decedeva per morte violenta, avvenuta nelle immediate vicinanze dell’accesso al Pronto Soccorso, precipitando al di là di un parapetto, da un vuoto di circa 15 metri.

Morrone sarebbe stato assistito da un presidio di contenzione molto probabilmente non a norma, per come accertato dai consulenti tecnici nominati dalla famiglia della vittima, gli ingegneri Fabrizio Coscarelli e Mariano Bruno,  i quali ha presentato un corposo dossier  all’avvocato Massimiliano Coppa su tutte le probabili cause che hanno determinato il decesso per morte violenta di Francesco Morrone.

Si è parlato di suicidio ma i familiari hanno smentito dinanzi alla Procura questa ipotesi e, proprio perché questa tesi non ha convinto, è stata ricostruita una diversa dinamica dello svolgimento delle fasi finali della vita di Morrone il quale, seppur sottoposto a sorveglianza che, probabilmente non fu mai attuata all’interno dell’Ospedale di Cosenza, riuscì a lasciare il reparto di Medicina d’urgenza, a percorrere indisturbato tutto il percorso che conduce all’uscita delle ambulanze ed, addirittura, a raggiungere il piazzale del Pronto Soccorso passando per la porta sigillata dove arrivano le ambulanze; e questo confermerebbe l’assoluta assenza di vigilanza di quei luoghi per come previsto dalla vigente legge.

LA CONSULENZA TECNICA

Lo stato dei luoghi di quei giorni è stato documentato dai periti Coscarelli e Bruni all’avvocato Coppa, con accertamenti che documentano violazioni di norme tecniche, con prove filmate e fotografiche di tempi e di percorsi alternativi effettuati dal Morrone nella sua incomprensibile libertà di movimento, con illegittimità di presidi non a norma che dovrebbero garantire l’incolumità dei luoghi con grande affluenza di pubblico. E questo è quello che sarebbe accaduto all’ospedale di Cosenza.

Dai Consulenti dell’avvocato Coppa vengono ipotizzate una serie di condotte difettuali che involgono comportamenti omissivi posti in essere non solo da chi aveva l’obbligo di vigilare sul paziente, per altro detenuto,  e preso in carico dall’Ospedale di Cosenza con un preciso obbligo giuridico di garanzia di tutela sulla sua salute ed incolumità come medici e primario di reparto, ma anche da parte di figure apicali a capo dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza e dei suoi servizi tecnici, individuate per documentato e  conclamato deficit organizzativo.

Detta circostanza è ancor di più aggravata dal fatto che le ragioni del trasporto d’urgenza mediante 118 dalla Comunità Terapeutica Regina Pacis di Torano Castello all’Ospedale di Cosenza risiedevano nella impossibilità di gestione del paziente successivamente preso in carico dal Serzizio di Pronto Soccorso dell’Ospedale di Cosenza che non avrebbe ottemperato a quegli obblighi di vigilanza, terapia e contenzione, oltre al collocamento immediato del paziente all’interno di locali idonei ed adatti alla propria condizione clinica al momento del ricovero, anche alla luce dell’obbligo di sorveglianza incombente sulla struttura sanitaria ospitante.

Occorrerà anche scrutinare la causa del prematuro decesso di Francesco Morrone: alla luce degli elementi prodotti dall’avvocato Coppa, sembrerebbe ora protendere verso la caduta e non più verso il suicidio verificando la gestione assistenziale del paziente, tutti i trattamenti sanitari per la tutela della sua salute, in rispetto ai protocolli ed alle linee-guida che sovrintendono il trattamento di casi consimili che, pare, abbia fortemente condizionato in maniera decisiva la verificazione del tragico evento.

 

L’avvocato penalista Massimiliano Coppa

L’ACCUSA

L’accusa formulata nei confronti dei sei indagati è “nella qualità di sanitari in servizio presso l’ospedale civile dell’Annunziata, in cooperazione colposa tra loro, avendo avuto in affidamento e cura Francesco Morrone, il quale veniva accettato presso il Pronto soccorso  dell’unità operativa complessa di Medicina e Chirurgia d’Accettazione e d’urgenza dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza il 9 giugno 2017 accompagnato dal personale del 118 per tentativo di suicidio, proveniente dal’istituto Regina Pacis dove si trovava in regime di arresti domiciliari, con colpa consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia e per inosservanza delle modalità operative  del protocollo denominato “prevenzione del suicidio in ospedale” adottato dall’azienda ospedaliera di Cosenza e attivo dal 2 maggio 2008, non impedivano il suicidio di Morrone il quale scavalcava il parapetto del piazzale antistante il Pronto soccorso cadendo da un’altezza di circa 15 metri con conseguente politrauma  cranico torace addominale e degli arti precipitando e successivamente exitus. in particolare nonostante il Morrone fosse giunto al Pronto soccorso di Cosenza per pregresso tentativo di suicidio per precipitazione.

Il medico psichiatrico è indagato perchè quel giorno fu chiamato a rendere consulenza psichiatrica su Morrone nonostante questo fosse giunto presso il Pronto Soccorso per pregretto tentativo di suicidio, esprimesse temi di rovina, fosse soggetto ansioso  e tossicodipendente con disturbo della personalità, pur trattenendo il paziente in ospedale in ragione del potenziale rischio di reiterazione del tentativo di suicidio, ometteva di fornire al Pronto Soccorso indicazioni terapeutiche e sulla gestione del paziente, sull’entità del rischio di suicidio, sulla reale determinazione del paziente a metter in pratica il suo progetto, non indicando la tipologia di monitoraggio da attuare, la modalità di vigilanza, le condotte di protezione, le misure per impedire al paziente di accedere ad ambienti potenzialmente pericolosi;

Il medico in servizio al pronto soccorso non considerando adeguatamente il rischio suicidario del Morrone ometteva di valutare il predetto con cadenza periodica dalle 21.15 all’ora del decesso, lasciava solo il paziente, non definiva modalità di vicinanza proporzionale alla gravità del rischio, non lo spostava in una stanza in cui il controllo da parte del personale sarebbe stato maggiore, non informava i congiunti e non chiedeva ai predetti collaborazione nell’osservazione del paziente, non informava il collaboratore infermieristico della presenza in reparto di un paziente a rischio suicidario, in tal modo omettendo di attivare le procedure indicate nelle “modalità operative” del protocollo ospedaliero “prevenzione del suicidio in ospedale”;

I cinque infermieri in servizio presso il Pronto Soccorso omettevano di controllare periodicamente il paziente e comunque di segnalare al medico di guardia potenziali situazioni di pericolo per il paziente.

 

Le Porte sigillate del Pronto Soccorso dell’ospedale civile dell’Annunziata
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