Una donna muore nel novembre del 2011 dopo avere ingerito probabilmente un osso del pollo che le lesiona l’esofago con conseguente vomito di sangue e attacchi di melena
COSENZA – Aveva 79 anni nel 2011 e 15 giorni prima dell’11 novembre, il giorno in cui segna la vita della donna con l’ingresso in Pronto soccorso in ospedale a Cetraro, mentre mangiava presumibilmente del pollo, un osso le avrebbe creato problemi all’esofago. Inizia a vomitare sangue. Trascorrono giorni e prima del suo ricovero ha un altro episodio di vomito con sangue. Pensano con i familiari che siano sintomi passeggeri e decidono di non recarsi al Pronto Soccorso.
La notte tra il 10 e l’11 novembre la 79enne avverte nuovamente malore e vomita sangue e giungono al Pronto Soccorso di Cetraro. La donna viene ricoverata e sottoposta a gastroscopia. I sanitari scoprono una lesione all’esofago ed un coagulo di sangue. La sottopongono anche ad un esame Tac, ma non risulta la presenza dell’osso del pollo. La trattengono tutta la giornata dell’11 novembre in ospedale e la donna continua a vomitare sangue, si riscontra anche una melena e va in shock ematico. I sanitari dispongono subito delle trasfusioni. Intorno alle 18 – 19 del tardo pomeriggio la donna ha un nuovo attacco di melena, con vomito e va nuovamente in shock.
I medici decidono di allertare l’ospedale di Cosenza, il reparto di gastroenterologia per sottoporre la paziente ad una gastroscopia interventistica per chiudere la lesione all’esofago. Solo verso le 20.30 l’ambulanza parte da Cetraro e raggiunge l’ospedale civile dell’Annunziata a Cosenza. La paziente passa per l’accettazione del Pronto Soccorso. Durante il processo dibattimentale verrà evidenziato il commento del medico del 118 che riscontra la gravità della situazione in un paziente ormai vicino alla morte.
In Pronto soccorso viene accolta dal medico di turno Fornaro, il quale dispone ulteriori sacche di sangue ed accertamenti clinici e la consulenza specialistica del gastroenterologo Sabatino. Quest’ultimo è chiaro con il collega e con i parenti, non può fare la gastroscopia interventistica se prima non si stabilizzano i parametri della paziente. La 79enne rimane in Pronto Soccorso. Verso le due di notte avviene un nuovo consulto in cui lo specialista dice di attendere per capire se il paziente riesca a mantenere la stabilità. Ma alle 4 del mattino sopraggiunge un ennesimo attacco di melena con vomito di sangue e la donna va nuovamente in shock. A quel punto lo specialista prova a chiudere la lesione portandola in sala operatoria; provano a mettere la clip ma, durante l’operazione la donna muore.
LA DENUNCIA
Il corpo della donna non viene sottoposto ad esame autoptico, anzi sembra che abbiano anche ringraziato i medici per l’aiuto dato. La denuncia arriva ad un anno dalla morte della donna, il 12 novembre 2012. Il legale parte civile decide di puntare sui sanitari dell’ospedale di Cetraro per averla tenuta in carico dalle 7 del mattino alle 9 di sera e presentare la denuncia alla Procura di Paola. La Procura di Paola invia il fascicolo a quella di Cosenza per competenza per via dell’avvenuta morte della 79enne proprio a Cosenza.
Dispongono una consulenza medico – legale e acquisiscono le cartelle cliniche. Per l’ufficio di Procura il perito è Cavalcanti il quale rileva a suo dire che i medici di Cetraro siano esenti da responsabilità mentre ravvisava un profilo di condotta nei confronti dei medici di Cosenza.
Il consulente della difesa rappresentata dagli avvocati Sergio Sangiovanni e Francesco Corina del foro di Cosenza scelgono come consulente il professore Paolo Alberello di Roma ed il chirurgo, Pellegrino, dell’Annunziata di Cosenza. La difesa dei due indagati sin dall’inizio ha sempre sostenuto che non si trattasse di una lesione classica esofagea ma di una fistola aorta esofagea cioè, uno spazio creatosi tra l’esofago e l’aorta. Queste deduzioni erano in forte contrasto con quelle del perito dell’ufficio Procura che aveva dichiarato si trattasse di una semplice lesione e che se si fosse intervenuto nell’immediato la paziente si sarebbe salvata. Un processo che poteva terminare già nella fase di udienza preliminare se si fosse eseguita una perizia. Ma il Gup decide per il rinvio a giudizio
LE ACCUSE
Sabatino Antonio e Fornaro Donato furono accusati perchè in cooperazione tra loro in qualità di medici in servizio presso l’unità operativa di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva (il Sabatino) e la struttura semplice dipartimentale (il Fornaro) dell’azienda ospedaliera di Cosenza per negligenza, imprudenze e imperizia cagionavano la morte di M.C.I., intervenuta per shock emorragico in conseguenza di un persistente sanguinamento delle alte vie digestivecon partenza da una lesione esofagea ampia, ulcerata, escavata, non perforata e localizzata al III superiore dell’esofago.
In particolare il Sabatino in sede di consulenza specialistica gastroenterologica, da un lato ometteva di eseguire la esofagogastroduodenoscopia, in tal modo non accertando, sotto il profilo diagnostico, la presenza del sanguinamento e la sussistenza del rischio di risanguinamento e non attuando sotto il profilo terapeutico le azioni emostatiche endoscopiche attive nell’arrestare il sanguinamento e quelle preventive sulle potenziali sedi di risanguinamento e, dall’altro, non effettuava direttamente nè indicava al medico di pronto soccorso i controlli clinici necessari al monitoraggio dei parametri vitali ed alla quantificazione delle perdite ematiche mediante posizionamento del sondino naso gastrico.
Il Fornaro quale medico di guardia presso il Pronto Soccorso non attuava il completo monitoraggio dei parametri vitali, non posizionava il sondino naso – gastrico necessario ad evidenziare la presenza del sanguinamento e a quantificarne l’entità, non posizionava il catetere vescicale necessario per la rilevanza della diuresi non richiedeva la consulenza specialistica chirurgica e non disponeva il ricovero della paziente presso il reparto di Gastroenterologia o in un reparto Chirurgico
L’ASSOLUZIONE
Durante la discussione, la difesa ha portato all’attenzione del giudice, in riferimento al medico Sabatino, come non si ravvisassero profili di responsabilità dell’imputato, perchè non avrebbe potuto intervenire in quelle condizioni di instabilità del paziente. Per Fornaro la difesa, l’avvocato Sangiovanni ha rappresentato come le condotte contestate non fossero state provate ma addirittura come si sia dimostrato il contrario. Il medico oltre ad avere seguito le linee guida nazionali in cui nello specifico non era richiesto nè il catetere, nè il sondino gastrico che avrebbe creato solo danni, non ricoverò la donna in chirurgia perchè non c’erano posti letto liberi; i testimoni confermarono che la paziente fu monitorata h24.
Il giudice monocratico Pingitore, sentite le parti, nonostante la richiesta di condanna da parte del pubblico ministero, ha accolto le motivazioni addotte dalla difesa assolvendo Sabatino e Fornaro perchè il fatto non sussiste