Sono accusati di avere favorito i detenuti nel carcere di Cosenza, appartenenti alle cosche di ‘ndrangheta “Lanzino/Ruà/Patitucci”, “Bruni/Zingari” e “Rango/Zingari”
COSENZA – Giovanni Porco, 53 anni, lascia il carcere di Vibo Valentia, dove attualmente è detenuto dal giorno dell’arresto avvenuto lo scorso 19 giugno, per tornare a casa. E’ stata accolta dal Gip presso il Tribunale di Catanzaro, Massimo Forciniti, l’istanza di scarcerazione presentata dalla difesa, l’avvocato Cristian Cristiano, dopo appena sei giorni dalla carcerazione, subito dopo avere sostenuto l’interrogatorio di garanzia, il 21 giugno scorso, dove l’indagato ha risposte alle domande del Gip per oltre un’ora, dichiarando sempre l’estraneità alle accuse mosse dalla Procura Distrettuale. Insieme a Luigi Frassanita di 56 anni, difeso dall’avvocato Filippo Cinnante sono accusati di presunti favoreggiamenti ai detenuti appartenenti alle cosche di ‘ndrangheta “Lanzino/Ruà/Patitucci”, “Bruni/Zingari” e “Rango/Zingari”. Frassanita durante l’interrogatorio di garanzia si è detto pronto a sostenere un confronto con i pentiti per dimostrare la propria estraneità ai fatti.
il difensore aveva insistito per la doverosa rivisitazione delle esigenze cautelari da ritenersi scemate soprattutto in ragione del contestuale provvedimento di sospensione dal servizio emesso a carico dell’indagato e della contestuale rinuncia dello stesso, in attesa di chiarire ogni aspetto della vicenda nell’ambito del procedimento penale, a proporre impugnazione avverso la predetta sospensione.
Nel corpo dell’istanza, oltre ad evidenziarsi le circostanze che il Porco avesse chiarito ogni addebito rispondendo per oltre un’ora alle domande del GIP nel corso dell’interrogatorio di garanzia, come fosse pronto all’immediato confronto con i collaboratori di giustizia suoi accusatori, di essere disposto a sostenere un nuovo interrogatorio direttamente davanti allo stesso GIP di Catanzaro al fine di specificare qualsiasi altra cosa fosse necessaria per escluderne ogni responsabilità penale, si era messo in evidenza, in particolare, che l’impossibilità di accedere alla casa circondariale, in presenza anche di una misura custodiale diversa da quella carceraria, integrasse quegli elementi concreti in grado, dopo l’intervento della Corte Costituzionale in tema di concorso esterno in associazioni mafiose, di giustificare una misura diversa da quella carceraria, che, diversamente, è obbligatoria per il reato contestato all’indagato.
Il Gip, nonostante il contrario parere dell’Ufficio di Procura, nell’accogliere l’istanza difensiva che non sollecitava in questa fase, anche in ragione della mancanza della trascrizione della fonoregistrazione dell’interrogatorio, alcuna rivisitazione della gravità indiziaria, ha consentito al Porco di far rientro presso il proprio domicilio evidenziando come dagli atti non emergano presunte condotte illecite poste in essere al di fuori delle funzioni ricoperte, circostanza in grado di legittimare il provvedimento poi emesso.
“Si tratta solo del primo passo lungo la strada che, siamo certi, condurrà ad una sentenza assolutoria in favore del mio assistito con l’augurio che la futura pronuncia, ben più importante di una misura custodiale, trovi quantomeno lo stesso spazio su quotidiani e media della notizia dell’arresto del signor Porco – commenta l’avvocato Cristian Cristiano-. Non possiamo che apprezzare, in questa fase, prescindendo da ragionamenti sulla gravità indiziaria che sono stati sviluppati solo marginalmente e sui quali non si è insistito ai fini di un nuovo vaglio, l’equilibrio dimostrato dal Giudice della cautela che, a pochi giorni dall’esecuzione della più grave tra le misure cautelari, ha valutato con scrupolo l’istanza predisposta dalla difesa ed appositamente supportata da nuovi e concreti elementi, facendo corretta applicazione del combinato normativo di riferimento”.
L’ACCUSA
Dagli accertamenti portati avanti dalla Procura Distrettuale Antimafia sarebbe emerso che i due appartenenti alla Polizia Penitenziaria si sarebbero messi a disposizione delle consorterie mafiose, garantendo ai detenuti di poter continuare ad avere contatti con l’esterno ed in particolare, con i sodali liberi; veicolando agli stessi messaggi, anche mediante “pizzini”, per sviare indagini in corso su omicidi o per impartire disposizioni sugli imprenditori destinatari di attività estorsiva, per recuperare somme di danaro dovute per pregresse forniture di stupefacente o, ancora, per far filtrare notizie su reclusi che intendevano avviare percorsi di collaborazione con la giustizia.
Nove i collaboratori di giustizia che hanno raccontato dei “favori” ricevuti dalle due guardie carcerarie. Naturalmente tutto da dimostrare, compito che spetterà alla difesa. Per il momento rimangono indagati e su di loro pendono gravi accuse.
LE DICHIARAZIONI DEL PENTITO ERNESTO FOGGETTI
Ernesto Foggetti in un verbale del marzo 2015 dichiara: “In riferimento a collusioni di appartenenti alla polizia giudiziaria posso riferire di alcuni appartenenti alla polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Cosenza che hanno operato in tal senso. Ho appreso da Gennaro Presta durante la mia detenzione in carcere nel 2014 per la vicenda Verbania, al reparto alta sicurezza, che Frassanita Luigi dopo averlo denunciato aveva tentato il riavvicinamento per riacquistare fiducia, fornendogli whisky e qualsiasi altra cosa avesse bisogno”. Foggetti racconta anche dei colloqui che avvenivano all’esterno del carcere tramite le finestre, dei quali la polizia penitenziaria era a conoscenza. “A volte avvenivano anche feste, con fuochi d’artificio sotto la finestra. I detenuti che comandavano sceglievano le celle ubicate nella parte in cui era più facile comunicare con l’esterno, e anche io ho avuto modo di farlo.
Sull’agente penitenziario Porco dichiara: “Quando ero in carcere si diceva vi fosse un altro appartenente agli agenti che si prestava ad introdurre beni come scarpe dall’esterno e che portava imbasciate, questo si chiamava Porco: io questo Porco l’ho visto in carcere e lo conosco ma non c’ho mai avuto a che fare.
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