“Rispolverato” dopo otto anni il caso irrisolto di Giuseppe Ruffolo freddato a colpi di pistola, alla guida della sua autovettura Alfa Romeo, mentre percorreva via degli Stadi
COSENZA – Interrogatorio di garanzia per Roberto Porcaro e Massimiliano D’Elia, rispettivamente di 35 e 33 anni ritenuti dalla Distrettuale Antimafia di Catanzaro mandante ed esecutore materiale dell’omicidio di Giuseppe Ruffolo avvenuto nel 2011 a Cosenza. Porcaro difeso dagli avvocati Gianluca Acciardi e Sergio Rotundo e D’Elia difeso dall’avvocato Fiorella Bozzarello, in carcere, davanti al giudice per le indagini preliminari hanno respinto tutte le accuse dichiarando di non avere nulla a che vedere con l’intera vicenda. I due sono stati tratti in arresto all’alba del 17 maggio scorso dalle forze dell’ordine dopo accurate indagini sotto il coordinamento del sostituto procuratore della Dda Camillo Falvo e il Procuratore capo Nicola Gratteri. Le accuse sono di omicidio, aggravato dal metodo e dall’aver agevolato un’associazione mafiosa, e porto illegale di armi.
Giovedì pomeriggio Massimiliano D’Elia 33 anni, si trovava in un bar in centro città a consumare una bibita fresca ignaro che da lì a poche ore lo avrebbero prelevato a casa le forze dell’ordine con l’accusa di omicidio e porto abusivo d’arma. Nello specifico D’Elia è accusato dalla Distrettuale Antimafia di Catanzaro di essere l’esecutore materiale dell’omicidio di Giuseppe Ruffolo con il quale avrebbe avuto dell’astio che, secondo gli inquirenti avrebbe determinato il suo agire per togliere di mezzo uno che in fatto di usura e spaccio stava pestando i piedi al clan Lanzino – Patitucci ed andava eliminato. Parliamo di un fatto accaduto nel settembre 2011 in via degli Stadi a Cosenza.
Insieme al 33enne è finito dietro le sbarre anche Roberto Porcaro, 35 anni, appartenente al clan Lanzino – Patitucci e definito dagli inquirenti il mandante del disegno criminoso. A mettere i due nei guai sarebbero stati ben otto pentiti, otto collaboratori di giustizia: Mattia Pulicanò, Ernesto Foggetti, Daniele Lamanna, Vincenzo De Rose, Francesco Noblea, Luciano Impieri, Edyta Aleksandra Kopaczynska, Giuseppe Montemurro, Giuseppe Zaffonte. Per il sostituto Procuratore della Dda Camillo Falvo “tutti i collaboratori di giustizia a conoscenza del fatto omicidiario, individuano senza alcuna titubanza, in maniera inequivocabile, Massimiliano D’Elia quale esecutore materiale seppur riferendo in modo differente i dettagli in ordine al movente”
I due sono indagati per avere, in esecuzione di un unico disegno criminoso, deliberato e cagionato la morte di Ruffolo Giuseppe. In particolare D’Elia anche quale esecutore materiale, lo avrebbe attinto con numerosi colpi d’arma da fuoco (almeno 6), con una pistola calibro 7,65. Quest’ultimo a bordo uno scooter “Apulia Scarabeo 500” avrebbe affiancato la vittima che viaggiava sulla sua autovettura near “Alfa Romeo Giulietta” su via degli Stadi, a Cosenza
Sempre secondo gli inquirenti dalle testimonianze rese dai collaborator di giustizia, D’Elia avrebbe agito a causa dei contrasti insorti all’intemo del clan mafioso confederato Lanzino-Patitucci per il quale era impegnato in attività estorsive e spaccio. Ruffolo agiva senza il consenso del clan sull’attivita usuraria che esercitava in città e, ancor di più senza far confluire parte dei proventi illeciti nella bacinella dell’organizzazione criminale; D’Elia all’interno del clan si relazionava direttamente con Roberto Porcaro considerate uno dei vertici. Ma ci sarebbe anche un’altra motivazione alla base dell’omicidio di Ruffolo. D’Elia avrebbe avuto contrasti con Ruffolo per via di una condanna di un amico di quest’ultimo che lo stesso D’Elia avrebbe indicato quale esecutore materiale di un attentato alla sua persona la sera del 28 ottobre 2006 presso la discoteca B-Side
In buona sostanza D’Elia il 22 settembre del 2011, avrebbe sparato e ucciso Ruffolo per fatti futili, con la premeditazione e compiendo il fatto con metodo Mafioso al fine di agevolare l’associazione mafiosa Lanzino – Patitucci.
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