Sentenza ribaltata in Appello per i sette imputati accusati di estorsione e ricettazione con riduzione di pene e ben tre assoluzioni
COSENZA – “Acquistavano” auto rubate per poi contattare i proprietari e offrire la restituzione del mezzo in cambio di denaro. Sette persone furono arrestate e condannate in primo grado a 3 anni e sei mesi. I giudici della Corte d’Appello hanno ribaltato la sentenza con una piena assoluzione poiché il fatto non sussiste per Anna Manzo, Patrizia Berlingieri, Leonardo Berlingieri, difesi dagli avvocati Ugo Le Donne, Cristian Cristiano e Francesco Santelli, condannati in primo grado emessa dal Tribunale di Cosenza in composizione collegiale a tre anni e sei mesi il reato di tentata estorsione aggravata. Pene ridotte per gli altri quattro imputati
L’operazione scatto nel 2014 e furono accusati a vario titolo di estorsione, ricettazione, false dichiarazioni o attestazioni in atti per l’ag e favoreggiamento. I casi di “cavallo di ritorno” si verificavano tra Cosenza e Rende. Per gli inquirenti il gruppo era “professionalmente dedito” ai cosiddetti “cavalli di ritorno”.
Secondo gli inquirenti “venivano utilizzate delle cabine telefoniche per chiedere il riscatto alle persone alle quali era stata rubata l’auto. Riscatto che variava secondo il tipo di veicolo, ma che arrivava fino a 2700 euro. In un caso, fu chiesto il riscatto anche per le attrezzature elettromedicali, rinvenute in una delle auto rubate. Dopo la seconda telefonata, i contatti venivano interrotti e le auto venivano bruciate o smontate a pezzi. Erano le donne del gruppo ad effettuare le telefonate, accompagnate da un bambino, per non dare nell’occhio e non subire controlli. Tra gli arrestati anche Ivan Trinni, Hamid Zoubir, Franco Abbruzzese e Dorin Adrian Teglas.
INESISTENTE L’IPOTESI ESTORSIVA
La Corte, in accoglimento della argomentazioni poste a fondamento dei motivi di appello avanzati dagli avvocati Cristian Cristiano, Ugo Ledonne e Francesco Santelli del Foro di Cosenza e nonostante la richiesta di conferma della sentenza di Primo Grado avanzata dal Procuratore Generale, ha assolto gli imputati con la formula più ampia. In particolare, i difensori hanno insistito per l’inesistenza di qualsiasi ipotesi estorsiva che, a dire dell’Ufficio di Procura, si era concretizzata in una telefonata eseguita da una cabina pubblica da parte di uno dei tre imputati alla ma alla presenza degli altri due.
Nessun dubbio vi era stato circa l’identificazione degli stessi, attesa la presenza di un video, ancora attualmente rinvenibile su internet di cui, però, la difesa aveva evidenziato l’inutilizzabilità per ragioni processuali. La sentenza di assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste” dimostra l’infondatezza della tesi della Procura che aveva condotto inizialmente all’applicazione della custodia cautelare in carcere a carico di tutti gli imputati, protrattasi per quasi un anno sino all’emanazione della sentenza di I Grado ribaltata, ieri, dalla seconda sezione penale della Corte d’Appello.