Dal Pollino, passando per la Sibaritide e il Tirreno, fino all’area urbana di Cosenza l’emigrazione in altre regioni per curarsi è ormai tradizione, mentre le liste d’attesa per qualsiasi prestazione appaiono infinite
COSENZA – “Lo sciopero dei medici dei giorni scorsi è stato un’occasione, – scrive in una nota la CGIL – se ancora ce ne fosse stato bisogno, per puntare i riflettori sulle condizioni drammatiche della sanità pubblica calabrese. La crescita di cliniche, ambulatori e laboratori privati in Calabria, con risorse della collettività, non ha comportato investimenti in qualità delle prestazioni facendo leva, in molti casi, sullo sfruttamento dei lavoratori per garantirsi alti margini di profitto. Le recenti vicende giudiziarie che hanno interessato l’ospedale di Lamezia Terme dimostrano come la sanità rappresenti un terreno privilegiato per la peggiore borghesia mafiosa. In Calabria, dopo dieci anni di tagli lineari e chiusura di servizi, la realtà ci consegna oggi liste d’attesa infinite, una spesa di oltre 300 milioni all’anno per pagare la mobilità sanitaria fuori regione, un deficit che nell’ultimo anno è cresciuto per oltre 70 milioni di euro e un’organizzazione sanitaria che, ormai da tempo, non riesce neppure più a garantire i livelli essenziali di assistenza.
Il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità ha denunciato come la sanità delle regioni del Sud, dove l’aspettativa di vita è inferiore di quattro anni rispetto al Nord, sia fanalino di coda dell’intera Europa ed ha evidenziato come questa condizione sia dovuta alla incapacità di riorganizzare i sistemi sanitari regionali dopo la devoluzione. Necessario il superamento della regionalizzazione della sanità seguita alla riforma del titolo V della Costituzione che ha prodotto il fallimento attuale. Un lavoratore calabrese con 36mila euro di reddito imponibile paga oggi 622 euro annui di addizionale regionale Irpef, contro i 533 euro di un lavoratore toscano e i 527 di un lombardo, per avere il servizio sanitario peggiore d’Europa. A tutto questo si aggiunga il rischio concreto che per il prossimo anno possa scattare un ulteriore aumento delle tasse regionali e il blocco delle assunzioni.
Ciò mentre Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna si stanno adoperando nell’ombra per realizzare la cosiddetta autonomia differenziata, una sorta di sovranismo regionale che garantirebbe a queste regioni di poter trattenere il 90% del gettito fiscale per finanziare il proprio sistema di welfare locale. Una secessione silenziosa che va fermata subito e rispetto a cui vi è un’oggettiva urgenza di mobilitazione. La CGIL della Provincia di Cosenza lavorerà per far si che si realizzino le condizioni unitarie a livello regionale per provare a porre un argine a questa deriva che non è più sostenibile per i cittadini calabresi. Le Camere del Lavoro di Cosenza e quella del comprensorio Pollino Sibaritide Tirreno sono pronte a scendere nuovamente in piazza ed a chiamare i cittadini del territorio allo sciopero generale con l’obiettivo primario di riconquistare il diritto universale alla salute”.