Sono accusate di spaccio ma anche di estorsione le persone coinvolte in un’operazione scattata questa mattina. Le misure sono state emesse dal Gip del Tribunale di Cosenza su richiesta della Procura
COSENZA – Un’operazione della Polizia di Stato è in corso dalle prime ore di questa mattina nel centro di Cosenza per l’esecuzione di 8 misure cautelari. Le persone coinvolte sono ritenute responsabili a vario titolo di detenzione e cessione di droga, in particolare cocaina, e marijuana, ma anche di estorsione. Le indagini condotte dagli uomini della Questura di Cosenza hanno consentito di disarticolare un gruppo di pusher attivi nel centro città. Nel corso dell’attività di indagine sono stati sequestrati diversi quantitativi di sostanze stupefacenti.
Il blitz è stato compiuto dalla Squadra Mobile della Questura di Cosenza e del Reparto Prevenzione Crimine Calabria Settentrionale di Rende, ha dato esecuzione ad un’ordinanza di misura cautelare nei confronti di tre persone che sono finite in carcere, quattro persone sono state assegnate ai domiciliari mentre una ottava persona, è stata sottoposta all’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria.
Agli 8 soggetti vengono contestati, in più occasioni, la maggior parte dei quali in concorso tra loro, diversi episodi di cessione di sostanza stupefacente (sono almeno 30 i casi contestati) in particolare di cocaina e marijuana. In alcuni degli episodi di spaccio, da fornitori erano diventati “vittima-assuntore” di droga acquistata da altri indagati.
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L’indagine partita da una ‘mamma coraggio’
L’indagine ha preso il via all’indomani della denuncia sporta da una “madre coraggio” che, nel mese di ottobre dello scorso anno, stanca delle continue vessazioni a cui era sottoposta dal figlio, che l’avrebbe sottoposta a minacce e lesioni per ottenere somme di denaro da utilizzare per l’acquisto di cocaina, tossicodipendente e ricoverato in “doppia diagnosi” presso una casa di cura dell’hinterland aveva deciso di raccontare tutto alla Polizia. E così sono scattate le indagini, svolte nell’arco di quasi un anno dalla prima denuncia, che si sono sviluppate secondo i consueti canoni investigativi e sono consistite, in particolare, in intercettazioni telefoniche ed ambientali, pedinamenti e appostamenti che hanno permesso di riscontrare l’attività di spaccio posta in essere dagli indagati.
I quartieri degli indagati diventati piazze di spaccio
Complessa è stata l’azione investigativa della Polizia Giudiziaria che ha dovuto svolgere parte delle indagini in contesti ambientali difficili in cui, quasi tutti gli indagati operavano, ovvero i rispettivi quartieri di residenza che, in alcuni casi erano diventate vere e proprie piazze di spaccio. La maggior parte degli indagati, infatti, avevano messo in atto un sistema collaudato, perlopiù
operando direttamente dalle rispettive abitazioni, seppure alcuni sottoposti agli arresti domiciliari.
Un pusher portava la coca anche ad un tossicodipendente in comunità
Per sottolineare ulteriormente la pericolosità degli indagati, gli inquirenti spiegano come uno di loro, consegnava dosi di cocaina all’interno della struttura sanitaria in cui un giovane tossicodipendente si trovava sottoposto alla misura di sicurezza della libertà vigilata e ricoverato in “doppia diagnosi” – si tratta di un regime di ricovero per pazienti affetti da disturbi psichiatrici dovuti all’abuso di sostanze stupefacenti.