Appello delle donne in rete: «La Calabria che non ci sta prenda posizione»

COSENZA – Parte dalle donne e con le donne il cambiamento della Calabria. Le Donne Calabresi in Rete sono un gruppo informale di donne che crede nella possibilità di cambiamento della Calabria. Vogliamo farci interpreti, come donne di differente pratica politica e provenienza,

del sentimento di chi in Calabria è stufo di una classe dirigente irresponsabile e di tutto il substrato culturale che l’ha resa possibile. «Pensiamo – si legge in una nota – che il cambiamento possa e debba partire proprio dalle donne, che per prime pagano lo scotto della crisi e di certi modelli culturali arretrati, che sembrano essere accettati sia nella sfera pubblica che in quella privata. Ma vogliamo, anche, dar voce a un’istanza comune e trasversale al genere, alla provenienza politica, all’età: un’istanza di onestà, responsabilità, competenza e lungimiranza politica, ad oggi assenti nella nostra terra. Ci preme sottolineare che non ci muove alcun interesse particolaristico, nessun tornaconto personale, nessuna pubblicità, nessuna etichetta. Ci proponiamo solo di lanciare un segnale sperando che venga raccolto da tante e da tanti. C’è una Calabria onesta e responsabile che è solo marginalmente rappresentata dalla politica calabrese: che è resa, di fatto, invisibile. Ma c’è. Essa è fatta di tante persone che ogni giorno si impegnano, che non sono assuefatte e alla possibilità di un vero riscatto ci credono davvero, e tuttavia sono schiacciate dal peso dell’“altra Calabria”: quella che detta legge, quella che è “rinviata a giudizio”, quella che porta un Comune nel baratro di un vertiginoso debito che dovrà essere pagato da chi non l’ha creato, quella che non riconosce i propri errori e che non si dimette pur avendo evidentemente fallito, quella che ha stravolto il concetto di politica fino a risolverlo nel suo opposto, quella che dà il voto in cambio del posto di lavoro, quella che promette il posto di lavoro in cambio del voto, quella che grazie agli “agganci” si fa strada in politica come nell’azienda, nell’istituzione come nel piccolo quotidiano. In questo contesto – continuano – il caso di Reggio Calabria è esemplare poiché con il commissariamento si è arrivati alla sanzione definitiva, benché già chiara da tempo, della condizione di degrado in cui versa questa terra. Crediamo che il commissariamento costituisca una importante cesura per la città di Reggio, ma che, per Reggio come per tutta la Calabria, tale rottura non possa essere affidata solo alle istituzioni. Tanto più che il commissariamento non ha, in concreto, coinvolto il governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti, che del “modello Reggio”, continuato organicamente dalla gestione di Arena, è precursore e ideatore. Scopelliti e la sua Giunta avrebbero dovuto dimettersi già da tempo, per gravi fatti di dubbia trasparenza, e la decisione di non farlo è un altro esempio del modello politico che contestiamo: buonsenso e responsabilità esigerebbero che ci si facesse da parte, senza continuare pervicacemente a rovinare in termini materiali – e anche di immagine – la Calabria. Non ci si deve aspettare che un deus ex machina possa, da solo, far rinascere la Calabria. Sono soprattutto le persone che devono dire basta alla mentalità e alle azioni individuali che hanno reso possibile che si sviluppasse questa classe dirigente, e il difficile momento che viviamo può essere l’occasione per farlo, tutte e tutti insieme, per rendere davvero profonda la transizione verso una Calabria migliore. Qualcuno ha evocato la democrazia contro il commissariamento. Crediamo che la democrazia non sia apporre una croce su un simbolo per conferire alla classe politica un mandato in bianco grazie al quale fare i propri interessi. Democrazia è responsabilità, con il fine sempre fermo del bene comune: la trasparenza ne è imprescindibile requisito, e le persone che vivono in Calabria devono farsene carico per prime, in modo esigente, coerente e netto. La Calabria che non ci piace, la Calabria che continua a paralizzare se stessa nel perverso circuito di particolarismi, parassitismo e malaffare a tutti i livelli del vivere sociale, non può e non deve continuare a detenere il monopolio della Calabria e di chi in Calabria vive. È allora urgente e necessario – evidenziano – per tutte le realtà positive che non ci stanno, fare rete, poiché l’isolamento indebolisce l’impatto politico di ogni presa di posizione. Le calabresi e i calabresi che si oppongono con forza all’ideologia e alla pratica della corruzione come altare collettivo sul quale sacrificare il presente e il futuro di una terra, devono essere le prime e i primi a prendere inequivoca posizione, per esprimere in modo netto il dissenso rispetto all’attuale modello culturale e politico improntato alla mancanza di trasparenza, alla spregiudicatezza politica, ai “chiudiamo un occhio” fatti propri da troppi. L’appello non si esaurisce nell’attacco a una singola personalità politica. Chiedere insieme le dimissioni dell’attuale classe politica è solo un aspetto, sia pure decisivo, di una radicale istanza di rinnovamento, che può partire solo da una presa di coscienza tradotta in azioni concrete da parte delle persone e dall’espressione netta e trasversale di questa. Esigiamo – continuano – il rispetto dei nostri diritti, senza barattarli. Consideriamo i nostri diritti per quelli che sono: diritti, e non favori. Monitoriamo, insieme, la politica; alziamo la voce quando sbaglia; ribadendo che con la Calabria e con le nostre vite non si può continuare a giocare e che non si può far pagare in eterno alla collettività lo scotto di scelte miopi ed autoreferenziali. Diciamo no alla Calabria dei favori, per costruire la Calabria dei diritti. Togliamo il monopolio politico ma anche mediatico ai miopi apologeti dello status quo. Vigiliamo e arrabbiamoci, costruttivamente, insieme, perché questa storia finisca!. Diffidiamo da ogni disfattismo e dai soliti “tanto si sa come vanno le cose”. Crediamo e auspichiamo concretamente che sia possibile, per la Calabria onesta, unirsi, dare un segnale forte, produrre degli effetti. Soprattutto, crediamo che crederci sia il primo passo per ogni evoluzione positiva. La Calabria così com’è oggi non è eterna: si può cambiare. Basta volerlo. E farlo. Il 9 novembre a Reggio Calabria, davanti al Consiglio Regionale, diciamo insieme no a Scopelliti e a questa classe dirigente, no all’irresponsabilità e al malaffare nei luoghi della politica, no al baratto dei diritti con i favori».

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