Ex Legnochimica di Rende, incendi e tumori terrorizzano da anni i residenti

Oggi un cittadino ha depositato l’atto in cui si descrivono i ‘veleni’ che provocano danni alla salute e il fenomeno dell’autocombustione

 

COSENZA – Quattro indagati per omessa bonifica e disastro ambientale. Si tratta del sindaco di Rende Marcello Manna, dell’ex assessore all’Ambiente del Comune di Rende Francesco D’Ippolito, di Francesco Azzato responsabile dell’ufficio tecnico comunale settore ambiente e di Pasquale Bilotta ex liquidatore della società Legnochimica srl per i quali è stato già chiesto il rinvio a giudizio. Sulla loro posizione il gup Piero Santese si esprimerà nel mese di marzo decidendo se saranno processati o meno e se l’ex assessore D’Ippolito potrà essere giudicato con rito abbreviato. Intanto stamattina sono state accolte le richieste di costituzione di parte civile di Legambiente Calabria Onlus, di GF Car – GF Motors che ha subito nell’ultimo incendio ingenti danni e di due cittadini cui pozzi sono stati posti sotto sequestro a causa dell’inquinamento delle acque: Mena Iorio (rappresentata dagli avvocati Pasquale Filippelli e Valentino Ferro) e Antonio Morrone.

 

Quest’ultimo difeso da Giovanni Carlo Tenuta, avvocato noto per la battaglia ambientalista che portò alla chiusura dell’inceneritore di Montalto Uffugo, già nel marzo del 2017 aveva depositato un atto in cui lamentava i timori per la convivenza con il dismesso sito industriale. Paure dettate dal fatto che “nella zona – si legge nell’atto di costituzione parte civile vergato dall’avvocato Tenuta – sono in costante aumento i tumori ed altre patologie correlate a situazioni di inquinamento dell’aria e dell’acqua. Anche adesso che l’attività è cessata continuano ad avvertirsi (specie quando spira il vento) nauseabondi ed ammorbanti odori.  I tetti e le pareti (circa 18mila metri quadri, un’area più ampia di due campi di calcio ndr) erano in eternit che determina l’insorgenza di malattie lungo-latenti e sono stati rimossi (solo dopo un incendio che li ha distrutti ndr). Per produrre energia elettrica dal 1969 al 1976 esisteva una centrale termo elettrica alimentata con oli minerali i cui fumi non venivano abbattuti e le cui scorie, comprese le ceneri, venivano abbancate nei piazzali, seppellite nei terreni o affogate nei laghetti”. 

 

Le preoccupazioni del cittadino sarebbero poi aumentate dopo la visione di alcune analisi su acque e terreni in cui è stata documentata la presenza oltre le soglie di contaminazione consentite dalla legge di metalli pesanti quali alluminio, manganese, ferro, cromo, nichel, arsenico e piombo. In più “tra i composti volatili – scrive l’avvocato Tenuta – figuravano: il clorometano, altamente infiammabile che può provocare il cancro; il dicloretilene, altamente infiammabile, il quale si decompone per riscaldamento sotto l’influenza dell’aria, della luce e dell’umidità, produce cloroacetilene tossico che si infiamma spontaneamente a contatto con l’aria il cui vapore è più pesante dell’aria e può spostarsi raso terra, per cui è possibile un incendio a distanza (la presenza di tale sostanza potrebbe essere la causa di vari incendi sviluppatisi spontaneamente nei laghetti della legnochimica); il triclorometano e il diclorometano i quali provocano danni al fegato, ai reni, al sistema nervoso centrale e sono considerati cancerogeni”.

 

Nell’atto viene inoltre ricordato come nella relazione stilata dagli ingegneri della Legnochimica veniva dichiarato che per realizzare i pannelli di compensato si era soliti usare ammoni, bisolfato, versene, soda caustica, acido assalico, formaldeide e paraffina, sostanze altamente cancerogene che si diffondono nell’aria per dispersione. Paure che avrebbero trovato conferma nell’ordinanza dello stesso sindaco Marcello Manna del giugno 2017 con cui a seguito dell’ennesimo incendio divampato in contrada Lecco era stato disposto il “divieto di esposizione diretta ai fumi, di esposizione di alimenti e indumenti ai fumi; il divieto di raccolta e consumo di prodotti ortofrutticoli coltivati ed esposti ai fumi; il divieto di pascolo degli animali nelle aree esposte ai fumi; il divieto di utilizzo di foraggi e cereali per alimentazione animale provenienti dall’area interessata”. La pubblica accusa rappresentata dal Procuratore Aggiunto Marisa Manzini e dal Sostituto Procuratore della Repubblica Antonio Bruno Tridico ha infine oggi depositato la relazione sulla ‘storia economica’ di Legnochimica redatta dal curatore fallimentare dell’ex Legnochimica Giovanni Imberti e il verbale contenente le dichiarazioni rese nello scorso dicembre.

 

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