Omicidio Indrieri: in manette i killer Scalora e Scorza

COSENZA – «Oggi siamo qui per festeggiare la vittoria dello Stato, scrivendo una pagina di Giustizia e Legalità». E’ così che i vertici di polizia, carabinieri e prefettura, (questore Alfredo Anzalone, colonnello Francesco Ferace e prefetto Raffaele Cannizzaro, ndr) hanno aperto la conferenza stampa, convocata nella sala conferenza dell’Ufficio del Governo, per l’arresto

di Salvatore Francesco Scorza alias “Vincenzo” di 30 anni e Domenico Scalora di 26, entrambi pluripregiudicati e, ritenuti dagli inquirenti, spietati bracci armati del clan dominante sul territorio, fermati con la pesantissima accusa di essere gli esecutori materiali dell’efferato duplice omicidio di Rossellina e Barbara Indrieri, barbaramente uccise, il 16 febbraio del 2011. Alla conferenza stampa hanno preso parte anche l’intero pool antimafia della Dda di Catanzaro, diretto dal procuratore capo Vincenzo Lombardo, e il procuratore capo della Repubblica di Castrovillari, Franco Giacomantonio. Anche loro, nei loro rispettivi ed accorati interventi hanno esaltato la vittoia dello stato, una vittoria figlia del sinergico e stretto rapporto tra forze dell’ordine e magistratura, sia essa distrettuale che territoriale. Entrambi i procuratori hanno sottolineato le difficoltà ambientali in cui sono stati costretti a lavorare per ricostruire questo mosaico. Difficoltà legate, non solo e non tanto ad una chiara matrice ‘ndranghetista nell’esecuzione brutale dei delitti, quanto, soprattutto, per squarciare il velo, anzi il muro, di silenzio ed omertà eretto, anche dagli stessi inquilini di quel palazzo, dove s’era consumata la tragedia. Un silenzio legato alla paura di fare un nome, quello di Franco Presta: spietato pluripregiudicato e seminatore di morte e paura. Nel suo intervento, inoltre, Lombardo e il suo aggiunto Giuseppe Borrelli, hanno evidenziato come «un trigesimo si sia ricordato, con un nuovo efferato delitto, brutale, spietato, inconcepibile,, attuato con fredda ferocia». Un omicidio preparato, studiato con cura e portato a termine con un solo obiettivo: vendicare la morte del figlio del boss. «Le immagini di quel massacro – hanno evidenziato gli inquirenti – hanno segnato una pagina nera per la Calabria, una raffigurazione drammamtica che ha spaventato l’Italia intera». Non è facile, infatti, cancellare dalla memoria i tanti frame di quell’orrore. L’immagine agghiacciante della ventiseienne Barbara De Marco ormai esanime che penzolava dal balcone dopo l’inutile tentativo di fuga, aveva fatto il giro d’Italia. Era il fotogramma più “angosciante” di una strage feroce, nella quale perse la vita anche la mamma di Barbara, Rosellina Indrieri, 45 anni, mentre rimase ferito il fratello della giovane, Silas, che ebbe la prontezza di farsi credere morto e riuscì a scampare. Proprio grazie alla sua testimonianza, sono caduti oggi nella rete delle forze dell’ordine gli esecutori materiali di quella mattanza: si tratta di Domenico Scarola, di 26 anni di Cosenza, e Salvatore Francesco Scorza detto Vincenzo, 30 anni di Tarsia. Quest’ultimo è figlio di Costantino Scorza implicato nell’operazione Twister contro le cosche locali. Le indagini che hanno portato ai due fermi sono state condotte dai carabinieri della Compagnia di San Marco Argentano e dagli agenti della Squadra mobile della Questura di Cosenza, coordinati dal pm della Dda di Catanzaro Vincenzo Luberto. Il loro obiettivo, in quella notte del 16 febbraio 2011 era sterminare l’intera famiglia De Marco. Oltre a Silas, 24 anni, scampò però anche il capofamiglia, Gaetano, che era ubriaco e si era addormentato per terra in un’altra stanza. Proprio Gaetano era il fratello di Aldo De Marco, un commerciante che il 17 gennaio precedente, a Spezzano Albanese, aveva ucciso a colpi di pistola Domenico Presta, di 22 anni, figlio del boss latitante Franco, al termine di un diverbio a causa di un parcheggio. Aldo De Marco si costituì subito ai carabinieri di Spezzano Albanese spiegando che non voleva uccidere il ragazzo ma solo spaventarlo: qualche mesi fa è stato condannato a 24 anni di reclusione per il delitto. L’omicidio del figlio del boss ha però scatenato una faida di tipo mafioso. E a farne le spese è stata proprio la famiglia del fratello di Aldo. Per Silas è stato disposto un programma di protezione mentre Gaetano De Marco rimase a San Lorenzo e la mattina del 7 aprile mentre si trovava nella sua auto si vide piovere addosso l’intero caricatore di una pistola. I killer avevano aggiunto un altro tassello alla loro scia di sangue. E’ toccato all’unico superstite, Silas, farli finire in manette. Il supertestimone ha deciso di aiutare gli inquirenti solo dopo la cattura di Franco Presta. Nel frattempo, il 12 aprile scorso, anche un altro protagonista della vicenda, il capocosca Franco Presta era finito in manette dopo una lunga latitanza. Scarola e Scorza, secondo gli investigatori, sono legati alla cosca che fa capo a lui ed è collegata ai Lanzino di Cosenza. Ed in particolare, i due killer erano vicini proprio a Domenico, il giovane ucciso da Aldo De Marco in quel giorno del gennaio 2011 che rovinò per sempre due famiglie e diede inizio a questa sanguinosa faida. 

Alcuni momenti della conferenza stampa congiunta

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