Caso Bergamini, testimonia Giuseppe Milicchio: «tra giornalisti si parlò da subito di omicidio»

«Il pm Abbate fu subito netto nel dire che si trattasse di suicidio. Sembrò strano: perché siete così sicuri? perché non fate l'autopsia a Denis?»

COSENZA – Trentacinquesima udienza del processo che mira a far luce sulla morte dell’ex calciatore del Cosenza calcio Denis Bergamini, avvenuta a Roseto Capo Spulico il 18 novembre 1989. Stamattina, in Corte d’Assise a Cosenza, era presente l’unica imputata per la morte del calciatore rossoblu Isabella Internò accusata di omicidio pluriaggravato e premeditato con l’aggravante dei futili motivi. Chiamato a testimoniare, il giornalista sportivo, Giuseppe Milicchio, all’epoca dei fatti addetto alla stampa per il Cosenza Calcio.

“Ero presente durante l’intervista al pm Ottavio Abbate, avvenuta tre/quattro giorni dopo la tragica morte di Denis, nella sede Rai che in quegli anni si trovava in via Montesanto. Abbate – racconta Milicchio – fu subito netto nel dire che si trattasse di suicidio“. Il teste spiega alla corte come questo fu, tra i colleghi, motivo di discussione: “perché siete così sicuri? perché non fate l’autopsia? “. Il giornalista ricorda che l’allora pm di Castrovillari a queste domande rispose con un secco: “No! non c’è bisogno.  Sono chiare le prime versioni – raccolte sul posto – della Internò e del camionista (Pisano n.d.r)”. Ritornando all’intervista (telefonica), il teste riferisce anche l’atteggiamento “nervoso” del Pm. “Abbate parlò di 40-45 metri di trascinamento del corpo”.

“Nessun segno di frenata”

Il giornalista sportivo racconta che, insospettito da quell’intervista, giorni dopo, ripercorse con un collega e munito di telecamera, il tratto di strada dove venne trovato il corpo, esamine, del giocatore. “Quando arrivai sul luogo, per capire la dinamica dell’incidente, la convinzione che non si trattasse di suicidio prendeva sempre più piede. Non notai alcun segno di frenata o strisciamento di ruote. C’era solo una chiazza di sangue e sabbia. Lì capì che l’ipotesi del suicidio non era assolutamente possibile. Durante le riprese una pattuglia dei carabinieri si fermò e ci proibì di continuare il lavoro. Noi girammo di nascosto posizionando la telecamera fuori dallo sportello. Nel tragitto, percorso al contrario, prima di arrivare al famoso bar, ci accorgemmo di un cartello, che indicava la stazione dei carabinieri. Mi sembrò strano. Come mai la ragazza – Isabella Internò (n.d.r.) – non raggiunse la caserma per telefonare? eppure, era indicata. Con i colleghi, fin da subito, si pensò all’omicidio volontario”.

“Da lì a poco ebbi un brutto incidente e non mi occupai più dell’inchiesta Bergamini. L’anno dopo la stagione calcistica continuò e di Denis non si parlò più“.

Il viso di Denis non aveva nemmeno un graffio

“Non ho visto personalmente il corpo di Bergamini. Ma altri colleghi si. Dissero – continua il racconto Milicchio – che il viso di Denis era pulito. Non aveva nulla”. Il teste spiega come questo dettaglio del volto, completamente “integro”, suscitò tra i colleghi qualche domanda: “un corpo che viene trascinato per 40 metri come fa a non avere nemmeno un segno in faccia? fin da subito, questo particolare, ci sembrò strano. Come la storia della droga. In quel gruppo non c’era giro di droga”.

Il processo si aggiorna al prossimo 24 febbraio.

 

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