Caso Bergamini, Lamacchia: «mi dissero che dal cinema Denis andò via con la Internò e 2 uomini»

Lamacchia: «con indagini più precise anche il Cosenza Calcio avrebbe potuto muoversi diversamente per far uscire la verità»

COSENZA – Dopo la trasferta bolognese, questa mattina la Corte è tornata a Cosenza per il processo che mira a far luce sulla morte dell’ex calciatore del CosenzaDonato Bergamini, avvenuto il 18 novembre 1989 a Roseto Capo Spulico. Assente in aula l’unica imputata Isabella Internò, accusata di concorso in omicidio aggravato dalla premeditazione e dai motivi futili. Presente invece Donata Bergamini, la sorella dell’amato calciatore rossoblu.

“Denis era un grande professionista, dalla spiccata umanità. Un giovane tranquillo, molto riservato ed umile. Non era lo ‘spaccone’ del gruppo”. Bergamini viene descritto così dall’unico teste audito all’udienza odierna, in Corte d’Assise, l’ingegnere Bonaventura Lamacchia che nel 1989 era l’amministratore delegato del Cosenza calcio per poi diventare, nel 1991 il presidente della società calcistica.

La tragica notte

Lamacchia racconta alla corte che la sera del 18 novembre la squadra e il resto del team si trovava al Motel Agip, una routine prima delle partite in casa. “Arrivò una telefonata. Franco Pizzini disse che Bergamini aveva avuto un incidente così, insieme a Ranzani ci precipitammo a Roseto Capo Spulico. In un primo momento la versione del suicidio ci sembrava l’unica ipotesi, non pensavamo ad altro anche perchè – continua il teste – non si parlava d’altro. Dopo lo shock iniziale, passati alcuni giorni e grazie ai compagni di squadra più vicini a Denis, divenne sempre più impossibile pensare che Bergamini avesse potuto compiere l’estremo gesto. Altri giocatori (che frequentavano meno Denis ndr) rimasero invece convinti del suicidio”.

“Mi convinsi ancora di più dell’assurdità del suicidio – continua il racconto Lamacchia – quando andammo con il presidente Antonio Serra ad Argenta, a casa della famiglia Bergamini per consegnare loro, gli assegni degli stipendi arretrati del ragazzo. La famiglia non credeva assolutamente all’ipotesi del suicidio. Per loro non è mai stata una possibilità. Invece, già a quel tempo, erano molto scettici sulla persona di Isabella Internò. Pensandoci mi sono chiesto: ‘uno va al cinema a guardare un film poi scappa per andarsi a suicidare?’ Non credo. Probabilmente – continua Lamacchia – con indagini più precise e chiare, anche noi come società (Cosenza Calcio), ci saremmo potuti muovere diversamente. Con la sentenza del 1991, dove si è accertato il suicidio, è venuta meno anche la polizza assicurativa sulla morte del giocatore“.

“Denis doveva andare a giocare al Parma” 

Se Denis fosse andato via, non sarebbe morto“. Lamacchia confessa alla giuria del suo rimpianto per la trattativa sfumata con il Parma. “Non ho partecipato direttamente alla trattativa. In una prima fase si diceva che fosse stato Denis a rifiutare il trasferimento; poi mi dissero che fu la stessa società emiliana a tirarsi indietro. Solo dopo anni Pastorello mi spiegò che fu l’allenatore Nevio Scala a bloccare l’ingaggio di Bergamini. Convincendolo a restare ‘il campione del Cosenza Calcio’ e non un giocatore da panchina”.

“Da quel cinema Denis andò via con la Internò e due uomini”

Prima della morte di Bergamini, Lamacchia sostiene in aula di non sapere del rapporto che c’era tra Denis e Isabella Internò. “Lei me l’hanno indicata durante il funerale e mi hanno detto che era la fidanzata». Arriva così il momento di svolta dell’udienza di oggi. 

In una precedente dichiarazione, alla Procura di Castrovillari, Lamacchia aveva raccontato di un incontro con l’ex magazziniere del Cosenza: tale Renato Madia, oggi defunto. Quest’ultimo – ascoltato all’epoca dei fatti dalla procura di Castrovillari – raccontò di aver appreso dalla maschera del cinema Garden (il parcheggiatore ndr) che Denis, il sabato del 18 novembre del 1989, era stato prelevato da due uomini e da Isabella Internò. Dichiarazioni che Lamacchia conferma anche oggi in aula. “Renato Madia mi ha detto – lo dico con il beneficio del dubbio, però è un elemento sul quale poggerei particolare attenzione – che una maschera gli aveva raccontato di aver chiamato Bergamini perchè fuori (dal cinema Garden ndr) c’era Isabella Internò e un suo congiunto che lo aspettavano. Questa potrebbe essere – continua Lamacchia – una vera svolta, perchè se accerti che è vero è un elemento che testimonia la presenza, quel giorno, di altre persone con l’imputata numero uno di questo processo: Isabella Internò“.

Sono state poi acquisite le sit (sommarie informazioni testimoniali) di Francesco Arcuri, cugino acquisito di Isabella Internò. Si tornerà in aula il 16 giugno.

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