Caso Bergamini, depone e smentisce altri due testi: ‘Denis era poggiato all’auto’

In aula il titolare del bar nel quale la Internò si recò a telefonare dopo la tragedia e Franca Valerio che smentisce la testimonianza del cognato e della sorella

COSENZA – Trentaquattresima udienza del processo che mira a far luce sulla morte dell’ex calciatore del Cosenza calcio Denis Bergamini, avvenuta a Roseto Capo Spulico il 18 novembre 1989. Stamattina, in Corte d’Assise a Cosenza, era assente l’unica imputata per la morte del calciatore rossoblu Isabella Internò accusata di omicidio pluriaggravato e premeditato con l’aggravante dei futili motivi. Chiamati a testimoniare, Franca Giovanna Valerio e Mario Infantino ma prima delle loro dichiarazioni sono state acquisite le sommarie infomazioni di Salvatore De Paola e Luigi Putignano, i barellieri che prelevarono il corpo di Bergamini per portarlo in obitorio.

La Valerio, sorella di Antonietta e cognata di Rocco Napoli, smonta in aula la versione dei due coniugi. I tre si trovavano, a bordo del furgone guidato da Napoli, lungo la 106 a Roseto poco prima del ritrovamento del corpo, senza vita, di Denis. Secondo la teste Bergamini era poggiato, con le braccia conserte, alla Maserati. Mentre ‘una donna bionda’ (Isabella Internò n.d.r.) sedeva nella vettura, lato guida, con la mano sulla fronte. Per la Valerio, inoltre, non ci sarebbe stata nessuna “sterzata brusca”. Per lei Denis non era sul ciglio della strada. Una testimonianza che risulta totalmente diversa da quella raccontata da Napoli e dall’ex moglie alla corte qualche udienza fa. Dichiarazione contestata anche dal pm Luca Primicerio dove la donna descrive Bergamini fermo e poggiato sull’automobile e non in movimento sul ciglio della strada come dichiarato dalla teste alla procura di Castrovillari nel 2013. “Ne sono certa che il ragazzo fosse fermo. Ho saputo dell’incidente il giorno dopo – continua Valerio -.  E’ stata mia sorella a dirmi che quel ragazzo, visto il giorno prima a Roseto, era un calciatore del Cosenza. Ed era morto“.

Il secondo testimone è Mario Infantino, titolare del bar dove la Internò venne accompagnata da Panunzio per fare delle telefonate subito dopo la tragedia. “Quella ragazzina entrò nel mio locale in lacrime. Le diedi una diecina di gettoni per il telefono. Ma non so chi contattò”. L’avvocato Anselmo – legale della famiglia Bergamini – ha chiesto poi alla corte di audire il figlio del titolare, Ciro Infantino, all’epoca diciassettenne. La richiesta del legale nasce da una confidenza che due sottoufficiali di pg raccolgono, al giovane Infantino, quella sera. Ciro avrebbe sentito Isabella Internò dire: “è morto, ma la macchina l’ha lasciata a me”. I giudici però hanno rigettato la richiesta di Anselmo. Mario Infantino, profondamente segnato dalla vecchiaia, ha rilasciato una testimonianza confusa e poco comprensibile. Per questo la Corte ha deciso di acquisire i verbali resi dall’uomo negli anni precedenti.

Si torna in aula il 2 febbraio.

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