COSENZA – Prima udienza del 2023 oggi al tribunale di Cosenza per il processo che mira a far luce sulla morte dell’ex calciatore del Cosenza calcio Donato Bergamini, avvenuta a Roseto Capo Spulico il 18 novembre 1989. Stamattina, alla 32esima udienza, era assente l’unica imputata per la morte del calciatore rossoblu Isabella Internò, accusata di omicidio pluriaggravato e premeditato con l’aggravante dei futili motivi. Quattro i teste ascoltati in aula: Berardino Rinaldi, Rocco Napoli, Anna Napoli e Antonietta Valerio.
“Ho avuto l’impressione che Bergamini chiedesse aiuto”
“Stavo andando a Rocca Imperiale per fare la dimostrazione di un robot da cucina quando, subito dopo la curva, vedo una Golf bianca venirmi addosso per non investire un uomo che si trovava in mezzo alla carreggiata”. Inizia così il racconto dell’automobilista Rinaldi che quel pomeriggio dell’89 (prima delle ore 17) si trovava sulla strada che da lì a poco avrebbe visto la morte di Denis. “L’uomo agitando le braccia – continua il teste – cercava di fermare le macchine. Ho avuto l’impressione che chiedesse aiuto“. Rinaldi descrive quel giovane, che solo in un secondo momento identifica come Bergamini, con il volto rivolto verso Taranto. L’automobilista parla alla corte anche di una macchina ferma nella piazzola di sosta, dalla parte opposta a dove si trovava il calciatore, posizionata in maniera perpendicolare rispetto alla strada. Il testimone, però, non ricorda il colore esatto dell’autovettura ma “sicuramente non era bianca” con all’interno la presenza di “una sagoma” che, anche in questo caso, non riesce ad identificare. Rinaldi confessa di essere da sempre convinto che si tratti di una disgrazia e non di suicidio. La corte ha acquisito poi una serie di messaggi che pare i figli dell’automobilista abbiano scambiato, dopo una partita nel 2014, con Donata Bergamini.
Il secondo testimone di giornata è Rocco Napoli, un altro automobilista in transito in quel giorno di novembre. Napoli presentò la sua testimonianza pochi giorni dopo la morte di Bergamini. “Piovigginava quel pomeriggio ma già in lontananza vidi una macchina ferma nella piazzola. Poco prima c’era un ragazzo che camminava sul ciglio della strada. Di lui, ricordo gli occhi: erano assenti come se fossero persi”. Sono questi i primi ricordi che Napoli racconta alla corte. “Ho sterzato bruscamente – continua il teste – e ricordo di aver detto ‘questo è pazzo. Per poco lo ammazzavo’. Se non avessi fatto quella manovra sicuramente lo avrei investito. Ho poi rallentato arrivando vicino alla piazzola di sosta dove c’era parcheggiata una Maserati bianca con all’interno una donna”. L’automobilista non riconosce sul momento il giocatore del Cosenza calcio ma suppone sia lui dopo aver saputo della sua morte.
L’udienza continua con la testimonianza della cugina di Rocco Napoli, Anna Napoli avvocatessa. Fu lei a convincere “per amore di giustizia” il cugino a denunciare i fatti ai carabinieri. “Mi raccontò tutto la sera stessa o la mattina seguente. Prima del 2008 – anno in cui sono iniziati “diversi” problemi con la giustizia – Rocco è sempre stato un bravo ragazzo, commerciante di frutta e verdura” dice l’avvocato e successivamente anche la moglie Antonietta Valerio. Proprio su quest’ultima e sul marito la corte ha sollevato non poche obiezioni sull’attendibilità dei loro racconti poiché alcune delle dichiarazioni non coincidono con quelle rilasciate negli anni passati.
L’udienza si aggiorna il 12 gennaio.