Il camionista conferma il suicidio di Denis ma si contraddice. Per l’accusa è falsa testimonianza

Pisano: con uno 'scatto di reni' si è buttato sotto il camion'. Un altro testimone «una donna gridava. Due uomini l'hanno portata via»

COSENZA – Udienza cruciale – forse una tra le più importanti – quella di oggi in Corte d’Assise a Cosenza per far luce sulla morte dell’ex calciatore del Cosenza, Denis Bergamini, avvenuta il 18 novembre del 1989 a Roseto Capo Spulico lungo la statale 106 Jonica. Al banco dei testimoni è stato audito, per primo, il camionista di Rosarno: Raffaele Pisano, l’uomo che con il suo camion ha investito il giocatore. Per l’accusa quando era già morto, per la difesa fu invece Denis a lanciarsi sotto il mezzo, suicidandosi.

“Quella sera sono partito da Rosarno per andare al Nord. A pochi chilometri dal luogo del “fatto” sono stato fermato dai carabinieri che hanno controllato tutto. Ero in regola e ho continuato la marcia.  Arrivo vicino alla piazzola di sosta – spiega Pisano – e vedo una macchina ferma, con il muso verso Taranto. Di fianco un uomo esile. Tra me e me mi sono chiesto cosa stesse facendo ed ho ipotizzato che avesse bucato una ruota o dovesse fare pipì. L’uomo (Bergamini n.d.r.) mi ha puntato e con uno ‘scatto di reni‘ si è buttato sotto il camion: come un calciatore che corre. Ha fatto il suicidio”. Sulla ragazza (Isabella Internò n.d.r.) Pisano riferisce che subito dopo l’impatto la donna ha bussato allo sportello dicendo: ‘Dio mio, mi ha detto se non mi segui in Grecia ti faccio un ricordo per sempre‘.

“La giovane – continua il camionista – era molto agitata, chiedeva di raggiungere Cosenza e chiamare il mister. Le ho consigliato di aspettare per la deposizione. Poi non l’ho più vista”.

Le contraddizioni del camionista

In aula il procuratore capo Alessandro D’Alessio e il PM Luca Primicerio fanno notare alla corte il forte contrasto tra le dichiarazioni che il camionista ha rilasciato nel corso degli anni: da quella subito dopo la morte del centrocampista, a quella di 20 giorni dopo la tragedia. E ancora, quella del 1991 fino ad arrivare alla più recente nel 2011: tutte diverse le une dalle altre. Le domande vengono ripetute più di una volta considerando le difficoltà dell’85enne. “Sono analfabeta, ho la seconda elementare – commenta il camionista –  buttarsi, tuffarsi, non so spiegarlo. Lui così ha fatto. L’ho preso con il paraurti anteriore, alla spalla e poi è andato sotto”.

Correva come se si buttasse al mare. L’ho trascinato per circa 8-9 metri. Il rumore dell’impatto ancora lo ricordo”. I metri. Un altro punto su cui sia il capo procuratore, il Pm che l’avvocato Anselmo – legale della famiglia Bergamini – si sono soffermati facendo notare, anche qui, la discordanza con le passate testimonianze. Altro nodo “confuso” è la retromarcia. In aula Pisano afferma di averla subito compiuta: “perché volevo salvargli la vita e portarlo in ospedale”. Ma, in passato, ha più volte cambiato versione. Come nel 1989 quando disse di aver fatto subito retromarcia – in linea con la testimonianza odierna -. Poi dopo 20 giorni dalla tragedia, davanti al Pm Abbate, ritrattò e disse che la retromarcia l’aveva compita dopo qualche minuto, poi dopo mezz’ora. L’avvocato Anselmo, al termine del suo intervento, ha chiesto la trasmissione degli atti alla procura della Repubblica di Cosenza per falsa testimonianza e calunnia. L’attenzione, infine, si è spostata sui due incontri con i carabinieri che hanno fermato Pisano. “Erano gli stessi che poi sono arrivati sul posto dopo la tragedia? ha chiesto Anselmo al teste. “Si, erano gli stessi”. Nessuna domanda, invece, della difesa.

Forte: Pisano ripeteva ‘non l’ho visto, non l’ho colpito, era già a terra’

Secondo testimone di giornata è Francesco Forte, autista del camion che la sera del 18 novembre 1989 si trovava dietro il tir di Pisano. “Sono sceso dal camion perché eravamo tutti fermi. Volevo capire cosa fosse successo. Ho camminato per qualche metro fino a quando non ho inciampato in qualcosa. Erano le gambe di Bergamini. Pisano, al mio arrivo, era ancora sul camion in stato di shock”. Forte confessa alla corte che l’autista ripeteva: “non l’ho visto, non l’ho visto, non l’ho colpito, era già a terra”. Frase che conferma le sue dichiarazioni del 2014 davanti al Pm di Castrovillari.

“Dal lato opposto della strada in direzione Sud – continua il racconto –  c’era una donna (che il teste non ha identificato) che urlava disperata. Ma non era da sola”. Forte ricorda che era in compagnia di due uomini. “Piangeva e urlava così forte che ho chiesto ‘siete suoi parenti? No! – mi ha risposto uno dei due. Poi l’hanno caricata di forza su un’auto scura e sono ripartiti verso Cosenza”.

Il processo si aggiorna il 30 novembre. Ci sarà Michele Padovano.

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