Dottoressa morta in ospedale, depositata superperizia: “gravi omissioni”

Il medico morì a distanza di un mese dal ricovero in ospedale. Depositata la superperizia del tribunale di Cosenza: gravi omissioni diagnostiche e assistenziali da parte dei sanitari dell’Ospedale dell’Annunziata

COSENZA – Confermate le ipotesi di gravi responsabilità diagnostiche ed assistenziali in capo ai sanitari dell’Ospedale di Cosenza che ebbero in cura per oltre un mese Giovanna (il nome è di fantasia), medico di 44 anni in servizio presso l’Asp di Cosenza che si era rivolta al Pronto Soccorso dell’Annunziata nell’aprile del 2017 per un gonfiore al piede (linfedema) per poi essere inviata per le gestione della patologia al servizio di dermatologia dello stesso ospedale dal quale venne dimessa subito dopo essere stata sottoposta ad una veloce visita ambulatoriale. La giovane dottoressa infatti, era afflitta da forti dolori al piede accompagnati da una secrezione e nonostante ciò non fu ricoverata ma inviata a domicilio.

Il giorno seguente una collega del medico presente alle sofferenze patite dall’amica, in quel momento degente in casa, chiamò il 118, poiché le condizioni erano notevolmente peggiorate. Finalmente la 44enne fu ricoverata in ospedale dietro le forti insistenze dell’amica, anche questa medico, e dei sanitari del 118 che constatata la gravità della situazione rappresentarono a chi in quel momento era di turno in ospedale che, se non fosse intervenuto il ricovero, sarebbero stati interessati della vicenda i carabinieri.

Solo dopo tale rimostranza ferma, avanzata dall’amica medico, la donna finalmente fu ricoverata quasi in modo coatto. I periti del Tribunale di Cosenza hanno confermato le gravi responsabilità indicate dai Consulenti dell’Avv. Massimiliano Coppa, esperto in colpa medica in ambito nazionale, i prof. Vincenzo Pascali, Ordinario di Medicina Legale nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – Policlinico Gemelli e Prof. Massimo Fantoni, Responsabile Unità di Consulenza Infettivologica Coordinatore Antibiotic Stewardship Team Istituto di Clinica delle Malattie Infettive del Policlinico Gemelli Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma che qualificarono come altamente difettuale ed omissiva la condotta dei sanitari che ebbero in cura la dottoressa che si era rivolta al nosocomio cosentino.

L'avv. Massimiliano Coppa
L’avv. Massimiliano Coppa

Scrivono infatti i Periti che durante un periodo di un mese di degenza della paziente presso l’Ospedale di Cosenza, emergono diversi errori: “di condotta del Medico di Pronto Soccorso che al primo accesso della paziente invece di procedere al ricovero ospedaliero la dimise, ritardando l’avvio della terapia idonea e l’assistenza in ambiente ospedaliero e di altri sanitari per la sottovalutazione dello stato locale degli arti inferiori e della sua evoluzione”.

“Emerge pure una infezione da Morganella Morgani – Serratia Marcescens- Enterococcus Faecalis, che non fu trattata e risulta pure omessa la rivalutazione della consulenza chirurgica e la ripetizione dei tamponi delle ferite al fine di valutare l’efficacia del trattamento intrapreso e non venne chiesta con carattere d’urgenza”. E ancora “un sospetto di osteomielite per il quale non venne avviato il percorso diagnostico. Quando il Chirurgo pose indicazione alla terapia iperbarica non venne attuata. Quando il 29 giugno l’Infettivologo pose diagnosi di fascite necrotizzante non venne posta indicazione alla fasciotomia d’urgenza. Si ritiene che il 29 giugno fosse indicato procedere a detersione chirurgica con asportazione di tessuto necrotico, sbrigliamento dei recessi, fasciotomia. Nulla di tutto ciò venne effettuato. Solo il 1 luglio venne consultato l’Ortopedico nell’ipotesi di una amputazione. La condotta dei sanitari chiamati in consulenza dal 29 giugno fino all’exitus, appare censurabile ed idonea ad introdurre profili di responsabilità per negligenza, imprudenza ed imperizia”.

“Paradossalmente con il paziente in stato di shock settico con lieve acidosi metabolica, i sanitari stabilirono di soprassedere all’intervento chirurgico (non operabilità della paziente). La condotta appare incoerente e connotata da un rinvio della decisione operatoria da un consulente all’altro in attesa dell’exitus in paziente con un quadro clinico di urgenza chirurgica indifferibile…”.

Una storia triste e dolorosa che durò ancora un mese. Fu la stessa dottoressa, avendo le competenze mediche, a richiedere l’amputazione dell’arto ai suoi colleghi per salvarsi la vita, considerato che la stessa conosceva bene gli effetti che quella patologia da tempo non diagnosticata avrebbe potuto avere sulla propria salute e vita, ma nonostante ciò, tutto questo non fu mai effettuato. Oggi non rimane ai familiari che l’amarezza di aver perso la loro congiunta per grossolane omissioni e difettuali falle assistenziali della sanità pubblica alla quale la stessa dottoressa si era affidata facendo parte del sistema sanità, pur potendosi concretamente salvare.

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