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L’Italia non è un paese per giovani: sono più poveri dei loro nonni. In Calabria l’unica possibilità è la fuga

Calabria

L’Italia non è un paese per giovani: sono più poveri dei loro nonni. In Calabria l’unica possibilità è la fuga

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Censis, cinquantesimo Rapporto Annuale sulla situazione del Paese: giovani sempre più poveri, con lavori a basso costo. In Calabria la loro unica possibilità è quella di fare le valige e partire

ITALIA – Un’Italia bloccata, ripiegata su se stessa, involuta e ancorata ad un passato lontano. Un paese che può vivere solo di rendita, o meglio, può aggrapparsi solo a questa; ma prima o poi – purtroppo – scomparirà anche tale appiglio. Questo è il triste e, per alcuni versi inquietante, quadro del Censis nel cinquantesimo Rapporto Annuale sulla situazione del Paese.

no_paese_giovaniUn Paese che risulta custodire una montagna di risparmi, dal 2007 ad oggi gli italiani hanno accumulato 114 miliardi di euro di liquidità aggiuntiva, ma non li spende per paura. Li conserva, data la forte e continua crisi, nella prospettiva di tempi ancora più bui. Tale ‘ricchezza’ messa da parte negli anni, nel corso di vite vissute, sta nelle mani degli anziani.

I giovani, al contrario, non hanno nulla: le famiglie con persone di riferimento che hanno meno di 35 anni, hanno un reddito più basso del 15,1% rispetto alla media della popolazione e  una ricchezza inferiore del 41,1%giovani sono sempre più poveri e intrappolati nel giro infernale dei lavoretti a basso costo e bassa produttività.

Ancora più disastrosa, ovviamente, è la situazione in Calabria, dove il lavoro non vi è proprio e l’unica possibilità per i giovani, è quella di fare le valige e partire. Sempre più giovani vanno via dalla Calabria, la loro terra non può offrirgli più nulla e il Sud si spopola. La Calabria non dà loro più alcuna prospettiva; non è un luogo comune è la realtà dei fatti.

giovani-partonoAmmontano a centomila i nostri giovani che ogni anno fuggono all’estero, mentre sono quasi due milioni i ragazzi disoccupati, di cui il 50% si rifugia in quella fuffa di Garanzia giovani (o almeno fino ad oggi si è rivelata tale, dato che non garantisce continuità lavorativa e soprattutto non viene retribuita).

Un paese solo per anziani quello che sta restando, proprio come un secolo fa, anche oggi i giovani scappano in cerca di fortuna, con la speranza di guadagno. Ma non si tratta della fuga dei cervelli, di coloro che fuori dalla Calabria inseguono la loro alta qualifica. Questo è l’esodo dei laureati e dei diplomati che all’estero vanno a fare i muratori, i baristi, i camerieri, i lavapiatti. Non si parte per dare lustro al proprio curriculum, si va per necessità; per disperazione; perchè è l’unica alternativa possibile.

Dopo anni di disoccupazione, di contratti saltuari a 300 euro al mese, di lavoro in nero o della paghetta di mamma e papà, l’unica speranza è quella di scappare. E così la nostra Calabria si sta desertificando. Nonostante le belle parole, le continue promesse di rilancio di una terra ormai morta, la realtà è questa.

Prendiamo proprio Cosenza come esempio, la possibilità di trovare un lavoro è nulla, diciamo la verità serve una conoscenza persino per fare le pulizie. Le nuove generazioni non ci pensano minimamente ad inventare il loro futuro qui, tranne se non si sta sulle spalle dei genitori o dei nonni a tempo indefinito.

Sono proprio loro che con le ormai misere pensioni o la ‘ricchezza’ accumulata (citata prima) ci consentono di campare. L’unico spiraglio, altrimenti, è accaparrarsi un posto in poltrona, nella politica, lì almeno si magna.

Da qui emigrazione-anni-70la fuga, che appare comunque meno drammatica rispetto quella dei nostri nonni. Negli anni ’60 non c’era internet, non esisteva la tecnologia dei social, ora sembra più facile. Internet aiuta a tenere i contatti, a non perdersi, a tenersi sempre aggiornati su ciò che accade nella propria città d’appartenenza. Ma dentro, nell’animo, il distacco è altrettanto triste. Espatriare per necessità significa archiviare le proprie ambizioni, i propri sogni, gli affetti più cari.

Questa è la realtà: alla nostra terra vengono sottratte le sue conoscenze, i diplomi, le lauree, le risorse spese per la formazione di tutti quei giovani che poi vanno via. E resta senza futuro. Il futuro ormai prospettato altrove e Cosenza, così come tutta la Calabria, lentamente si spegne. 

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