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Dissequestrata la salma del giovane ucciso su via Popilia, sul delitto l’ombra delle ‘ndrine

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Dissequestrata la salma del giovane ucciso su via Popilia, sul delitto l’ombra delle ‘ndrine

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COSENZA –  Le due persone attualmente indagate per concorso in omicidio potrebbero, secondo gli inquirenti, non essere gli esecutori materiali dell’uccisione di Antonio Taranto.

Entrambi, probabilmente, si trovavano in quella stessa palazzina in cui il giovane è stato ritrovato ferito in fin di vita all’alba di Domenica. Ipotesi, non ancora confermata mentre nell’appartamento da cui è partita l’allerta al 118 sono stati invece rinvenuti degli asciugamani con tracce di sangue che in laboratorio bisognerà stabilire se appartengono allo ‘Squalo’ o meno. L’abitazione al civico 133/C di piazzale Lento, al primo piano del palazzo in cui è stato trovato il corpo di Taranto, è infatti ancora sotto sequestro in attesa dei rilievi con il Luminol. I proprietari, Maria Luisa Occhiuzzi e Leonardo Bevilacqua risultano essere indagati la prima per favoreggiamento, il secondo per concorso in omicidio. Accusa quest’ultima rivolta anche a Domenico Mignolo il quale sarebbe il protagonista della lite con Taranto avvenuta in un noto locale di Rende nel corso della serata di Sabato in cui potrebbe essere stato presente lo stesso Bevilacqua. Secondo gli inquirenti i due trentenni pregiudicati probabilmente erano in compagnia di Taranto prima che venisse trucidato da un colpo sparato alle spalle. Un proiettile che, dopo aver perforato un polmone, è fuoriuscito da un fianco danneggiando letalmente gli organi vitali del ragazzo. L’arma del delitto, un revolver calibro 380, però, non è ancora stata rinvenuta. In casa di Mignolo è stata ritrovata una cartuccia dello stesso calibro, ma della pistola nessuna traccia. 

 

Intanto, eseguita l’autopsia, la salma del ventiseienne è stata dissequestrata e restituita ai genitori per la tumulazione. Al momento non si esclude che l’omicidio possa essere maturato negli ambienti della criminalità organizzata cittadina per tensioni interne ai clan. Tensioni che hanno fatto temere per la propria vita un personaggio del calibro di Lamanna, l’ex latitante arrestato la scorsa settimana con una pistola nella giacca in una palazzina di Trenta. Segno che la pax mafiosa in città si stia sbriciolando sotto i colpi di accordi traballanti tra le fila degli ‘italiani’ e dei ‘nomadi’ e lo scalpitare delle ‘nuove leve’. Il chiarimento seguito alla lite, avvenuto a pochi metri dalla roccaforte del clan Rango-Zingari,  potrebbe essere stato una scusa per lanciare un chiaro segnale sul cui contenuto non è dato sapere. Dall’autopsia, cui esito sarà presentato tra un paio di mesi, sarà possibile stabilire se Taranto sia stato ucciso mentre scappava dalla palazzina o mentre vi entrava per cercare rifugio. Per ora i due indagati sono stati denunciati a piede libero in attesa dell’esito delle prove stub, eseguite su diverse persone che entrarono a contatto con Taranto nella notte tra Sabato e Domenica, le quali potrebbero svelare chi ha realmente premuto il grilletto. Una verità di cui in tanti potrebbero già essere a conoscenza, ma di cui nessuno tra gli interrogati, sinora, ha osato rivelare alcun dettaglio. 

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