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Isolò il Covid in Italia, Capobianchi «passato un guado ma prepariamoci a nuova pandemia»

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Isolò il Covid in Italia, Capobianchi «passato un guado ma prepariamoci a nuova pandemia»

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ROMA – “Abbiamo curato il virus e abbiamo avuto anche un pò di fortuna”. Con queste parole, il 20 febbraio 2020, Maria Capobianchi, allora direttrice del laboratorio di Virologia dell’Istituto Spallanzani di Roma, annunciava il primo isolamento del virus SarsCoV2 in Italia e tra i primi nel mondo.

Oggi, alla dichiarazione da parte dell’Oms della fine dello stato di emergenza sanitaria internazionale per il Covid, le parole che utilizza sono “sollievo”, “gioia” ma anche “allerta” perchè, avverte, “ora dobbiamo tenere gli occhi aperti, per essere pronti quando la prossima pandemia si presenterà, perchè questo accadrà”.

Capobianchi: “rimanere vigili in attesa di una nuova pandemia”

Al centro dell’impresa, tre anni fa, un team quasi tutto al femminile di tre ricercatrici: “Ricordo quei momenti – racconta Capobianchi all’ANSA – con emozione, la sensazione forte era quella di lavorare insieme ed essere ‘sul pezzo’. Un risultato che abbiamo ottenuto grazie ad anni di esperienza e studio alle spalle. Ma certamente non posso dire di avere nostalgia di quei giorni”.

Oggi, invece, “la sensazione è quella di aver passato un guado importante, ora finalmente siamo dall’altra parte. Abbiamo vissuto un periodo che definirei eroico ma – afferma – il rischio, adesso, è di abbassare la guardia”. Un errore, questo, che potrebbe rivelarsi imperdonabile: “Il messaggio che voglio lanciare – afferma – è che ora più che mai dobbiamo essere pronti, non chiudere gli occhi, restare in allerta e vigili e, soprattutto, non sottovalutare neanche il minimo segnale”. Questo significa “prendere sul serio ogni avvisaglia, ogni focolaio infettivo inatteso”.

Che sia ufficialmente terminata l’emergenza internazionale non significa infatti, mette in guardia la scienziata, che il mondo non corra più alcun rischio. Attualmente, spiega, “siamo in una fase di convivenza non pacifica col virus, ma comunque sostenibile come è per altre malattie. La pandemia è durata tre anni, meno di altre pandemia in passato, e questo perchè abbiamo potuto contare su mezzi di contrasto potenti grazie alla scienza”.

Ma tutto questo, aggiunge, “ci lascia una grande eredità: l’aver capito che non possiamo permetterci più il lusso di farci cogliere impreparati, perchè ci sarà certamente una nuova pandemia. Non sappiamo quando, speriamo non troppo presto, ma ci sarà. E noi, il mondo, purtroppo, ce la stiamo mettendo tutta perchè questo accada, se pensiamo che i cambiamenti climatici, ai quali le attività umane danno un contributo sostanziale, sono fra i maggiori responsabili delle zoonosi, ovvero del processo che rende possibile il salto di specie e che rende un nuovo virus trasmissibile all’uomo”.

Uno scenario che non giustifica tuttavia pessimismo o rassegnazione. Al contrario, il monito di Capobianchi – attualmente docente di Biologia molecolare all’Università Unicamillus – è di fare tesoro delle nuove armi di cui ora disponiamo: “Una grande arma che abbiamo e che in questi tre anni si è molto perfezionata è innanzitutto il metodo del sequenziamento completo dei genomi virali, che prima della pandemia era applicato solo nei laboratori di frontiera”. E ci sono anche i vaccini ed i nuovi farmaci antivirali. E’ tutto ciò, conclude, che “in futuro potrà fare la differenza contro una nuova pandemia”.

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