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Lea Garofalo, la donna contro la ‘ndrangheta

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Lea Garofalo, la donna contro la ‘ndrangheta

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MILANO – Non è una fiction, né un romanzo giallo. Purtroppo. Ma una storia vera, realmente accaduta e che, forse, dopo anni, processi riformulati, testimonianze ritrattate e ammissioni di colpe verificate, sta per avere un epilogo.

La storia di una donna che ha sfidato la ‘ndrangheta, che non ha voluto essere accomunata alle solite dinamiche “mafiose” e che ha provato a dare un futuro migliore a sua figlia, Denise. Non sempre si può scegliere la vita che si vuole. E Lea Garofalo, era legata ad un destino di ‘ndrangheta: un fratello riconosciuto come boss del luogo natio, Petilia Policastro, e un compagno, Carlo Cosco, inserito anche lui nel mondo del “malaffare”. Lea diventa collaboratrice di giustizia in seguito all’uccisione del fratello, di cui attribuisce l’esecuzione al cognato Giuseppe Cosco, e decide di testimoniare nel novembre del 2009 ad un processo in cui avrebbe dovuto svelare molti segreti sulla faida tra le famiglie Garofalo e Mirabelli, entrambe di Petilia Policastro. Proprio qualche giorno prima che possa rendere questa testimonianza, Lea viene rapita dall’ex compagno Carlo Cosco che, con l’aiuto di altri compagni, prima la tortura e poi la uccide strangolandola. A far ritrovare i resti del corpo della povera donna è Carmine Venturino, ex compagno della figlia Denise, che si pente e che dichiara, lo scorso luglio, che Lea non è stata sciolta nell’acido, come si è sempre creduto, ma che è stata carbonizzata. Il pm Marcello Tatangelo, in seguito alle dichiarazioni fornite dal pentito, ha riformulato la richiesta delle condanne. Dai sei ergastoli, dati nella sentenza di primo grado del 30 marzo 2012 a tutti i sei imputati, ieri ha chiesto: l’ergastolo per Carlo Cosco, Vito Cosco e Rosario Curcio; la condanna a 27 anni per Carmine Venturino (visto che, grazie alle sue dichiarazioni, sono stati ritrovati i resti della vittima). Mentre, per quanto concerne gli altri due imputati, Massimo Sabatino e Giuseppe Cosco, condannati anche loro all’ergastolo nella sentenza di primo grado, il pm ha dichiarato: “Non sono certo che siano estranei all’omicidio, ma il dubbio ce l’ho e dopo le dichiarazioni di Venturino tra due possibili innocenti in galera e due possibili assassini fuori, la mia coscienza di uomo e di magistrato mi impone di chiedere che siano assolti”. La sentenza potrebbe arrivare il 21 maggio e speriamo che su questa tragica storia possa essere scritta la parola fine.

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