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Corigliano, prorogato di altri sei mesi lo scioglimento del Consiglio comunale

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Corigliano, prorogato di altri sei mesi lo scioglimento del Consiglio comunale

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CORIGLIANO CALABRO – Il Comune resta “blindato”. Il Consiglio dei ministri, nella seduta di oggi, ha prorogato lo scioglimento del Consiglio comunale di Corigliano Calabro deciso il 9 giugno 2011 per infiltrazioni mafiose. «Su proposta del Ministro dell’interno – è scritto nel comunicato del Cdm di oggi – constatato che l’azione di recupero e risanamento dell’istituzione locale non si è ancora esaurita, il Consiglio ha prorogato di altri sei mesi lo scioglimento del Consiglio di Corigliano». Insomma la fase di ripristino della legalità all’interno della macchina comunale coriglianese è ancora lungo.

Lo sciglimento: Era il 9 giugno dello scorso anno e dopo dieci mesi dall’operazione che portò all’arresto dei fratelli del sindaco di Corigliano, e le numerose polemiche seguite, arrivò la decisione del Consiglio dei Ministri sul Comune di Corigliano che venne stato sciolto per presunte infiltrazioni mafiose emerse da una indagine della Dda di Catanzaro che ha travolto il sindaco, Pasqualina Straface, del centrodestra, indagata per concorso esterno. A Corigliano Calabro, il sesto comune della Calabria per grandezza e popolazione, si era votato nel giugno 2009 ed il sindaco Straface fu eletta al secondo turno con il 53,1% dei voti. A distanza di un anno dalle elezione il sindaco è stato travolto dall’inchiesta dei magistrati del capoluogo calabrese che, nel luglio del 2010, portarono all’arresto dei due fratelli, Franco e Mario Straface, insieme ad altre 65 persone accusate a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale di stupefacenti, estorsione, usura e sfruttamento della prostituzione. I fratelli Straface furono accusati da alcuni collaboratori di giustizia di essere legati storicamente al «locale» di Corigliano, una delle cosche più potenti della Calabria, che opera nell’alto Ionio cosentino. I due imprenditori vennero accusati, tra l’altro di un’estorsione compiuta nel corso della realizzazione di un villaggio turistico. Il titolare della società che stava realizzando la struttura, è l’accusa mossa dalla Dda, sarebbe stato costretto da Maurizio Barilari, ritenuto il capo della cosca di Corigliano, ad affidare un appalto milionario, prima per la sola fornitura del cemento e poi per tutta l’opera, alla Straface Srl di Mario e Franco. Dalle indagini erano emersi anche contatti tra il sindaco Straface ed un parente molto stretto di Santo Carelli, ritenuto dagli investigatori il boss e fondatore della cosca di Corigliano, detenuto perchè deve scontare una condanna definitiva all’ergastolo. I contatti, secondo l’accusa, risalirebbero al periodo immediatamente precedente alle elezioni comunali del 2009 e la Dda ritiene che fossero finalizzati a garantire l’elezione a sindaco di Pasqualina Straface. Gli elementi emersi nel corso delle indagini avevano indotto, nel settembre del 2010, l’allora prefetto di Cosenza Antonio Reppucci (attualmente Prefetto a Catanzaro), a disporre l’insediamento della commissione d’accesso i cui lavori si sono conclusi nei mesi scorsi.

Il ricorso al Tar: Era l’11 giugno dello stesso anno. In attesa della nomina dei commissari prefettizi il sindaco Pasqualina Straface diede incarico al noto avvocato amministrativista, Oreste Morcavallo, di presentare ricorso al Tar del Lazio, l’organo giuridicamente competente alla luce del nuovo codice del processo amministrativo. Ancora non è chiaro su cosa si baserà il ricorso anche perchè si attendono le motivazioni che hanno portato allo scioglimento del consiglio comunale e in che modo si siano esercitate “forme di condizionamento da parte della criminalità organizzata”. L’avvocato Morcavallo dichiarò: «Da quel poco che sappiamo, posso già dire che i motivi che hanno portato allo scioglimento li ritengo inconsistenti. Mi pare che allo stato non sia emerso il condizionamento degli indagati verso l’attività dell’amministrazione comunale. Alcune delle motivazioni che sono trapelate sui giornali, mi pare che siano state già smentite da una serie di documenti forniti all’amministrazione comunale che ha sempre dato la più piena collaborazione alle attività prefettizie. Voglio ricordare che non basta che ci sia un’indagine, non basta che vengono a galla dei reati, bisogna dimostrare che quei reati e quei soggetti indagati abbiano effettivamente condizionato in qualche misura l’attività amministrativa».

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