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La storia di Danyal:”Sono zoppo di professione”
COSENZA – Trasportati come animali, senza identità, diritti e dignità. Sfruttati come macchine da lavoro, forzando sul dolore delle proprie invalidità,
costretti a mostrare il corpo deforme, gli occhi lucidi, la totale schiavitù.
I mendicanti che incontriamo lungo la nostra strada, mentre trascorriamo un pomeriggio di shopping, relax e cioccolata calda sono, il più delle volte, anime sfruttate, ignorate, derise.
Durante una passeggiata, in una delle strade periferiche di Cosenza, seduto a fatica su un marciapiede, c’era lui.
Danyal è uno di loro. Musulmano, 19 anni, senza genitori e con una sorella lontana. “Avevo 15 anni quando è successo tutto. Stavo percorrendo lo stradone di fronte casa mia, a Banten, una provincia indonesiana, quando ho sentito un’esplosione e mi sono ritrovato a terra, scioccato, assordato. Mia sorella piangeva ed io non capivo cosa stava succedendo, fin quando non ho abbassato lo sguardo. L’esplosione mi aveva fatto saltare una gamba”.
Ha gli occhi lucidi quando racconta la sua storia, ha paura. E’arrivato in Italia con la speranza di un futuro migliore ma è qui che ha trovato il suo inferno. “Mi trattano come un animale, a volte neanche mi parlano, mi infilano in macchina e mi lasciano in mezzo alla strada. Devo fingere di soffrire più di quanto soffro. Non ho una gamba, che sofferenza posso subire ancora?“.
Danyal ci racconta che non può scappare, che deve riuscire ad elemosinare più monete possibili, deve fare il bravo o il Padrone lo riporta a casa, nel suo inferno.
I mendicanti sono ovunque, lungo i marciapiedi trafficati, fermi agli incroci, di fronte ai centri commerciali e per le vie dell’Università. Sono riversi negli angoli a lamentarsi per impietosire, soffrendo nel profondo per una vita che li distrugge, quotidianamente. Una deformità esposta in modo violento, improvviso, oltre ogni tabù che, parallelamente, ci infastidisce.
Invalido e mendicante o forse mendicante perché invalido? Un progetto squallido e subdolo, eserciti di corpi deformi, figli di un solo Padrone.
Continua Danyal:”Quando mi vengono a prendere mi gridano di salire in fretta in macchina, ma come posso farlo con questa stampella?– mostrando un bastone con legaTo un manico per poter sistemare il braccio- Mi chiedono subito quanto sono riuscito a guadagnare e si prendono tutto. Mi lasciano soltanto una o due monete e se lavoro bene mi fanno mangiare”. Sono ridotti a rottami umani, su rottami materiali. Privati della propria sicurezza e costretti a vivere in una realtà che prova pena e pietà nei loro confronti.
Una storia che ha dell’incredibile e che spaventa per quanto sia diffusa e popolare. La vita di Danyal è solo una delle tante storie che vedono protagonisti ragazzi e ragazze deformi, “utilizzati” come fossero oggetti di attrazione, fenomeni da baraccone, solo per qualche soldo buttato a terra con nervosismo.
C’è bisogno di molta più attenzione per questo fenomeno che si fa largo nelle vie di città e paesi calabresi e non solo. Magari i loro nomi non li conosceremo mai ma, di certo, i loro volti ci rimarranno impressi nella memoria. Gli “invisibili” hanno bisogno di un aiuto per uscire dall’inferno in sui sono costretti a vivere.
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