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Scavi di Sibari nel fango, sequestrati gli agrumeti limitrofi

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Scavi di Sibari nel fango, sequestrati gli agrumeti limitrofi

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CASSANO ALLO IONIO – Tutta colpa delle arance. Gli agrumeti posti a ridosso del parco archeologico oggi sommerso dal fango avrebbero impedito il fluire delle acque piovane.

La Sezione Reati Ambientali della Polizia Provinciale di Cosenza ha sequestrato ieri ben 10mila metri quadri di area demaniale interessata dalle piantagioni presunte abusive. Durante il sequestro sono stati inoltr ritrovati reperti archeologici risalenti al II secolo a. C. e un muro di malta e mattoni costruito in età Romana. I 200mila metri cubi d’acqua che hanno invaso il sito archeologico greco dell’ex polis magno greca risalente al 720 a. C., sono stati ormai aspirati grazie alle tre idrovore che al ritmo di 18mila litri al minuto sono riuscite a prosciugare l’area allagata. Resta il problema del fango. Una presenza minacciosa che rischia di cancellare mezzo secolo di scavi condotti da archeologi di fama internazionale qualora non fosse rimossa prima della solidificazione del liquame che ne renderebbe impossibile il restauro. Il primo cittadino di Cassano allo Ionio, Giovanni Papasso si è detto pronto a deliberare l’abbattimento di eventuali agrumeti abusivi e rimuovere tutto ciò che potrebbe costituire una futura minaccia per l’equilibrio idrogeologico della sibaritide.

 

La segnalazione del settore Protezione civile a difesa del suolo della Provincia di Cosenza che ha portato al sequestro dell’area rileva che il cedimento degli argini del Crati pare non essere casuale, ma determinato dalla presenza nell’alveo del fiume di alberi da frutto e di blocchi di cemento ospitanti una pompa idrovora che permetteva di prelevare l’acqua dal fiume e convogliarla negli agrumeti per l’irrigazione. Il tutto in area demaniale. A due settimane dall’esondazione del fiume Crati si indaga sulle responsabilità del disastroso allagamento al fine di individuare gli autori, ancora da accertare, dell’abuso edilizio e dell’omissione dell’allarme lanciato per il rischio esondazione. Il sopralluogo dei tecnici della Provincia per verificare lo stato degli argini del Crati infatti sarebbe stato effettuato il 10 gennaio ed in quella data i periti avrebbero rassicurato abitanti ed amministrazione sulle condizioni del fiume che  ‘non destava particolari preoccupazioni’. Poi l’inondazione.

 

Intanto il numero di intellettuali che ha sottoscritto l’appello per la bonifica del sito archeologico indirizzato al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio, al Ministro della Cultura e a tutti gli Enti competenti è arrivato a quota mille. Il ministro della Coesione Sociale Fabrizio Barca, da parte sua, ha già dichiarato di aver stanziato 21 milioni di euro per la bonifica dell’area. Resta comunque alta la preoccupazione legata alla falda acquifera sottostante al parco archeologico della sibaritide e al fenomeno della subsidenza che farebbe scivolare i terreni sotto il livello del mare di almeno 3 millimetri l’anno. 

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