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Parricidio: spunta il movente dei soldi
COSENZA – Il delitto perfetto? Non esiste. Di quello che criminologi, investigatori, magistrati, vanno sostenendo da una vita,
se n’è resa conto anche Stefania Chiurco, la 38enne di Trebisacce, finita in manette per l’omicidio di suo padre Riccardo, l’insegnante in pensione di 72 anni, ammazzato e fatto a pezzi. Dal tardo pomeriggio di giovedì, quando, carabinieri e vigili del fuoco hanno sfondato la porta d’ingresso della casa dell’orrore, ogni ora emergono nuovi particolari che s’abbattono come macigni di colpevolezza sulla studentessa universitaria. Il tentativo della 38enne di allontanare i sospetti da lei, cercando di disorientare gli inquirenti con ricostruzione da libro giallo e versioni contrastanti, è caduto nel vuoto. Ora dopo ora, gli indizi di colpevolezza a suo carico aumentano, anche grazie all’utilizzo delle strumentazioni scientifiche che stanno permettendo agli inquirenti di “fissare” bene sul quadro accusatorio, i pezzi di questo crimine. Il luminol, infatti, ha permesso ai carabinieri del Ris di Messina di scovare tra le mattonelle della casa, nonostante le secchiate d’acqua e di candeggina, gettate da Stefania, per lavare il delitto, le tracce di sangue. Schizzi ematici che confermano l’orrore tra le pareti domestiche di quell’appartamento signorile, nella strada “buona” del noto centro balneare dell’Alto Jonio cosentino. Oltre alla scena del crimine e all’ascolto della casa dell’orrore, parla anche la personalità di Stefania. Una personalità disturbata, forse per effetto di quel suo ritardo nel conseguire la laurea in Medicina (iscritta fuori corso alla storica Università degli Studi di Perugia, ndr), forse per effetto di quel suo “desiderio” di soldi da ereditare dal padre, forse per effetto anche di quella sua stazza fisica che, sostengono i ben informati, la portava anche per mesi a rintanarsi dentro, senza interagire con il mondo. Potrebbero essere stati questi, aggiunti ad altri possibili motivi, sui quali gli inquirenti, stanno facendo chiarezza, a convincere la “dottoressa” a trasformarsi in signora morte, mettendo fine alla tranquilla vecchia di suo padre. Chi conosceva bene, Riccardo Chiurco e sua figlia Stefania, racconta che, da tempo, i litigi tra i due erano sempre più frequenti. Screzi familiari, legati, soprattutto, a quella condizione di “eterna” studentessa che, al 72enne non andava giù. Per il pensionato vedere sua figlia, ancora sui libri e non donna affermata e professionista in carriera, era diventato come un chiodo fisso. Per quella figlia, tra l’altro unica, aveva sperato e sognato un futuro diverso. La casa dell’orrore, racconta, sempre attraverso il luminol, di una quantità quasi industriale di calce e borotalco, disseminata per casa, stipata negli scatoloni di cartoni e svolazzante nell’aria, utilizzata dalla parricida per “coprire” l’olezzo maleodorante della decomposizione del corpo del congiunto. Ma altri dettagli, ugualmente terrificanti e tragici, arrivano anche dalla casa di Perugia, dove i carabinieri del comando provincia di Cosenza, unitamente ai colleghi dell’Arma provinciale della cittadina umbra, hanno trovato, altri indizi interessanti: ancora borotalco, altrettanta calce e un quaderno con appuntati soldi. Proprio suio soldi, gli inquirenti e il procuratore capo della Repubblica di Castrovillari (competente per territorio, ndr) Franco Giacomantonio, poggiano le loro deduzioni investigative. Il pensionato, rimasto vedovo cinque anni fà, era un tipo tranquillo. Ben voluto da tutti, conduceva un’esistenza normale. Amante dei libri, il 72enne, pare da quello che sta emergendo, avesse stretto un legame amichevole con una donna. L’affetto pare fosse ricambiato. Ma quest’empatia affettuosa, pare, non andasse giù a Stefania, non tanto, a quanto stanno verificando gli inquirenti, per effetto di quell’istinto morboso di gelosia nei confronti del ricordo di sua madre, quanto, semmai, per la paura e il timore che quella donna, potesse “sbriciolare” il patrimonio di papà e ridurre anche la sua fetta di eredità. Dal carcere di Castrovillari, dov’è rinchiusa dalla tarda serata di giovedì, la 38enne continua a ribadire la sua innocenza nell’omicidio, accusandosi sono la maternità di aver fatto a “fette” suo padre, per “smaltirlo meglio come rifiuti. Anche sullo smaltimento, c’è un’ipotesi investigativa, raccapricciante. Non potendo gettarlo a Trebisacce, per via del funzionamento della raccolta differenziata, Stefania, secondo gli inquirenti, avrebbe mantenuto in casa i resti sparpagliati di suo padre, in attesa di trovare un sito dove andarli a gettare, facendoli sparire per sempre. Lei, continua, inoltre, a parlare di quel corpo fatto a fette e trovato davanti l’abitazione nella tarda serata del 27 dicembre scorso, data in cui del pensionato si erano perse le tracce. Certo che se il fratello di Riccardo Chiurco, abitante a San Demetrio Corone, (luogo di nascita anche del pensionato morto, ndr) non si fosse attivato per cercare risposte sul suo congiunto, gli inquirenti la casa dell’orrore non l’avrebbero mai scoperta e Stefania avrebbe realizzato il suo delitto perfetto. Ma l’abbiamo detto, il delitto perfetto. Non esiste.
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