Archivio Storico News
Il lavoro di Erika, schiaffo morale all’onestà
COSENZA – Erika De Nardo, la ragazza che nel 2001 uccise a Novi Ligure la mamma e il fratellino, probabilmente avrà presto un posto da segretaria.
Sono queste le notizie che oggi, accendendo la nostra televisione o la radio, siamo obbligati a sentire.
Non tanto il lavoro viene messo in dubbio, quanto il perdono. Perdonare o non perdonare?
Erika qualche giorno fa si era sfogata: «Non ne posso più, c’è sempre qualcuno che mi riconosce e mi tormenta. Non posso neppure lavorare», eppure ce ne vuole di coraggio.
Come può un’assassina presentarsi in maniera così pulita, alla ricerca di un lavoro per poi, magari, essere anche compatita perchè non riesce a trovarlo? Vuole una vita normale, un lavoro normale, una reputazione normale. Ma come può, colei che ha strappato al mondo due vite, senza pensarci due volte, senza crearsi dei problemi, senza pietà, avere il CORAGGIO di lamentarsi.
Questo è uno schiaffo (solo uno dei tanti) in faccia alle persone oneste, quelle che hanno sempre lavorato e si sono rotti le spalle per dare sicurezza alla famiglia. Quelli che verranno sorpassati da una persona che, la propria famiglia, l’ha distrutta.
Allora, come si può dichiarare “si, perdono” una persona come lei? Di certo tutti commettiamo errori ma questo non è un errore, questa è una strage. E allora, come può Erika, dopo aver causato un dolore così grande, chiedere di lavorare onestamente come tutti? Chi riuscirebbe a svegliarsi, vestirsi e andare a lavoro con (non in maniera dispregiativa ma solo in maniera oggettiva) un’assassina? A volte il moralismo non serve, non può essere utilizzato in un ambito sovrastato e colmo di sdegno.
Eppure, se solo quei due angeli potessero parlare, chissà come si esprimerebbero.
Puntare il dito verso gli altri è simbolo di grande disonestà ma lasciare che i colpevoli la scampino è simbolo di PROFONDA SUPERFICIALITA’
Social