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Adozioni ai gay: la Chiesa alza le barricate
COSENZA – Paternità negata. La notizia del giorno, che sarà lo scoop del mese e diventerà sicuramente oggetto di dibattito per chissà quanto tempo,
è la contrarietà della Chiesa e, con essa, alcuni piscologi, psichiatri e tanto altro ancora, sull’impossibilità da parte degli omosessuali di adottare dei figli. Si dice che se un bambino vive e cresce in un ambiente familiare controverso avrà dei problemi che ne condizioneranno la vita. Portandolo ad avere comportamenti e atteggiamenti deviati e facendogli perdere la retta via. Che strano, penso io, la retta via l’hanno persa anche tanti ragazzi, etichettati come “bravi”, cresciuti in famiglie, per così dire “normali”, che d’improvviso si sono ritrovati a consumare e spacciare droga, ad abusare sessualmente di altre persone o si sono gettati in pianta stabile nel crimine, in cerca di soldi facili e una carriera da duri. Lungi da me, il tentativo di produrmi in analisi di tipo sociologico, psicologico o antropologico, non è mio mestiere, nè tantomeno voglio farlo, ma da giornalista ma soprattutto da cittadino vorrei che anche la diversità diventasse finalmente un fatto normale e non che chi è diverso debba essere sempre “marchiato”, come se avesse commesso chissà quali gravi reati o debba pagare chissà quali e quanti gravi colpe. Alcuni giorni fa ho avuto una lunga conversazione con un mio amico prete. E’ un sacerdote in gamba, uno di quelli che sta poco in chiesta, giusto per celebrare messa e tanto in strada, per portare la parole di Dio e il conforto tra la gente che soffre. Ho affrontato l’argomento dei gay, delle adozioni, delle unioni civili con lui e con piacere ho scoperto di trovarmi davanti ad una persona che, pur indossando l’abito talare, non ha i paraocchi. Sono tanti i gay, i diversi che si sono rivolti a lui in cerca di aiuto, bisognosi di una parola di conforto, in cerca di un sorriso e o semplicemente di una pacca sulla spalla. Sono tante le persone che si rivolgono a lui, in cerca di un suggerimento su come vivere. Già come vivere. Magari avessimo una ricetta che c’insegnasse a farlo. Penso e credo che il miglior modo di vivere sia quello di accettare gli altri, indipendentemente da quello che fanno, che sono, che vogliono o che inseguono. Nel bel mezzo della conversazione, il mio amico prete, mi ha detto: «dovremmo ricordarci del grande insegnamento che ci ha lasciato Nostro Signore. Lui ha perdonato la prostituta, i peccatori e perfino chi l’ha crocifisso. Ha accettato la diversità del mondo. Perchè non riusciamo a farlo anche noi?». Spero che un giorno sarà così. La diversità non esiste, almeno davanti agli occhi di Dio, per chi crede, siamo tutti uguali. Ho tanti amici gay e lesbiche che, non solo rivendico con estremo orgoglio, ma che vedrei davvero bene come genitori.
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