COSENZA – La mantide assassina. Anita Jarzebowska, 38 anni, accusata dell’omicidio di Giovanni Lo Piccolo, 48 anni, avvenuto a Vibo Valentia il 25 febbraio 2011,
è stata condannata a dieci anni e otto mesi di reclusione. Il processo si è svolto con il rito abbreviato dinanzi al gip del Tribunale di Vibo, Alessandro Piscitelli. Il rito alternativo è valso all’imputata uno sconto di pena pari ad un terzo. Il commerciante ambulante Giovanni Lo Piccolo per il gip è stato quindi ucciso dalla convivente polacca Anita Jarzebowska – madre di due figli avuti con la vittima – con un fendente alla gola mentre si trovava in auto. L’omicidio, secondo l’accusa sostenuta dal pm Michele Sirgiovanni che aveva chiesto 12 anni di carcere, sarebbe maturato in un contesto di degrado, con la donna costretta da Lo Piccolo a prostituirsi ed a partecipare a “festini” a luci rosse. L’imputata è stata altresì condannata al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, nei confronti dei due figli minori avuti da Lo Piccolo ed anche nei confronti della moglie, della madre e della sorella della vittima, tutti parti civili nel processo.
L’OMICIDIO – Un omicidio d’impeto quello di Giovanni Lo Piccolo, 48 anni, morto dissanguato al pronto soccorso la sera del 25 febbraio dello scorso anno. Un omicidio chiarito nelle sue fasi dagli uomini della Squadra mobile che ieri, su ordine del sostituto procuratore Michele Sirgiovanni, hanno proceduto al fermo di Anita Halina Jarzebowska, 37 anni, polacca, da dodici in Italia. Sarebbe stata la donna, infatti, a sferrare la coltellata al collo di Lo Piccolo, suo convivente e padre dei suoi figli.
L’ARMA – Lo avrebbe fatto utilizzando un coltello a serramanico custodito nel cruscotto ” mentre l’uomo si trovava nell’auto, rilassato sul sedile lato passeggero dopo l’ultimo amplesso avuto con lei. Nella Mercedes della vittima, infatti, la coppia avrebbe consumato negli anni i rapporti sessuali. Un’alcova mobile dentro la quale oltre a profilattici sono stati rinvenuti anche dvd dal contenuto pornografico. Un comportamento anomalo quello degli amplessi nell’auto che però, considerata la situazione, era in un certo qual modo obbligato in quanto Lo Piccolo da 12 anni conviveva sia con la moglie sia con la Jarzebowska. Tutti sotto lo stesso tetto, compresi i due bambini avuti dalla straniera e dei quali spesso si occupava la moglie legittima.
IL MOVENTE – Una sorta di califfato dietro al quale però ” secondo quanto emerso dalle indagini ” si sarebbero annidati sfruttamento e violenze psicologiche. “Attenzioni” quest’ultime che la vittima avrebbe riservato alla compagna più giovane, la quale sarebbe stata costretta a prostituirsi (anche in incontri multipli) e sarebbe stata indotta in più occasioni all’aborto. E proprio il rischio di una ulteriore gravidanza e il ricorso al medico per la pillola del giorno dopo, ma soprattutto il fatto che il padre del nascituro sarebbe stato di colore e che questa relazione per la polacca sarebbe stata più importante di altre, potrebbero avere appesantito un menage già pesante di suo, peraltro mal visto e non tollerato dai familiari dell’ambulante che in più occasioni lo avevano invitato a comportamenti e stili di vita meno dissoluti.
Se a ciò si aggiunge poi l’intenzione della Jarzebowska di tornare in Polonia con i figli, allora si ha più chiaro il quadro dei motivi alla base dei conflitti che sarebbero sorti, nei giorni precedenti l’omicidio, tra la vittima e la sua convivente. Insomma il quadro emerso dietro a un delitto che sembrava destinato a rimanere irrisolto, presenta soltanto molte tinte fosche. Uno spaccato di vita difficile ed esasperata dove, paradossalmente, una delle poche note positive appare la complicità che sarebbe nata tra le due donne, tra la moglie legittima e l’amante. La prima pronta anche ad accudire ai bambini avuti dal marito con la polacca. Una sorta di “mutuo soccorso” che probabilmente ha consentito alle due donne di ingoiare bocconi altrimenti troppo amari da mandare giù, di sopportare situazioni altrimenti insostenibili di un menage a tre i cui tempi venivano dettati dall’uomo e dai suoi comportamenti. Un legame, quello tra le due donne, che è resistito al delitto. Le stesse, infatti, continuavano a vivere nella stessa casa, sotto lo stesso tetto. Ed è stato proprio lì che gli uomini della Squadra mobile, all’alba di ieri, sono andati a bussare con in mano il provvedimento di fermo del pm Michele Sirgiovanni.
