Area Urbana
Lettera alla responsabile CUP: “davvero non si possono prenotare le analisi perchè mancano le etichette?”
A scriverci è il sig. Francesco, che racconta il disservizio e soprattutto si rivolge alla dottoressa, responsabile del CUP: “Lei è a capo di questo ufficio e il disservizio pertanto l’ha generato Lei”
COSENZA – Una lettera cordiale ma allo stesso tempo carica di interrogativi, nella quale Francesco, lettore di Quicosenza, si rivolge a noi per avere modo di poter rivolgere il suo pensiero su quanto gli è accaduto alla dottoressa responsabile del CUP dell’ospedale di Cosenza. «Non è mio uso ricorrere ai mass media per interloquire con chicchessia, ma devo fare una eccezione. Sono Francesco, dipendente pubblico, dopo una lunga gavetta, a tempo indeterminato; ho sempre pagato le tasse sul mio reddito e pretendo, pertanto, rispetto per i miei diritti e le mie esigenze di utente della sanità pubblica».
Scrive rivolgendosi a «tale “dottoressa G.” (ometto il nome, per me la privacy è sacra), additata dagli operatori in servizio al CUP dell’Ospedale come la responsabile del CUP stesso, ed in particolare dei gravi disservizi che si stanno registrando in questi giorni».
«Egregia dottoressa G., è per il terzo giorno che mi assento dal lavoro per recarmi presso al Centro unico di Prenotazione dell’ospedale per delle analisi prenotabili esclusivamente presso detto CUP. Per il terzo giorno, la mia esperienza si è conclusa con un nulla di fatto! Nei primi due giorni non è stato possibile procedere con la prenotazione perché, a fronte di un paio di sportelli operativi, non si è riusciti a smaltire la lunga file di utenti. Pazienza, nulla di nuovo, non sono l’unico: siamo in Calabria, regione notoriamente affossata da mille difficoltà, incapace di programmare adeguatamente anche un semplice servizio di prenotazione analisi cliniche. Bisogna soffrire».
«Mi sono recato quindi per la terza vola al CUP e, oltre a trovare una variopinta folla di utenti, ognuno con alle spalle una storia di sofferenza, sacrifici difficoltà e speranze, mi sono imbattuto in un problema tanto assurdo da poter essere addirittura vero. Mi è stato detto che non era possibile procedere con le prenotazioni delle analisi perché “non ci sono le etichette su cui stampare”. Ero incredulo, e con me almeno un centinaio di persone, avevano difficoltà a crederci. L’addetto alla sicurezza, con un modo forse troppo provinciale, ha provato a tirarsi fuori dalla polemica (come dargli torto? Addossare a lui una simile responsabilità) e alla mia pretesa di parlare con un responsabile, mi è stata indicata per l’appunto la dott.ssa G.».
“Dottoressa l’ho cercata, ma non ho avuto modo di scambiare con lei due chiacchiere”
«Tralasciamo toni, accenti, polemiche, scuse per non dare indicazioni sufficientemente accurate da parte degli addetti alla sicurezza, con un po’ di insistenza allo sportello hanno avuto la gentilezza di indicarmi per l’appunto il suo nome. Vede dottoressa, non la conosco, non conosco la sua storia, come anche lei non può conoscere la mia, ma sento forte la necessità di rappresentarle quanto è accaduto oggi al CUP. L’ho cercata in tutti i modi, insistendo con garbo con la guardia all’ingresso del nosocomio, dove dovrebbe essere il Suo ufficio, al telefono con il centralino, ma non ho avuto modo di scambiare con lei due chiacchiere. Mi vedo quindi costretto a rivolgermi a lei attraverso la stampa, che gentilmente mi ospita, perché ho la necessità di chiederle, con calma, pacatezza e senza polemiche pretestuose e preconcetti: è vero che il CUP dell’Ospedale Civile di Cosenza non accetta prenotazioni di analisi perché non dispone di etichette?”. Io non posso credere sia vero. Se lo fosse, come in tutte le Aziende che si rispettano, ci sarebbe sicuramente un responsabile, un addetto al magazzino, un addetto agli ordini, un usciere, uno che guarda il fondo, uno che deve controllare le scorte… Insomma qualcuno che doveva accorgersi che le etichette stavano per finire e doveva, quanto meno, riferirlo al superiore».
«E se nel caso il responsabile non fosse mai stato nominato, cara dottoressa, non crede che le responsabilità degli indicibili disagi ricadano su di Lei? E’ consapevole della signora Carla, 72 enne della provincia, che smarrita cercava negli occhi degli altri malcapitati un cenno di conforto, una spiegazione plausibile, un motivo… cercava in cuor suo di capire come e quando ritornare nella città capoluogo, a chi chiedere il favore di affrontare il viaggio al posto suo».
«Conosce, dottoressa, la storia di quella mamma che ha lasciato il neonato a casa della vicina, e che deve ricorrere nuovamente alla buona volontà del prossimo, in una città che si salva solo grazie alla rete di rapporti interpersonali e familiari che, grazie al cielo, si conservano alle nostre latitudini? Conosce, dott.ssa G., i disagi che dovrà affrontare quella Amministrazione Pubblica che non potrà accedere a quel finanziamento perché il mio ufficio non sarà in grado di rilasciare per tempo quel dato parere, in quanto io sarò costretto ad assentarmi per la quarta volta in una settimana per ricorrere il mio diritto alla salute?».
«Avrei voluto fare alla dott.ssa G. queste domande, con pacatezza, senza livore, perché avrei voluto ascoltare dalla sua bocca la verità, il vero motivo per cui oggi non è stato possibile prenotare le analisi. Non credo mi avrebbe risposto semplicemente “non ci sono le etichette”. Lei è una professionista, ricopre un ruolo all’interno dell’Azienda Ospedaliera. I suoi “sottoposti” l’hanno indicata come responsabile del CUP, ed è verosimile che sia stata messa a ricoprire quel posto in quanto in possesso di sensibilità, capacità organizzativa, polso e tempra».
«Chi è a capo di un ufficio deve possedere necessariamente queste caratteristiche. Io non le posseggo, non ricopro ruoli di responsabilità, di coordinamento, ed il mio stipendio è commisurato alle mie limitate capacità. Ma pretendo che chi ricopre ruoli importanti abbia un adeguato stipendio, ma anche la capacità di riconoscere i propri fallimenti. Ma se così stanno le cose, a fronte della carenza di una cosa tanto semplice e basilare, dott.ssa G., la sua coscienza non le suggerisce di dimettersi?».
«Probabilmente lei ha le sue giustificazioni e sta attribuendo la responsabilità ad un suo sottoposto, ma la realtà è che si è creato un disservizio assurdo, e a capo di questo ufficio che l’ha generato c’è Lei. In qualunque Azienda che si rispetti, a fronte di un simile disservizio, si sarebbe individuato immediatamente un responsabile, che sarebbe stato adeguatamente redarguito. Invece nella Pubblica Amministrazione (ancor di più calabrese) tutto resta inalterato, fermo, immutabile. Un muro di gomma, contro cui l’utente indifeso, l’ultimo degli ultimi, non può far a meno che andare a sbattere e rimbalzare, senza mai capire per colpa di chi».
«Ecco, avrei voluto dire queste cose con pacatezza alla d.ssa G.; non mi è stato possibile, perché è impossibile conferire con la Pubblica Amministrazione, e quindi mi sono permesso di disturbare Lei, egregio direttore, sperando che qualcuno legga questo sfogo e magri riporti anche questo malessere al nostro Presidente della Regione, per il quale io ho votato con convinzione, ma che a distanza di un anno dalla elezione – finita la luna di miele che segue ogni matrimonio ben riuscito – oltre ai necessari annunci reboanti, deve iniziare a dare risposte concrete, a partire da queste piccole e fastidiosissime cose, con azioni chiare ed eclatanti, segnali di necessario cambiamento già in atto».
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