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Covid, i vaccinati che si possono infettare sono minoranza ma “non c’è rischio zero”

Italia

Covid, i vaccinati che si possono infettare sono minoranza ma “non c’è rischio zero”

La Federazione degli Ordini dei Medici (Fnomceo) mostra degli studi e mette in guardia “Un fattore importante è l’età. E’ sempre bene rispettare distanziamento e mascherina”

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Il rischio zero di potersi infettare e trasmettere l’infezione “non esiste per i vaccinati”, ma solo una minoranza di questi si può ammalare, anche ora che la variante Delta circola con una carica virale molto più elevata. Il vaccino, tuttavia, garantisce nella maggior parte delle persone una protezione che, peraltro, “non sappiamo ancora quanto duri, e quali fattori possano determinare questa durata”. Per questo è sempre bene, per tutti, osservare le norme anti-Covid, dal distanziamento alla mascherina. E’ la risposta contenuta nella rubrica “dottore, ma è vero che…?” della Federazione degli Ordini dei Medici (Fnomceo), alla domanda “se con il vaccino posso prendere Covid-19”.

Il rischio di contrarre e trasmettere l’infezione, in base agli studi pubblicati e a quelli in corso, si legge nel testo, “può dipendere dalle caratteristiche dell’individuo vaccinato, dalla carica virale con cui viene a contatto, ma anche dal tipo di vaccino e dal tipo di variante in cui incappa”. Tanti fattori, dunque, che, si sottolinea nella risposta, “si sposano bene con un approccio probabilistico, perchè il mondo non è bianco o nero”. Rispetto alla scorsa primavera, quando, nei primi mesi della campagna vaccinale, la prudenza era d’obbligo, negli ultimi mesi, si scrive nella risposta, parecchie, solide prove hanno fatto luce sul rischio infezioni dei vaccinati.

Gli studi

“All’inizio dell’anno – si legge nella rubrica della Fnomceo – i primi risultati che arrivavano da Regno Unito, Israele e Stati Uniti erano particolarmente rassicuranti. Grazie a tamponi periodici in questi Paesi è stato possibile verificare, in categorie molto esposte al rischio di contagio, quale fosse il rischio che rispettivamente vaccinati e non vaccinati si positivizzassero nel corso dell’osservazione. La protezione all’infezione conferita dalla vaccinazione, si aggirava intorno al 90%”. Anche allora, quindi, altissima, ma non totale. “Con un’alta circolazione del virus, – si nota nella rubrica – ogni evenienza rara in percentuale può raggiungere valori assoluti significativi”. Certo è comunque che i vaccini proteggono dalle nuove varianti

L’immunità conferita dal vaccino – si sottolinea – sembra reggere bene anche l’impatto della variante Delta. La sorveglianza condotta in Inghilterra su un ampio campione di popolazione suggerisce che l’efficacia di un ciclo completo di vaccinazione è poco compromessa dalla circolazione della nuova variante: il ciclo completo garantisce un’efficacia dell’88% con il vaccino di Pfizer e del 67% con quello di AstraZeneca (mentre era rispettivamente del 93,7% e del 74,5% contro la variante alfa). Per entrambi i vaccini, invece, una sola dose serve a poco, con un’efficacia di poco superiore al 30% (contro il 48,7% registrato contro la variante alfa). Un fattore importante, continua, è anche l’età. “È stato per esempio segnalato – rileva – che pazienti più avanti con gli anni tendono ad avere meno anticorpi neutralizzanti e una risposta ancora più scarsa nei confronti della variante gamma, la ex brasiliana. Per questo si potrebbe richiedere un ulteriore richiamo per gli ultraottantenni per fronteggiare le nuove ondate della pandemia”.

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