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Donna appesa a testa in giù e torturata: questo è ciò che accade nel lager libico finanziato dall’Italia
La vita della ragazza appesa vale 12.500 dollari. Ma nessuno interviene e continuano le cronache dell’orrore da Bani Walid, considerato il più crudele luogo di tortura della Libia
LIBIA – Una giovane eritrea appesa a testa in giù urla mentre viene bastonata ripetutamente nella “black room”, la sala delle torture presente in molti centri libici per migranti. Il video choc è stato spedito via smartphone ai familiari della sventurata che devono trovare i soldi per riscattarla e salvarle la vita. L’orrore viene raccontato sull’Avvenire dal giornalista Paolo Lambruschi.
È quello che accade a Bani Walid, – si legge ancora – centro di detenzione informale, in mano alle milizie libiche. Ma anche nei centri ufficiali di detenzione, dove i detenuti sono sotto la “protezione” delle autorità di Tripoli pagata dall’Ue e dall’Italia: la situazione sta precipitando con cibo scarso, nessuna assistenza medica, corruzione.
La vita della ragazza del Corno d’Africa appesa vale 12.500 dollari. Ma nessuno interviene e continuano le cronache dell’orrore da Bani Walid, unanimemente considerato il più crudele luogo di tortura della Libia. Un altro detenuto eritreo è morto qui negli ultimi giorni per le torture inferte con bastone, coltello e scariche elettriche perché non poteva pagare. In tutto fanno sei morti in due mesi. Stavolta – continua l’articolo – non siamo riusciti a conoscere le sue generalità e a dargli almeno dignità nella morte.
Quando si apre la connessione con l’inferno vicino a noi, arrivano sullo smartphone con il ronzio di un messaggio foto disumane e disperate richieste di aiuto, parole di angoscia e terrore che in Italia e nella Ue abbiamo ignorato girando la testa o incolpando addirittura le vittime.
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