Calabria
Pestano uomo al lavoro, il titolare dell’appalto aveva già pagato la ‘protezione’
L’aggressione era avvenuta davanti ai cancelli dell’abitazione del presunto boss
REGGIO CALABRIA – La Corte di Appello di Reggio Calabria in accoglimento dell’istanza presentata degli avvocati Antonino Napoli e Maria Carmela Macrì, ha concesso gli arresti domiciliari a Raffaele Petullà recentemente assolto dalla Corte dal reato di associazione a delinquere di stampo mafioso per aver fatto parte, con competenza specifica e quasi esclusiva nel settore delle estorsioni, della locale operante nei comuni di Cinquefrondi, Anoia e nelle località limitrofe, inserita nel mandamento tirrenico della Provincia di Reggio Calabria. Il giovane cinquefrondese era stato tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “Saggio Compagno” in quanto accusato, oltre che di associazione a delinquere di stampo mafioso, anche di estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni di un imprenditore boschivo.
Gli indizi a carico di Raffaele Petullà è stato ricavato esclusivamente dalle conversazioni e dalle immagini captate nelle vicinanze e in casa di Giuseppe Ladini ritenuto dagli inquirenti il presunto boss della cosca. Dalle predette immagini emergeva che, sopraggiunto il trattore dell’imprenditore, condotto da un operaio nei pressi dell’abitazione di Ladini, veniva dopo poco affiancato da un’auto dalla quale si vedevano scendere tre soggetti di giovane età, riconosciuti dagli investigatori in Petullà Angelo, Petullà Raffaele cl. ’92 e Sarleti Francesco, i primi due cugini in quanto figli di due sorelle. Una volta scesi dal veicolo, si notava chiaramente che i due cugini Petullà iniziavano a discutere animatamente con il conducente del trattore, fino a quando si vedeva Petullà Angelo salire sulla cabina ed aggredire fisicamente l’operaio rimasto a bordo.
A quel punto Giuseppe Ladini e Antonio Valerioti (anch’egli arrestato nell’operazione Saggio Compagno) usciti dal cancello si sono avvicinati ai soggetti coinvolti nella discussione, con cui si sono intrattenuti a parlare. Dalle intercettazioni ambientali è emerso il disappunto di Ladini per la scelta dei Petullà di aggredire l’operaio davanti casa sua. Dal tenore del discorso si desumeva che i Petullà avevano contestato all’operaio di aver abbattuto alcuni alberi di faggio ai quali erano interessati, mentre lui rivendicava la legittimità del suo comportamento, sostenendo che l’imprenditore per il quale stava lavorando si era regolarmente aggiudicato l’appalto per il taglio degli alberi precisando di avere richiesto ed ottenuto il consenso del locale di ‘ndrangheta di Cinquefrondi, nonchè di avere puntualmente “pagato” il benestare concessogli dai cinquefrondesi.
Per il reato di estorsione aggravata Angelo Petullà è stato condannato a sei anni e quattro mesi di reclusione, mentre è stato assolto dal reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Gli avvocati Napoli e Macrì, all’esito della lettura della sentenza, hanno chiesto l’attenuazione della massima misura cautelare con quella degli arresti domiciliari sul presupposto che la sentenza della Corte di Appello costituisce un elemento di novità, avendo assolto l’istante dal reato di 416 bis c.p., per il quale è prevista la presunzione assoluta dell’adeguatezza della custodia carceraria, ed essendo stato condannato per il solo reato di estorsione aggravata dall’art. 7 L. 203/91, per il quale la predetta presunzione non sussiste. La Corte di Appello, nonostante il parere negativo della Procura Generale, ha ritenuto di accogliere l’istanza di sostituzione della misura cautelare adeguando la posizione di Raffaele Petullà a quella del cugino coimputato Angelo Petullà, anch’egli difeso dall’avvocato Napoli, già da tempo ai domiciliari.
https://www.quicosenza.it/news/calabria/70340-ndrangheta-operazione-nella-piana-di-gioia-tauro-16-arresti
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