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Asp e sportello legale, assolti funzionari dall’accusa di abuso d’ufficio

In cinque a giudizio per una delibera (poi revocata) che affidava un incarico ad una parente di un funzionario. Delibera mai transitata dall’ufficio ragioneria perchè priva di impegno di spesa

 

PAOLA (CS) – Dopo quattro anni di processo assolti perchè non esiste il vantaggio patrimoniale e perchè la delibera incriminata non ha mai contenuto un impegno di spesa. Il Tribunale collegiale di Cosenza presieduto dal giudice Salvatore Carpino, (a latere Urania Granata e Palmira Formoso) ha assolto Luigi Palumbo, Aldo Senatore, Giuliana Bernaudo e Carmine Bruno, accusati del reato di abuso d’ufficio. Gli imputati, rispettivamente, Direttore Sanitario, Direttore Amministrativo, Direttore del Distretto Sanitario “Tirreno” e Responsabile del procedimento dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, secondo l’accusa, avrebbero affidato con la deliberazione n. 2524 del 2014, l’incarico di giurista collaboratrice per l’attivazione di uno sportello di informazione ed orientamento giuridico contravvenendo ai principi di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione. La collaborazione tra l’altro era stata affidata ad una parente, l’avvocato Greco, del dirigente Bernaudo.

Secondo la Procura bruzia  non sussistevano le esigenze da parte dell’Asp e perché, non si era tenuto conto della possibilità di impiegare personale già in servizio. Per queste motivazioni gli imputati avrebbero perciò procurato un ingiusto vantaggio patrimoniale alla beneficiaria del contratto di collaborazione. In sede di discussione la Procura aveva richiesto di riqualificare il fatto in tentato abuso d’ufficio. In esito alla chiusura dell’istruttoria dibattimentale, l’Ufficio di Procura, rappresentato dal pubblico ministero Donatella Donato, ha concluso chiedendo il riconoscimento della penale responsabilità degli imputati e la condanna degli stessi a quatto mesi di reclusione: “L’ingiusto vantaggio patrimoniale non si è verificato a seguito della revoca della delibera intervenuta la settimana successiva alla pubblicazione di un articolo di stampa che esprimeva in termini scandalizzati la vicenda – commenta l’accusa durante la requisitoria-; la Bernaudo si asteneva dal partecipare alla delibera citata in presenza dell’interesse diretto della stretta parente. Dalle indagini è emerso che non ci fosse una esigenza della pubblica amministrazione sul merito; ed infatti c’è il riscontro formidabile, a distanza di una settimana, in cui viene revocata la delibera sulla base della inesistenza di un reale interesse all’adozione dello sportello di informazione determinato a seguito del fatto che la stampa “cane da guardia” aveva evidenziato l’illegittimità della questione stessa. Alla stessa funzione poteva adempiere personale già dipendente della stessa struttura”. Sul legale scelto per l’incarico il pubblico minisetro aggiunge: “non è stata comprovata la specializzazione della parente della Bernaudo, anche perchè neo laureata, ma avrebbe avuto un arricchimento determinato dalla sua presenza in una pubblica amministrazione che avrebbe costituito titolo nel curriculum e quindi superare e passare avanti ad altri soggetti. Questo è il vantaggio patrimoniale al netto del discorso che la stessa avrebbe avuto anche se non previsto nessun tipo di compenso”.

L’avvocato Massimiliano Coppa, insieme agli altri difensori, durante il lungo iter dibattimentale ha, però, dimostrato l’estraneità ai fatti della dirigente Bernaudo mediante una copiosa documentazione già acquisita dalla Guardia di Finanza e, soprattutto, mediante un lunghissimo elenco di delibere emesse a titolo gratuito prima e dopo il fatto incriminato troppo frettolosamente, rappresentando al Tribunale come tutte le delibere emesse a titolo gratuito dall’Asp di Cosenza, prima e dopo i fatti in contestazione, fossero ed ancora oggi rappresentano una prassi consolidata da lungo tempo ed ancora oggi utilizzata sia dall’Asp di Cosenza.

Nutrita l’arringa del collegio difensivo. In particolare gli avvocati Massimiliano e Paolo Coppa in difesa dell’imputato Bernaudo chiariscono: “l’istruttoria dibattimentale ha fatto emergere un unico dato inequivocabile a prescindere dalle conclusioni dell’ufficio di Procura requirente: questo vantaggio patrimoniale e di conseguenza il danno all’Asp di Cosenza non si è verificato solo perchè è intervenuta la revoca della delibera una settimana dopo: in realtà è un dato non corrispondente al vero perchè, anche se non fosse stata revocata e la persona in questione avesse dato avvio all’attività allo sportello giuridico all’interno dell’Asp, non si sarebbe verificato nè un vantaggio patrimoniale a favore del legale, nè soprattutto un danno a carico dell’amministrazione all’interno della quale avrebbe svolto l’attività perchè, ammesso da tutti i teste sentiti nonchè dalla responsabile di ragioneria dell’Asp provinciale di Cosenza, questa delibera non passò mai dall’ufficio ragioneria dal quale transitano delibere che contengono solo impegni di spesa.

La revoca della delibera  – continua la difesa – interviene perchè “non era più ritenuto il progetto prioritario rispetto alle esigenze del servizio”. Non vi è alcun riferimento allo scandalo che sarebbe emerso dagli organi di stampa, nè tanto meno alla risonanza mediatica che avrebbe dato impulso all’azione dell’ufficio di Procura. Relativamente al punto in cui la Bernaudo insieme agli altri imputati avrebbe posto in essere la delibera senza valutare i titoli e la comprovata esperienza, ricordiamo che avevamo in progetto l’istituzione di uno sportello di formazione giuridica all’esito di un avviso di selezione che prevedeva tirocini di inserimento al lavoro e quindi si parla di soggetti che non possono avere una comprovata esperienza. In ogni caso il legale scelto viene ritenuto idoneo a svolgere questo incarico all’esito di un avviso di selezione per titoli ed esami e all’esito di un posizionamento in graduatoria direttamente alla figura del giurista.

Sul vantaggio patrimoniale  – conclude il legale Coppa – nè si era verificato con l’emissione della delibera 2524 nè si sarebbe mai potuto verificare perchè, è vero che c’era l’assenza di un impegno di spesa ma non si è verificata mai la presenza dello stesso. Non c’è negli atti della manifestazione nessun elemento da cui trarre il vantaggio economico,  nè alcuno per il danno a carico dell’amministrazione. Quale sarebbe il danno se questa condotta non è mai stata posta in essere e quale il vantaggio per la Bernaudo?”.

Il collegio giudicante, ritiratosi in camera di consiglio, ha accolto le argomentazioni del collegio difensivo, composto dagli avvocati Massimiliano Coppa, Paolo Coppa, Antonio Vanadia, Giovanni Zagarese, Eugenio Garritano, ha posto il sigillo sulla piena legittimità della condotta della dirigente Bernaudo e degli altri imputati assolvendo gli stessi con la formula più ampia perché il fatto non sussiste.

La Bernaudo dichiara “ L’amarezza rimane per una vicenda rivelatasi strumentale, e proprio per questo ho già conferito espresso mandato al mio legale di approntare tutte le tutele previste dalla legge in mio favore per tutti i danni a me causati”.

I FATTI

La vicenda processuale era iniziata nel 2015 quando l’allora presidente del Collegio sindacale dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza Dott. Giorgio Champeyront trasmise alcuni atti formati direttamente dalla Dott.ssa Giuliana Bernaudo, in concorso con altri dipendenti dell’ASP identificati in Carmine Bruno (difeso dall’Avv. Eugenio Garritano) Aldo Senatore (difeso dall’Avv. Antonio Vanadia) e Luigi Palumbo (difeso dall’Avv. Giovanni Zagarese) al tempo direttore del Distretto del Tirreno dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, laddove la stessa con delibera n.2524/ del 2.12.2014 ebbe a conferire un incarico a titolo gratuito, dopo una selezione per titoli all’Avvocato Alessia Greco la quale, sempre dopo essersi posizionata al quarto posto della graduatoria, fu collocata come vincitrice per i titoli e le competenze appropriate sempre a titolo gratuito e senza alcun obbligo futuro di assunzione per l’Asp di Cosenza.

Il problema per chi ebbe a trasmettere gli atti all’Autorità Giudiziaria competente fu il fatto che tra la dirigente Bernaudo e l’Avvocato Greco intercorreva un vincolo di parentela al punto da far gridare allo scandalo comportando addirittura un’accusa di abuso d’ufficio per la Bernaudo, senza però che l’Avvocato Greco fosse mai indagata nello stesso procedimento.

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