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Una catena umana per Maria Antonietta, la figlia: “Al primo schiaffo, dite no”

Calabria

Una catena umana per Maria Antonietta, la figlia: “Al primo schiaffo, dite no”

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“Al primo schiaffo, dite no”. Così la figlia di Maria Antonietta Rositani, la donna ricoverata a Bari dopo il gesto del marito, che l’ha cosparsa di benzina e le ha dato fuoco in auto

 

REGGIO CALABRIA – La lezione più bella l’ha data la figlia di Maria Antonietta Rositani che ha partecipato sabato alla catena umana di solidarietà promossa da Laura Bertullo, presidente della Commissione Pari opportunità della Città Metropolitana di Reggio Calabria per manifestare la vicinanza alla donna ancora ricoverata al Centro Grandi Ustionati dell’Ospedale di Bari per le gravi ferite riportate dopo che il marito l’ha cosparsa di benzina e le ha dato fuoco in auto.

“Ve lo dico con il cuore in mano – ha detto la ragazza – al primo schiaffo dite di no. Non aspettate che arrivi il secondo o il terzo. La vicenda di mia madre non è la prima, e, purtroppo, non sarà l’ultima”. Alla manifestazione che si è svolta sulla scalinata del teatro Cilea ha partecipato anche il sindaco Giuseppe Falcomatà. “Vedo tante donne e pochi uomini – ha detto – e questi messaggi prima li dovremmo lanciare a noi stessi. La nostra vicinanza è qui dico ad Antonietta, che, al suo ritorno, sarà sostenuta ed accompagnata dalle istituzioni”.

“Oggi, davvero, mi ritengo fortunata di essere donna. Noi non ci dobbiamo mai arrendere e permettere a nessuno di spezzarci le ali, che sono poi quelle che fanno volare e sognare. Lo dobbiamo fare per noi, per le nostre famiglie e per i nostri figli”. A dirlo è stata Maria Antonietta Rositani, la 42enne reggina a cui l’ ex marito Ciro Russo, evaso da Ercolano dove stava scontando gli arresti domiciliari, ha dato fuoco nel giorno in cui si sarebbe dovuta tenere l’udienza per l’ affidamento del figlio minorenne. La donna è ricoverata nel Centro ustioni del Policlinico di Bari. “Lotterò e sto lottando – ha aggiunto – affinché quello che è successo a me non accada a nessun’altra donna. Non ho parole per descrivere le sensazioni provate in quegli attimi ma sappiate che nel momento in cui mi è stato detto ‘muori’, io ho risposto: non muoio, vado dai miei figli”.

Per lei, erano in centinaia sabato sulla scalinata del teatro Cilea, in rappresentanza di associazioni, movimenti e istituzioni. “C’è una madre, che dal letto di ospedale, si preoccupa solo dei propri figli – ha detto la presidente Bertullo – e ci sono due figli che aspettano, a casa, la loro madre. Da questa piazza si alzi il grido ‘Basta violenza sulle donne’. In una società che si professa civilizzata non è dato più pensare che si usino parole per giustificare la violenza maschile con giustificazioni del tipo ‘tempesta emotiva’ o altro. Non lo possiamo più permettere. La violenza sulle donne non è solo violenza fisica, è anche violenza psicologica, spesso violenza economica, prima di sfociare nel femminicidio, o come in questo caso, speriamo, in un tentato femminicidio”.

“In questi casi – ha detto ancora il sindaco Falcomatà – bisogna essere molto poco istituzionali e dire le cose come stanno, e come ho avuto modo di dire in occasione di attentato ad un imprenditore della città: ci siamo rotti. Ci siamo rotti della violenza sulle donne, di chi riversa sul gentil sesso li propri fallimenti personali, lavorativi. Questo nostro messaggio arrivi a Bari, ad Antonietta, e la faccia sentire meno sola. L’amore è un’altra cosa”.

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