Alla ricerca di tracce genetiche sull’arma, un calibro 12, e 50 cartucce rinvenute l’estate scorsa nel catanese all’interno di un borsone
REGGIO CALABRIA – Gli indagati per l’omicidio Scopelliti, ad eccezione, ovviamente, del latitante Matteo Messina Denaro, hanno ricevuto un avviso di garanzia finalizzato all’affidamento di una perizia tecnica sul fucile ritrovato nell’estate scorsa nel catanese e che sarebbe, secondo un pentito, una delle armi usate per l’omicidio del magistrato. L’affidamento peritale dovrebbe avvenire nei prossimi giorni. I tecnici dovranno analizzare il fucile calibro 12, 50 cartucce Fiocchi, un borsone blu e due buste, una blu con la scritta “Mukuku casual wear” ed una grigia con scritto “Boutique Loris via R. Imbriani 137 – Catania” alla ricerca di tracce genetiche, balistiche e impronte che potrebbero trovarsi sui reperti e che potrebbero risultare decisive per le indagini. Essendo accertamenti irripetibili, è necessaria la presenza di tecnici nominati dagli indagati. Da qui la necessità di dare comunicazione agli indagati per permettere loro di nominare propri consulenti.
Patto mafia-ndrine per stagione di stragi nel 1994
L’accordo mafia-‘ndrangheta che sta dietro l’omicidio del magistrato di Cassazione Antonino Scopelliti, come evidenzia la nuova inchiesta della Dda di Reggio Calabria, sarebbe proseguito anche dopo, nell’attacco allo Stato portato tra il 1993 ed il 1994 in quella che fu definita la stagione delle “stragi continentali” con gli attentati di Firenze, Milano e Roma. Sempre la Dda di Reggio Calabria, infatti, ha portato a termine un’inchiesta, adesso arrivata in fase processuale, dalla quale è emerso che la ‘ndrangheta fu protagonista, al pari della mafia, di quella stagione. Nell’inchiesta, denominata “‘Ndrangheta stragista”, sono imputati il capo mandamento del rione Brancaccio di Palermo Giuseppe Graviano, fedelissimo di Totò Riina, e Rocco Santo Filippone, legato alla potente cosca di ‘ndrangheta dei Piromalli di Gioia Tauro, ritenuti i mandanti degli attentati ai danni dei carabinieri compiuti nel 1994 a Reggio Calabria.
Attentati che provocarono la morte di due militari ed il ferimento di altri due e che, secondo gli inquirenti reggini si inquadrano nel contesto della strategia stragista che ha insanguinato il Paese nei primi anni ’90. Gli attentati contro i carabinieri, infatti, secondo la Dda e la Polizia di Stato che ha condotto le indagini, non vanno letti ciascuno in maniera singola ed isolata, ma vanno inseriti in un contesto di più ampio respiro e di carattere nazionale nell’ambito di un progetto criminale, la cui ideazione e realizzazione e’ maturata non all’interno delle cosche di ‘ndrangheta, ma si e’ sviluppata attraverso la sinergia, la collaborazione e l’intesa di organizzazioni criminali, che avevano come obiettivo l’attuazione di un piano di destabilizzazione del Paese anche con modalità terroristiche.
