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No alla violenza contro le donne: la giornata “Spot” per lavarsi la coscienza

Calabria

No alla violenza contro le donne: la giornata “Spot” per lavarsi la coscienza

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Per combattere la violenza di ogni genere bisogna combattere l’omertà della gente, la disabilità mentale che abbiamo e che ci porta sempre a puntare il dito, a giudicare ma mai il coraggio di osare, di essere gente vera. Ci laviamo la coscienza con il post di solidarietà su Facebook. E gli altri 364 giorni?

 

COSENZA – Sono pronta a subire tutte le critiche conseguenti a questo mio articolo, ma bisogna avere il coraggio di dire la verità se si aspira ad un cambiamento, ma quello vero. Mi fanno ridere gli slogan, la giornata della violenza contro le donne, i video, le marce. Mi fanno ridere i post che leggo su Facebook dove ognuno, in un giorno in cui Qualcuno ha deciso sia dedicato alla violenza contro le donne, scrive il pensierino per lavarsi la coscienza. Mi fanno ridere, facciamo ridere: così il nostro animo si eleva ai sentimenti più puri e solidali….seguiti da “io al suo posto avrei reagito”, “al suo posto avrei denunciato”; per i più gagliardi “al suo posto avrei preso un palo (un bastone, ndc), e glielo avrei spaccato in faccia.

Ma quante belle parole, quanto coraggio questi italiani. Poi però senti le ripetute percosse a cui è sottoposta la poveraccia nell’appartamento accanto al tuo, vedi la violenza per strada, in una macchina, in un bar, su una spiaggia e che fai? Tu DONNA, proprio tu DONNA per prima a tuo marito, ad una amica, a tuo figlio, a tua figlia, tu DONNA DICI: “dai acceleriamo che magari questo caccia un coltello e ammazza pure noi”. Che bel coraggio donna, che bel coraggio uomo!. Siamo bravi però a scrivere il pensierino su Facebook: VERGOGNATEVI! Siamo bravi però a rivedere quella persona che cammina per strada da sola terrorizzata, tu la riconosci ma non pensi a raggiungerla e a dirle “senti io ho visto tutto, scusami se non sono intervenuto, ma ti aiuto!”. No, neanche in questo siamo bravi ma, se la vediamo camminare per strada siamo bravi a raccontare il fatto all’amico che abbiamo affianco: “la vedi quella! Uhhhh, mo ti racconto. Lui un animale ma pure lei se l’è andata a cercare, perché non lo lascia. Io al suo posto lo avrei già cacciato di casa!”

MI FATE RIDERE. Ma per un attimo super eroi dei miei stivali, se fosse così semplice ci sarebbero tutte queste violenze? Tutte queste donne impaurite, morte ammazzate o deturpate, sfigurate… Ma quant’è grande la bocca per dare fiato ad idiozie. Viva Dio meno male siamo tutti diversi e l’ignoranza varia da persona a persona

Miei cari signori e signore noi non siamo altro che un gregge e come tale continueremo ad essere sempre pronti a fare il messaggino su Facebook per lavarci la coscienza fino a quando non combatteremo la nostra IGNORANZA, la nostra DISABILITA’ MENTALE.

Le donne che subiscono violenza hanno bisogno non solo di un centro di ascolto, ma soprattutto di NON AVERE PAURA DI ESSERE GIUDICATE ED EMARGINATE. La donna che subisce violenza entra in una camera insonorizzata in cui grida ma nessuno VUOL SENTIRE, ma tutti vedono e sentono. E lei lo sa e sa pure che nessuno si prenderà la briga di tenderle la mano

Siamo caproni. Restiamo a guardare che accadano le tragedie come stessimo guardando un film mentre pensiamo “tanto a me non accadrà mai!”. Mia nonna diceva “u cirbiaddru è attaccatu a nu filu i cipuddra (il cervello è attaccato ad un filo di cipolla, trad. ndc)”. La nostra mente è talmente ancora oscura ai più grandi studiosi che non sapremo mai fino a che punto potrebbe arrivare la crudeltà, la violenza, la malvagità dell’uomo, così come la debolezza di chi subisce.

Il primo cambiamento per aiutare chi subisce qualsiasi tipo di violenza è GUARIRE LA NOSTRA DISABILITA’ MENTALE. Avere il coraggio di essere aggrediti e prendere botte di santa ragione, se necessario, ma aiutare chi non ti chiederà mai aiuto per troppa paura delle conseguenze: la vergogna, il giudizio, l’opinione pubblica…ci battiamo il petto con il messaggino strappalacrime contro la violenza sulle donne e poi siamo i primi a puntare il dito e a giudicare….solo perché non ci sei passato TU. Ci devi passare per capire, devi toccare il baratro per capire, devi salire anche tu su quella barca che ti porta all’inferno e provare cosa significa la paura che ti mangia la carne e l’anima di notte, di giorno; il terrore di vederlo sbucare dappertutto, che ti prende a schiaffi, a calci, a pugni davanti a tutti; che inizia a gridare e la gente ti conosce.

La donna all’inizio è vittima di un amore malato che credeva bello, perché nessuno ti dice se è bello o è cattivo. E non uscissero i puritani a dire “ma come? Te ne accorgi subito”; non è così, altrimenti non ci sarebbero tutte quelle violenze. All’inizio è l’innamoramento che ti fa passare sopra a certi piccoli atteggiamenti che quasi li prendi come una forma di dimostrazione di gelosia “tiene a me, sicuro fa così per gelosia!” E sei contenta, alla fine pensi “gli dimostrerò che si può fidare perché lo amo”…l’amore che invece è un coltello pronto a “scannarti viva” e lo farà e questione di tempo. Poi tutto precipita. Non ti lascia il tempo di capire, ma succede che ormai la coppia è pubblica, la gente ci conosce, che cosa facciamo, l’ho detto ai miei….e la donna resiste ed inizia la violenza psicologica. Poi arrivano gli schiaffi e siccome li prendi e stai zitta, lui passa oltre e aggiunge i calci, e siccome li prendi e stai zitta, lui aggiunge i pugni e poi la testa sbattuta contro il muro, e poi il bastone della scopa usato come frusta alla schiena, e poi la sedia e il tavolo tirato addosso.

Poi vuole fare l’amore con te per chiederti scusa. Finisce il raptus di quella violenza inaudita e i primi tempi donna, scioccamente, sei talmente innamorata che ci credi. Un po’ hai rabbia ma passa quando lui ti sussurra “perdonami non so cosa mi ha preso, non lo farò più sei la mia vita”. Invece poi diventa una galera: “l’ora d’aria= sesso dopo le botte” perché è il suo modo di ritornare alla normalità. E tu donna ti fai schifo da sola ma devi tenere forte, devi sopportare perché nessuno ti aiuta: non l’inquilina del piano di sopra, non l’amica che credevi tale; ai tuoi non puoi dirlo, al lavoro ti vedono strana ma chi se ne frega ognuno si guarda i propri guai. Nei casi più gravi ti chiama il padrone di casa o il capo condomino “sa, sentiamo un po’ di schiamazzi notturni, sarebbe il caso di abbassare la voce se potete”. Ipocriti, la gente che poi si batte il petto e sventola “no alla violenza sulle donne”. Così subisci, subisci ogni tipo di violenza, dalle botte al sesso: lo senti entrare dentro di te e preghi Dio che ti faccia morire; preghi Dio che lo faccia morire. Perché non hai altre soluzioni. Stai ferma mentre lui ti bacia, ti tocca, ti penetra e ti sussurra sempre che sei la sua vita e che non sa cosa gli accade perché la colpa è tua donna, è solo tua perché non lo capisci.

E le forze dell’ordine poco possono fare perché la legge è debole e se non sono io vittima a denunciare “mi ha picchiata” e se non siamo noi ad aiutare chi subisce denunciando, mettendoci la faccia, bussando alle porte di casa, fermandoci per strada a soccorrere, dicendo basta alla nostra ignoranza, al nostro giudicare, chiamando nell’immediato le forze dell’ordine, lei, la vittima, ai carabinieri, ai poliziotti, a chi indossa una divisa dirà sempre “no, non è successo nulla” e continuerà a firmare la sua morte

UNA VIOLENZA INAUDITA (Tratto da una storia vera)

Un giorno, forse, vi racconterò la storia di questa donna che trovò il coraggio di tornare a vivere, da sola, quando era giunta alla conclusione che l’unico modo per guarire era morire: ammazzarlo ed ammazzarsi. Tanti anni fa la violenza inaudita di un uomo sfociò in quelle scene che vedi solo nei film. L’unica colpa di lei fu di non avergli dato ragione. Lui prima la riempì di botte, schiaffi, pugni chiamandola puttana, troia, “la maestrina”, te lo faccio vedere io, ti rovino la vita, ti ammazzo dovunque ti trovi; tu pensi di liberarti di me? Hai firmato la tua morte; tu dalle mie mani muori; adesso ti faccio vedere io chi sono. Guidando come un pazzo la portò davanti ad un locale frequentatissimo: scese dalla macchina dirigendosi dal lato opposto, la fece scendere prendendola per i capelli strisciandola con il corpo sull’asfalto mentre tutti guardavano e nessuno mosse un dito. Poi la fece risalire in macchina “ancora non abbiamo finito” le disse. Correva come un pazzo su viale Parco, lei prese coraggio e si lanciò dalla macchina in corsa per cercare di scappare. Lui arrestò la corsa, scese, la prese per i capelli, la gettò a terra e stava per prenderla a calci. Lei disse “sono morta, meglio così”. A quel punto passò la Guardia di Finanza. Fu un attimo: la macchina a lampeggianti accesi chiuse la strada. I finanziari gli intimarono di fermarsi. In due lo presero e bloccarono ma lui gridava e si divincolava e continuava a chiamarla puttana troia tanto ti ammazzo…c’è voluto un terzo uomo per tenerlo. Il quarto finanziere si avvicinò, la guardò e le chiese “stai bene?” “Come ti senti?”, “Andiamo in ospedale”. Lei per tutta risposta “no, sto bene, grazie”. “Non è vero riprese il finanziere a parlare. Dimmi solo che ti ha picchiato ed io l’ho arresto”. Tutti la guardavano, lei guardò lui che ne frattempo chiedeva scusa “cosa ho fatto, non mi controllo, vi chiedo scusa, la rabbia non volevo era solo un litigio”. Ma lei sapeva che un arresto, una denuncia, un divieto di avvicinamento non avrebbero risolto nulla perché sola era e sola sarebbe rimasta e dopo? Sarebbe stato peggio perché lui l’avrebbe ammazzata. Lui guardò lei e lei disse ai finanzieri “non è successo nulla, solo un litigio, grazie sto bene”, mentre gli ematomi vistosi su braccia, collo e gambe raccontavano una storia.

MA VOI DAVVERO PENSATE DI SAPERE COSA SIGNIFICA SUBIRE UNA VIOLENZA? E davvero pensate che scrivere un post, partecipare ad una fiaccolata, ad un convegno, scrivere un libro o peggio ancora dare i consigli su cosa fare, scrivere il vademecum contro la violenza aiuti e risolvi la violenza sulle donne? Le donne che subiscono violenza, maltrattamenti, leggono e ridono…una risata strozzata perché tutte, indistintamente tutte rispondono allo stesso modo…”che ne sapete voi di quello che vivo io, se poi vi lavate le mani alla Ponzio Pilato”

IL PRIMO CAMBIAMENTO per aiutare chi subisce violenza siamo proprio noi e la nostra disabilità mentale, non mi stancherò mai di dirlo. Lei aveva tanti amici e tutti vedevano i lividi che portava addosso ma nessuno interveniva neanche a domandarle perché: “vuoi una mano, ci sono io, indosso una divisa sai”? No, risposero col senno di poi “eh, l’avevo immaginato, che bastardo, ma perché non sei venuta a dirmelo”…..MA PERCHE’ NON SEI ANDATO TU A PRENDERLA, AD ABBRACCIARLA E A SOTTRARLA AD UN OMICIDO/SUICIDIO GIORNALIERO. Per la donna che subisce violenza è come se il tempo si fermasse. Apri gli occhi la mattina e preghi che arrivi presto la notte e nel frattempo sai che succederà sempre la stessa cosa, le stesse botte. E’ un vortice da cui non esci più.

LA LEGGE VA CAMBIATA

E poi la legge che non funziona. Non basta il divieto di avvicinamento, l’obbligo di dimora in un’altra città, la denuncia a piede libero o l’arresto in alcuni casi. Poi ci sono gli avvocati, quelli bravi che fanno il loro lavoro e applicano la legge: sì, applicano la legge sullo stalking che fa acqua da tutte le parti e poi si finisce per essere ammazzate o sfigurate con l’acido o menomate a vita su una sedia a rotelle o investite o accoltellate o sparate o quello che volete. Se lo Stato non cambia la legge e se noi non curiamo la nostra disabilità mentale….non fate post ridicoli di solidarietà su Facebook, voi non lo sapete ma le donne che subiscono violenza non sanno che farsene della vostra lavata di coscienza.

SOTTOPORRE L’UOMO CONDANNATO ANCHE A SEDUTE MEDICHE

Una legge che applichi la cura mentale per questi malati che non guariscono con l’applicazione della misura cautelare e con una condanna. Una cura che li costringa a sottoporsi a visite mediche; un’applicazione integrata della pena di condanna alla frequentazione di centri come quello per la cura dell’alcolismo, della droga, della ludopatia dove l’uomo sia costretto a recarsi e a raccontare le porcherie che fa e a mettersi spalle al muro davanti a quelli come lui; o ancora meglio davanti alle donne che subiscono violenza. Un centro in cui l’uomo – animale sia costretto ad essere l’oggetto della seduta delle vittime di violenze e debba rispondere e spiegare il perché dei suoi comportamenti. I centri di ascolto non devono essere solo per le vittime di violenza ma soprattutto per chi maltratta. La vera applicazione della pena oltre quella carceraria sarebbe più giusta se chi compie violenza fosse imputato davanti il Tribunale delle vittime in cui dovrebbe raccontare, rispondere, riflettere e vergognarsi.

No, oggi non è la giornata contro la violenza sulle donne, oggi dovrebbe diventare la giornata della presa di coscienza della disabilità mentale che ci vieta di combattere la violenza di ogni genere

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