Tredici indagati, quattro piazze di spaccio, pedinamenti, intercettazioni. Due filoni investigativi nel 2016 portano gli investigatori dell’antidroga a smantellare una rete di pusher più insidiosa che devasta i giovani
La conferenza stampa tenutasi in Procura alla presenza del Procuratore Capo Spagnuolo, dell’aggiunta Manzini e dei sostituti Procuratori Tridico e Cava titolari delle inchieste confluite nell’operazione antidroga spiegano i nuovi tentacoli e avvertono “bisogna fare prevenzione e dopo repressione”.
Il Procuratore Capo Mario Spagnuolo
«Ragazzini spacciatori non solo a Cosenza ma anche ad Acri, a Montalto Uffugo, nell’hinterland cosentino. C’è una diffusione del fenomeno che fa dire che questo è un problema sociale bisogna prenderne consapevolezza e non mettere la testa sotto il tappeto». Sono le parole di Spagnuolo che spiega il fenomeno che ormai ha preso piede in città e non solo. «Noi lavoriamo sull’ultimo anello, la fase di distribuzione: il pusher che va e dà la bustina. Il rapporto che ricostruiamo è tra il pusher e il singolo assuntore. L’indagine poi si strozza; sul passaggio successivo ci lavora la Distrettuale».
Questa è la seconda operazione di contrasto al fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti in città, in meno di due settimane, condotta dalla squadra antidroga della mobile di Cosenza diretta dall’ispettore superiore Francesco De Marco. Il fenomeno è di portata dilagante e l’attenzione è massima. Un’attività tradizionale con osservazione sul territorio, intercettazioni e riscontri. Sono due distinte attività di indagini confluite in un unico procedimento: una diretta dal pubblico ministero Tridico e l’altra dal collega Cava. La prima scaturita nell’agosto 2016 da una perquisizione domiciliare a casa di un indagato.
Il successivo approfondimento e rinvenimento di materiale di interesse investigativo ha consentito l’estensione delle indagini. E poi la parallela attività nel dicembre 2016 a seguito della morte di una donna 37enne per overdose e l’approfondimento investigativo ha consentito di portare alla luce tutta una attività di spaccio. Le zone di spaccio emerse sono quattro: centro storico, via Rivocati; l’ex accampamento degli zingari, via Reggio calabria; via Popilia e la zona Stadio. In ognuna di queste zone grazie ai servizi dell’antidroga che sono riusciti ad arginare ostacoli di “contromisure” prese dagli spacciatori per eludere controlli e pedinamenti, è riuscita a porre in essere accortezze investigative che hanno portato fonti di prove compendiate da una informativa accolta dai pubblici ministeri. Si è operata all’alba nella città bruzia e una misura è stata eseguita a Viareggio dove si trovava un indagato.
La repressione non risolve il problema
«Questa indagine conferma ancora una volta che il problema delle sostanze stupefacenti in questa città è un problema che non può limitarsi al momento della repressione – sottolinea Spagnuolo-. Abbiamo l’indagine fatta con grande professionalità dalla squadra mobile (la sezione antidroga della questura di Cosenza diretta dall’ispettore superiore Francesco De Marco, ndc) per l’impegno profuso. Non è la prima indagine che fanno, purtroppo non sarà l’ultima. E’ un mondo che ci pone tutta una serie di interrogativi. Le cose le abbiamo già dette, è inutile ripeterle: età giovanissima, stupefacenti di tutti i tipi e generi, diffusione tentacolare sulla città. Vorrei focalizzare che il problema degli stupefacenti a Cosenza non può essere relegato nell’ambito repressivo; la repressione non risolve il problema.
Le attività della Procura per combattere il fenomeno
Droga sempre disponibile
L’aggiunto Marisa Manzini
L’aggiunto Manzini torna sull’attività di indagine una quantità di sostanza stupefacente sempre disponibile. Ciò che è emerso è che chi aveva la necessità di droga si rivolgeva allo spacciatore che aveva subito il modo di fargliela avere. La droga dunque c’è e in grande quantità; droga pesante cocaina ed eroina. Con lo spaccio di droga si collegano reati più gravi come l‘estorsione perchè poi il tossicodipendente che non paga viene intimidito, minacciato ed è sottoposto anche a violenza per potere ottenere il pagamento. Un circolo vizioso che si instaura e diventa molto pericoloso. Una attenzione particolare deve essere operato da tutti. La capacità ovviamente di guardarci intorno ed individuare e collaborare: quando determinate situazioni sono sotto gli occhi se vengono portate all’attenzione della polizia giudiziaria, si inizia una attività di indagine che porta a risultati.
«Lunga e capillare attività di indagine fatta dalla squadra mobile siamo riusciti a dare un altro piccolo colpo ad un fenomeno dilagante- interviene il pm Tridico-. E’ stata un’attività fatta sin dall’inizio in maniera scrupolosa. Sono stati sentiti subito gli assuntori. L’attività è stata svolta con pochi uomini che si sono sacrificati mattina sera e anche la notte seguendo gli spacciatori, ascoltando al telefono e fotografando e riportando minuziosamente nei verbali di perquisizione e sequestro anche chi erano gli acquirenti consentendoci di sviluppare le indagini. Faccio un plauso agli investigatori perchè ascoltare i telefoni e seguire le persone, specialmente i tossicodipendenti non è facile.
I sostistuti Procuratori della procura della Repubblica Cava e Tridico
La poca efficacia delle misure cautelari applicate
«Sono state applicate due misure cautelari in carcere, un arresto con braccialetto elettronico, sei arresti domiciliari e i restanti quattro divieti di dimora nei Comuni di residenza – spiega il pm Cava-. A volte le misure cautelari non hanno dal punto di vista pratico l’efficacia che vorremmo perchè alcuni di questi indagati in realtà hanno continuato a svolgere l’attività di spaccio nel momento in cui erano soggetti con misura cautelare di natura personale, anche agli arresti domiciliari; questo è un dato che dovrebbe far riflettere anche il legislatore per rendere necessaria specie in fase cautelare in sede di definitività della sentenza la misura carceraria rispetto a quella dei domiciliari.
E’ capitato un solo episodio di estorsione nell’ambito familiare tra padre, figlio e un altro soggetto. Sono emersi alcuni casi di collaborazione tra soggetti, delle coppie tra cui una coppia di fatto nella vita, due conviventi che si alternavano nella gestione dello spaccio alternandosi; un’altra coppia che spacciava insieme oppure si coprivano a vicenda.
